Ricordo di Ciampi

Non posso ricominciare la collaborazione con Futuro Europa dopo la pausa estiva senza parlare di Carlo Azeglio Ciampi. La sua è stata una vita lunga e piena e ho avuto la fortuna di condividerne alcuni momenti. Altri, con ben maggiore autorevolezza, ne valuterà l’opera politica. Io voglio ricordare il suo aspetto umano, molto ben completato da quello di sua moglie, la signora Franca, un personaggio di pieno diritto.

Conobbi Ciampi, allora Governatore della Banca d’Italia, nella sua qualità di Presidente dell’Ufficio Italiano dei Cambi, del quale facevo parte come Direttore Generale degli Affari Economici della Farnesina. Ci riunivamo una volta al mese, per ascoltare un breve relazione tecnica che poi Ciampi integrava con alcune considerazioni di alta economia. Notai che di fronte a lui tutti tacevano, compresi Mario Draghi, potente Direttore del Tesoro, e Lamberto Dini, Direttore Generale della Banca d’Italia, con cui non mi pare che i rapporti col Governatore fossero dei più idilliaci. Nel settembre del 1992, inaspettatamente, mi trovai in contrasto con Ciampi. L’Amministrazione Amato, me compreso, premeva per un svalutazione della Lira, il cui alto valore rispetto al Marco stava strangolando le nostre esportazioni. Ciampi era contrario per ragioni di ortodossia finanziaria e cedette solo quando la Bundesbank comunicò che non avrebbe continuato a sostenere il valore della Lira e fu un gran respiro per la nostra economia. Cominciò allora un declino del Governatore che, come si è visto poi, era il contrario della realtà.

Nei primi mesi del 1993 pareva avviato (e rassegnato) al pensionamento, che a lui, uomo di potere ma anche profondamente filosofo, non doveva provocare troppi traumi. A marzo, mi capitò di invitarlo ad un pranzo in onore dell’allora Ministro degli Esteri Colombo, a cui partecipava anche Beniamino Andreatta. Sorpresa! Pochi giorni dopo Ciampi era Presidente del Consiglio e Andreatta Ministro degli Esteri. Bruno Bottai, allora Segretario Generale degli Esteri e invitato al pranzo, era convinto che avessi doti premonitori e informazioni segrete!

Iniziò da allora una periodo di stretta collaborazione tra tutti noi: il Governo era deciso ad andare avanti colle privatizzazioni, ma c’erano seri ostacoli dal lato della Commissione di Bruxelles,  contraria a che il Tesoro si assumesse la garanzia dei debiti IRI,ENI ed EFIM, cosa che per altro verso costituiva una condizione necessaria alla loro vendita sul mercato. Ci riunivamo tutti i sabato mattina da Ciampi, con Andreatta, Mario Draghi, Piero Barucci Ministro del Tesoro e Andrea Manzella, Segretario Generale di Palazzo Chigi. Fu chiesto a me di condurre il negoziato con Bruxelles, ma era necessario trattare col Presidente Delors e col suo Capo di Gabinetto Pascal Lamy dopo il primo luglio, quando il Commissario Titolare, un inglese intrattabile, fosse andato in vacanza e il portafoglio fosse assunto direttamente dal Presidente. Io ero destinato a quell’epoca come Ambasciatore alla NATO e non vedevo l’ora di partire (dopo tutti i veleni romani degli anni di Mani Pulite) ma dovetti accettare di restare a Roma fino a conclusione del negoziato. Andreatta poté firmarlo verso il 20 luglio e io assunsi la mia nuova sede (per l’affettuoso e rispettoso ricordo che ho di Beniamino Andreatta, non posso non menzionare che, come segno di stima, mi offrì di nominarmi Segretario Generale o Ambasciatore a Londra, ma io ero deciso ad andare alla NATO: dove ho rivisto innumerevoli volte Andreatta, come Ministro degli Esteri e poi della Difesa, ma, in occasione del Vertice alleato del gennaio 1994, ricevetti Ciampi da Presidente del Consiglio. Ricordo che in un brindisi alla cena in suo onore, mosso da ammirazione e affetto sinceri, dissi di lui cose che fecero commentare a un mio collega che era la prima volta che un Ambasciatore elogiava il Primo Ministro.

Lo ricevetti poi in visita di Stato nel marzo 2001 in Argentina assieme a donna Franca. Ci furono momenti imbarazzanti. Alla cena in Ambasciata, donna Franca non si tratteneva dal lanciare udibili frecciate contro Donatella Dini. Ma poi i Dini ripartirono per Roma e vi furono momenti di intensa commozione, come l’incontro coll’immensa comunità italiana di Rosario e colle famiglie dei desaparecidos italiani e la grande Mostra di ricordi e testimonianze dell’immigrazione italiana che intitolammo “Il Tesoro della Memoria”. Ciampi volle poi continuare a seguire personalmente la difficile situazione finanziaria argentina, intervenendo direttamente anche presso il FMI e a luglio accompagnai da lui il Ministro dell’Economia Cavallo.

Nel frattempo, avevo da lui ricevuto una lettera di ringraziamento per  l’organizzazione della visita, che conteneva una parte privata: gli avevo doverosamente accennato a un progetto di candidatura alla Camera in Puglia per le elezioni di primavera (propostami e poi per ragioni che non conosco ritirata da FI), ma egli mi consigliò (o mi chiese quasi formalmente) di continuare il mio impegno in Argentina.

La tristezza per il termine del suo mandato fu poi attenuata per me dalla gioia per l’elezione di Giorgio Napolitano. Ma Ciampi resta per me e tutti (a parte l’ignobile Salvini) l’esempio di un vero uomo di Stato e di servitore della istituzioni.

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