Spagna, ancora Elezioni

Dopo le elezioni di dicembre 2015 il giornale spagnolo El Paìs titolò un editoriale così: “Benvenuti in Italia”. Colse la palla al balzo il premier Matteo Renzi per incensare il suo Italicum che prevede un ballottaggio, anche se adesso da buon opportunista è pronto a cambiarlo. La Spagna dovette tornare alle elezioni il 26 giugno scorso, ma il risultato è stato quasi identico, con il Pp che ha incrementato del 5 per cento i propri voti, ma ancora senza maggioranza e minime variazione per le altre formazioni. Con circa il 29% dei consensi l’ex premier Rajoy aveva ottenuto il risultato migiore come detto, e quindi incaricato di formare un governo, ma il suo mandato non ha avuto successo. E’ toccato quindi tentare a Pedro Sanchez, segretario del Partito Socialista Operaio Spagnolo (Psoe), ma senza ottenere migliori risultati.

Le nuove elezioni non hanno però sbloccato lo stallo. La Spagna, a distanza di più di due mesi dall’ultima elezione, rimane infatti ancora priva di governo. Il Congresso dei deputati per soli sei voti ha nuovamente negato la fiducia a Rajoy. Venerdì si terrà l’ennesima seduta convocata da Ana Pastor, presidentessa del Congresso, nella quale il leader dei popolari potrà cercare di ottenere una maggioranza semplice. La scorsa settimana Rajoy ha nuovamente tentato, per due volte, di ottenere la fiducia in Parlamento avendo ottenuto l’appoggio dei centristi di Ciudadanos, il quarto partito spagnolo, ma non sono bastati i suoi voti. Se non si dovesse risolverla situazione entro i prossimi due mesi il re Felipe VI potrebbe decidere di mandare il paese a votare per la terza volta in un anno.

Il 25 settembre si terranno le elezioni regionali nei Paesi Baschi e in Galizia, e gli equilibri interni potrebbero cambiare. Se il PNV (Partito nazionalista basco) chiedesse l’appoggio del PP per governare nei Paesi Baschi, probabilmente porterebbe i cinque deputati del PNV in Parlamento a sostenere un governo Rajoy. Un ulteriore passo falso del PSOE oltretutto metterebbe in crisi la leadership di Sànchez e alzerebbe la voce del ben conosciuto Felipe González con l’appoggio del presidente dell’Andalusia Susana Diaz, più disponibile ad un dialogo di coalizione con il PP. Le indagini prevedono un Psoe dimezzato nel Paese Basco, superato nelle due regioni da Podemos e dai suoi alleati locali ed un PP con la maggioranza assoluta in Galizia. Sotto la guida di “El Guapo” il Psoe ha già incassato i suoi peggiori risultati storici alle politiche di dicembre e giugno.

A margine della situazione politica e come schiaffo morale alle politiche nefaste del governo Renzi, il tantto irriso paese iberico vanta una economia interna se non in fase di boom, sicuramente a vivere un trend positivo. I dati diffusi dall’Ufficio nazionale di statisti registrano un calo al 20% della disoccupazione tra aprile e giugno (nel 2013 la disoccupazione raggiunse il picco del 26,94%). Si tratta del livello più basso mai toccato dallo scoppio della lunga recessione vissuta a partire dal 2010 dal Paese iberico. Ha influito certamente il turismo che ha deviato i flussi da paesi a rischio verso le spiagge e le città d’arte spagnole, con un aumento del pil che ha segnato un +0,8% nell’ultimo trimestre, un ritmo tenuto da quattro trimestri consecutivi e che porterà il Paese a crescere presumibilmente per un totale del 3,2%. Se lo confrontiamo con il nostro misero +0,7%, se tutto va bene, il raffronto è impietoso verso la trimurti Renzi-Padoan-Poletti.

Non si deve essere portati a credere che questo sia frutto della mancanza di guida nel paese, ma è il risultato di una serie di attività e programmi messi in atto da tempo. L’instabilità politica attuale porta piuttosto ad un outlook negativo se dovesse persistere l’incertezza. I disoccupati restano comunque oltre 4 milioni e mezzo, mentre la disoccupazione giovanile si attesta al 46,5%, il secondo peggior dato in Europa dopo la Grecia. Aggiungiamo il calo degli stipendi e la precarietà dei posti di lavoro creati, un debito pubblico ha sfondato il muro del 100% del Pil, ed il fondo di riserva per le pensioni è stato saccheggiato, passando dai 68 miliardi di euro nel 2011 ai 24 miliardi del 2016. Tirando le somme la base su cui poggia il successo dell’economia spagnola pare affidato ad una somma di fattori positivi temporanei, il turismo, la politica monetaria della BCE ed i bassi prezzi del petrolio. Se venissero a mancare queste condizioni il castello potrebbe nuovamente crollare, urge quindi la definizione di un governo stabile che vada a strutturare e solidificare quanto di buono fatto finora.

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