C’eravamo tanto amati (Film, 1974)
C’eravamo tanto amati è uno dei migliori lavori di Ettore Scola, soffuso di malinconica ironia, attraverso le vite incrociate di tre personaggi innamorati della stessa donna racconta trent’anni di storia italiana, rappresenta il crollo delle ideologie e rende omaggio al cinema italiano. C’eravamo tanto amati va oltre la commedia all’italiana e compone un affresco mirabile che mette al centro il sentimento del tempo che passa analizzando gli ideali traditi.
C’eravamo tanto amati è scritto e sceneggiato dal regista con la collaborazione di Age (Agenore Incrocci) e Furio Scarpelli, il montaggio è dell’esperto Raimondo Crociani, mentre la fotografia è di Claudio Cirillo. Armando Trovaioli compone una delle sue migliori colonne sonore, soffusa di malinconia e nostalgia del passato, tra pezzi d’epoca che ricordano la storia musicale italiana. La pellicola ha subito un’operazione di restauro con la collaborazione del regista ed è considerata un documento di interesse nazionale, perché in poco meno di due ore compone un quadro dei principali eventi della storia italiana dal 1944 al 1974. Si comincia con la guerra partigiana che ci fa conoscere i tre amici interpretati da Nino Manfredi, Stefanio Satta Flores e Vittorio Gassman, legati per la vita da un’importante esperienza di lotta. “Volevamo cambiare il mondo, invece il mondo ha cambiato noi”, è la malinconica espressione di Gassman, al tavolo di una trattoria, nella rimpatriata con i vecchi compagni. “La nostra generazione ha fatto veramente schifo. Era meglio morire sui monti. Noi lottavamo per creare una società più giusta…”, conclude.
Stefania Sandrelli è la donna contesa tra Manfredi, Gassman e Satta Flores, infine moglie soddisfatta di Manfredi, consapevole di aver vissuto cercando di trovare la sua strada. Gassman è l’arrivista arricchito che sposa senza amore la figlia (Giovanna Ralli) di un imprenditore nostalgico fascista (un grande Aldo Fabrizi) per costruirsi una posizione. Alla fine sarà il più povero di tutti, perché resterà solo con l’odiato suocero, dopo la morte della moglie in un incidente, abbandonato dai figli, a ricordare un grande amore non colto per inseguire la ricchezza. Satta Flores è l’intellettuale idealista che perde l’occasione della sua vita a Lascia o Raddoppia, abbandona la famiglia e vive da solo a Roma dove campa scrivendo sotto pseudonimo critiche cinematografiche. Manfredi è il poveraccio del gruppo, idealista ignorante ma sincero, capace di perdonare e di mollare tutto per amore, senza tradire le sue idee.
Ettore Scola racconta sentimenti e lotta politica, vita quotidiana e grandi temi, piccole cose, amori perduti, rimpianti, sotterfugi, arrivismo e idealismo, senza retorica ma con sentimento. Il regista segue le vite parallele dei tre amici che a volte si intersecano, raccontando i punti salienti della storia d’Italia: referendum tra monarchia e repubblica, prime elezioni repubblicane, il boom e gli imprenditori di pochi scrupoli, referendum sul divorzio…
Eccellenti le parti oniriche e lo stratagemma teatrale di mettere in primo piano il personaggio, come se fosse sotto la luce dei riflettori, quando racconta la sua versione della storia. Stupenda la scena centrale realizzata in piano sequenza per immortalare i protagonisti che prendono ognuno la loro strada. Suggestiva l’idea di raccontare il passato in bianco e nero e di far tornare il colore quando il regista narra i tempi moderni e l’Italia del boom dei primi anni Sessanta. Alcuni personaggi interpretano loro stessi, come Mike Bongiorno, che finge di presentare la popolare trasmissione Lascia o raddoppia, ma anche Federico Fellini, Marcello Mastroianni, Anita Ekberg e Vittorio De Sica regalano un piacevole cammeo. Un altro momento di cinema nel cinema vede la Sandrelli abbandonare la carriera di attrice e impiegarsi come maschera in un cinema: Manfredi è in sala e guarda la pellicola, ma i personaggi raccontano la loro storia d’amore.
C’eravamo tanto amati è un film cinefilo, perché attraverso il personaggio di Stefano Satta Flores il regista cita capolavori come Ladri di biciclette (1948) di Vittorio De Sica, ma anche frasi storiche come “I panni sporchi si lavano in famiglia”, pronunciate da Andreotti per condannare il neorealismo. Un’altra parte vede Satta Flores raccontare per immagini La corazzata Potëmkin (1926) di Sergej M. Ejzenštejn e provare empiricamente alcune sequenze mentre Stefania Sandrelli ascolta affascinata. La dolce vita (1960) di Federico Fellini è citata in diretta, perché una breve parte del film si svolge sul finto set mentre il regista gira la scena del bagno di Anita Ekberg e Marcello Mastroianni nella Fontana di Trevi. Giovanna Ralli cita il cinema di Michelangelo Antonioni e soprattutto L’avventura (1960) con il suo personaggio di donna alla ricerca di sé stessa.
. . .
Regia: Ettore Scola. Soggetto e Sceneggiatura: Ettore Scola, Age (Agenore Incrocci), Furio Scarpelli. Montaggio: Raimondo Crociani. Fotografia: Claudio Cirillo. Musiche: Armando Trovaioli. Produttori: Pio Angeletti, Adriano De Micheli. Scenografie e Costumi: Luciano Ricceri. Interpreti: Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Stefano Satta Flores, Stefania Sandrelli, Aldo Fabrizi, Giovanna Ralli, Marcella Michelangeli, Elena Fabrizi, Fiammetta Baralla, Luciano Bonanni, Mike Bongiorno, Dino Curcio, Ugo Gregoretti, Isa Barzizza, Marcello Mastroianni, Federico Fellini, Vittorio De Sica, Nello Meniconi, Carla Mancini, Livia Verini.
[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]