Cronache dai Palazzi
Torna in scena il Referendum costituzionale ma stavolta a pronunciarsi sono gli americani attraverso l’ambasciatore statunitense a Roma John R. Phillips. Il Referendum è “una decisione italiana”, è la premessa di Phillips ma “quello che serve all’Italia è la stabilità e le riforme assicurano stabilità, per questo il Referendum apre una speranza”. Intervenendo a un incontro sulle relazioni transatlantiche organizzato a Roma all’Istituto di studi americani, John Philips ha espresso così il suo chiaro appoggio al Sì nel Referendum costituzionale, in quanto “la vittoria del Sì sarebbe una speranza per l’Italia, mentre se vincesse il No sarebbe un passo indietro”.
Le parole dell’ambasciatore americano hanno scatenato ovviamente dure repliche bipartisan, da parte di tutte le forze politiche in campo in Italia, tantoché si è inneggiato anche a inopportune intromissioni degli Usa negli affari di politica interna del Belpaese. Per Gianni Cuperlo, esponente della sinistra interna al Pd, “si è trattato di un intervento inopportuno” e per Pier Luigi Bersani di “cose da non credere”, anche se l’ex segretario ha invitato comunque a “tenere i piedi per terra” e a “raffreddare il clima” perché “il giorno dopo il Referendum sarà tutto come il giorno prima, con lo stesso governo e gli stessi problemi”. Per Bersani aver creato un clima da “giudizio universale” avrebbe inoltre spianato la strada a eventuali speculazioni finanziarie e “a tutti quelli che vogliono mettere mano sul nostro destino”. Anche per gli esponenti politici di altri fronti si è trattato di un “endorsement” inopportuno. I forzisti Romani e Brunetta hanno definito “inaccettabile” l’ingerenza Usa chiamando in causa il Colle. “Mattarella valuti se Philips è ancora gradito” ha affermato Calderoli, mentre per Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia Renzi deve “pretendere delle scuse”. Difendono la dignità del tricolore anche i pentastellati, tantoché Alessandro Di Battista si chiede se Philips “rappresenta il popolo americano o l’interesse di qualche banca d’affari come la Jp Morgan”.
Il presidente Mattarella si è astenuto dal mettere in campo ulteriori polemiche dichiarando un esplicito “no comment” ma, nel contempo, ha difeso chiaramente l’autonomia del proprio Paese in cui la sovranità appartiene sempre e comunque agli elettori. In fondo l’esito della riforma è nelle mani dei cittadini italiani. In visita di Stato in Bulgaria, da Sofia, Mattarella ha puntualizzato inoltre che “il mondo è diventato, non dico piccolo, ma molto interconnesso: ogni fatto che avviene in un Paese si riverbera negli altri”. Per di più se si tratta di Paesi importanti e “l’Italia è un Paese importante, l’interesse si moltiplica anche all’estero”. È stato così anche per il recente Referendum britannico. Ma tutto ciò “non modifica il fatto che la sovranità sia demandata esclusivamente agli elettori”, ha sottolineato il Capo dello Stato citando il primo articolo della nostra Carta costituzionale.
Palazzo Chigi sembra non attendesse l’intervento del diplomatico americano e il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha appoggiato a piene mani le parole del presidente della Repubblica, dichiarando di condividere “al 101 per cento quel che ha detto Mattarella”.
Duro invece il confronto alla Festa dell’Unità di Bologna dove, di fronte al moderatore Gad Lerner, Renzi ha incontrato un conservatore come Carlo Smuraglia. “Questa non è una riforma ma uno stravolgimento della Costituzione” ha attaccato Smuraglia. “Dire che è in gioco la democrazia è una presa in giro degli italiani”, è stata la risposta secca di Renzi. Di fronte ad una platea che raccoglieva entrambi i popoli, del Sì e del No, il presidente dell’Anpi ha invitato comunque a lasciare in un angolo ogni forma di strumentalizzazione politica. “Ci interessa difendere la Costituzione, non cambiare il premier o il governo”, ha affermato Smuraglia bacchettando l’intervento di un militante che ha espresso parole dure contro il premier.
Matteo Renzi non si è lasciato trascinare dalla bufera e ha a sua volta puntualizzato che un governo cade quando non ha più la fiducia. Inneggiando al cambiamento, il premier ha inoltre ricordato che “questo Paese ha avuto negli ultimi 70 anni un eccesso di politici e un difetto di politica con la P maiuscola”, quindi occorre cambiare anche per evitare di allungare la lista dei 63 governi dal dopoguerra ad oggi. Per di più “se non passa la nostra riforma non è vero che se ne fa un’altra in due giorni”, ha dichiarato Renzi. Tutto ciò mentre Smuraglia lancia un’altra provocazione: “Ma se si vogliono tagliare le poltrone perché rimangono 630 deputati?”. E poi ancora l’Italicum, che per il presidente del Consiglio è “un’ottima legge” ed eventuali modifiche costano fatica ma “siamo disposti a ridiscutere”, ha dichiarato Renzi, con la clausola di voler “vedere le carte”.
Smuraglia ha espresso il proprio disappunto per un premio di maggioranza “eccessivo” che potrebbe rivelarsi preoccupante nel momento in cui alla Camera si contrapporrà un Senato alquanto depotenziato. “L’Italicum mi preoccupa perché mette tutto nelle mani del leader del partito che vince”, ha sottolineato l’anziano partigiano. Renzi ha così ricordato a Smuraglia che anche il vecchio Pci e i Ds (partiti nei quali Smuraglia ha militato) solevano dare chiara indicazione del premier.
Per quanto riguarda un’eventuale personalizzazione del Referendum costituzionale Renzi ha spiegato che è stato il partito a chiedergli di allontanarsi da essa, ma tutto ciò non vuol dire che Palazzo Chigi non trarrà le proprie conseguenze in caso di sconfitta. Per quanto riguarda la libertà di coscienza, infine, Renzi ha affermato di non temere eventuali voci fuori dal coro. Per il premier la riforma “è un passaggio epocale, un passo avanti” e occorre ribadire l’importanza del Referendum la cui data uscirà molto probabilmente dal Consiglio dei ministri del 26 settembre.
È comprensibile l’attenzione degli investitori stranieri, tanto più l’occhio attento degli statunitensi. Anche Palazzo Chigi riconosce che la riforma costituzionale, insieme a quelle economiche approvate o in via di approvazione, potrà imprimere una forza verso l’alto alla crescita del nostro Paese nel medio periodo. Nel contempo molti osservatori, italiani e internazionali, avvertono che un eventuale “No” potrebbe provocare una situazione di eccessiva instabilità e incertezza intaccando la crescita già debole, o addirittura far sprofondare il Paese nel baratro di un’altra recessione. La consultazione italiana è quindi al centro del dibattito pubblico, nazionale e internazionale, al punto che il voto italiano e quello presidenziale negli Stati Uniti sono additati dai vari osservatori come i due “eventi politici” che avranno maggiore risonanza nei prossimi mesi.
Per il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan le riforme hanno un impatto più consistente se vengono applicate insieme in quanto si rinforzano a vicenda. Nelle simulazioni di via XX Settembre il complesso delle politiche sulle quali si sta concentrando l’esecutivo dovrebbe portare ad una aumento della crescita pari al 2,2 per cento già nel 2020, per poi aumentare costantemente nel corso del tempo. La riforma costituzionale, in particolare, comporterebbe miglioramenti nelle aree “Competitività economica” e “Funzionamento del sistema”.