Cronache dai Palazzi

Il caos romano mette a dura prova i pentastellati, che in una sola settimana scendono 4,4 punti in percentuale nei sondaggi (Swg). Il fondatore: “Datevi una calmata o rischiamo di distruggere il Movimento”. Tutto ciò vuol dire che i grillini arretrerebbero al 25,1, una cifra non modesta ma che registra comunque una qualche sofferenza. Il sondaggio della Swg ha registrato il calo settimanale più consistente nell’arco di quest’ultimo anno e mezzo per il Movimento Cinque Stelle, attestando inoltre una rimonta del Partito democratico che riconquista un buon 31 per cento. Soprattutto l’elettorato definito di sinistra, che si era buttato sui pentastellati, sarebbe in pratica rimasto deluso tornando così su i propri passi. In definitiva il Movimento Cinque Stelle – soprattutto dopo il caos romano – per buona parte dell’elettorato toccato dai sondaggi potrebbe incontrare delle difficoltà nel governare il Paese. Il premier Renzi, a sua volta, anche per la discreta gestione post sisma, riconquista buona parte della fiducia degli italiani (33 per cento) e sceglie il silenzio per quanto riguardo le vicende capitoline. Uno dei motivi: i grillini, qualora attaccati, potrebbero strumentalizzare gli attacchi per fare la parte delle “vittime attaccate dal sistema dei partiti”. Un vantaggio che l’inquilino di Palazzo Chigi non vuole concedere ai grillini.

Tornato nella sua Firenze, dove viene accolto calorosamente, il presidente del Consiglio ribadisce: “Noi non condividiamo il fanatismo di chi non crede al compromesso e non conosce la dignità del dialogo”. Il riferimento ai Cinque Stelle non è puramente casuale. E ancora: “Quando manderemo il cartellone semplificato, sarà chiaro di cosa stiamo discutendo, manderemo le mail. A Di Maio manderemo la posta certificata, così siamo tranquilli”. Infine Renzi assicura di essere “dispiaciuto” di ciò che sta accadendo nella Capitale e a Virginia Raggi rinnova la propria “collaborazione”. A proposito di riforme Renzi sottolinea inoltre che “al referendum non è in ballo un governo, ma la credibilità di un Paese”. Allontanando inoltre ogni forma di personalizzazione Renzi afferma che “non è in ballo la storia personale di qualcuno, ma la storia del Paese”. Per quanto riguarda l’Italicum: “C’è un problema sulla legge elettorale? Cambiamola, ma bisogna trovarne una migliore”.

Per il resto per Matteo Renzi le riforme costituzionali “hanno un nome e un cognome in questo Paese e si chiamano Giorgio Napolitano”. Tra gli oppositori risponde Massimo D’Alema dalla Festa dell’Unità di Milano, il quale sottolinea: “Non ho mai posto il problema di lasciare il Pd. Io sparo contro le cose che considero sbagliate  del Paese, perché mi occupo dell’Italia e non del Pd di cui sono un iscritto”. Mentre dal fronte dei forzisti Laura Ravetto conferma: “Fugato ogni flebile dubbio. Ancora più convintamente per il no”.

Renzi comunque non si arrende e da Firenze ribadisce che “non è una riforma che dà più poteri al premier. Di riforme che davano più poteri al premier ce n’erano due: una voluta da Berlusconi, una da D’Alema, ma non son passate”. In definitiva occorre guardare al merito della riforma e volendo mettere i puntini sulle i Renzi afferma: “Se volete questa riforma, basta un sì. Se no, avrete un’altra Bicamerale Berlusconi-D’Alema”. In sostanza “ce l’ha con me perché non l’ho nominato Alto rappresentante della politica estera europea”, chiosa Renzi riferendosi a D’Alema.

Non si ferma nel frattempo nemmeno il dibattito sull’Italicum e, rispondendo alle sollecitazioni di Pier Luigi Bersani, la ministra Maria Elena Boschi afferma che “c’è sicuramente” la disponibilità a modificare qualche pezzo “purché ci siano le condizioni in Parlamento e si punti ad un miglioramento della legge elettorale”. L’ex segretario sottolinea comunque di preferire i fatti alle semplici “dichiarazioni verbali”. Per di più “il governo e il Pd hanno fatto una scelta, hanno votato l’Italicum, ci hanno messo la fiducia, e adesso non si può scoprire l’autonomia delle Camere”. A Porta Porta Renzi ha anche dichiarato di  essere “affezionato alle preferenze, ma va bene pure il collegio uninominale”. Bersani però non si accontenta: “Prendano un’iniziativa visibile ed efficace per garantire che i senatori saranno eletti e che la legge elettorale venga radicalmente modificata”.

Maria Elena Boschi, a sua volta, rivela comunque che la nuova legge elettorale “non è perfetta, lo sappiamo, però riesce a tenere insieme rappresentatività e governabilità”. Ma il ministro accenna anche ad una “disproporzionalità, che altrove non è quantificabile, mentre qui è misurata”. Quindi occorre fare “attenzione a vantaggi e svantaggi”. Anche il capogruppo dem a Palazzo Madama, Luigi Zanda, fa i conti e dichiara: “Attenzione, i numeri sono quelli che sono. E ho il dovere di dire che trovare una maggioranza in questo Parlamento, un 51% in questo Senato, non è facile, anche perché ogni partito ha i suoi interessi, a cominciare dai piccoli”. Dalla minoranza interna Miguel Gotor sottolinea che “il Pd ha oltre 400 parlamentari e, se vuole davvero cambiare l’Italicum prima del referendum, ha la possibilità di farlo. Basta volerlo, non a parole, ma con i fatti”.

Si prevede quindi un autunno caldo non solo a proposito di flessibilità e di politica monetaria europea ma anche per quanto riguarda l’esito delle riforme fondamentali in questo momento, la riforma costituzionale e la nuova legge elettorale.

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