Verso il Referendum, il punto

Sono ormai gli ultimi colpi della campagna referendaria e i toni, sia dalla parte del Sì che da quella del No, si sono fatti più accesi.

Il fronte a sostegno della riforma, che di fatto è portato avanti principalmente dal Partito Democratico (e neanche tutto) e molto meno intensamente da NCD, ha visto scendere ormai costantemente in campo i padri della Riforma. Boschi e Renzi sono onnipresenti sia in tv che sul territorio per spiegare le proprie ragioni. A differenza dei primi tempi però si evidenzia una certa tensione tra le fila democratiche, anche a fronte di sondaggi poco rassicuranti che stanno dando forza al grande ma frammentato fronte del No. Presidente e Ministro sono apparsi estremamente tesi nel sostegno del Sì, facendo trapelare anche una buona dose di tono minaccioso, non solo nei confronti dei partiti che sostengono il No, ma anche nei confronti di quei cittadini che potrebbero supportare il fronte antiriforme.

Dall’altra parte la frammentazione del No (ogni partito o gruppo di pressione ha il suo comitato) ha distolto l’attenzione sul contenuto reale della riforma incentrando il voto sulla volontà o meno di mandare a casa Renzi. Il tema personalizzazione però ha coinvolto lo stesso Premier che per dare un segnale forte sia al suo Partito che all’intero paese ha spostato l’attenzione dal contenuto della riforma a quello di un voto sulla sua persona.

Insomma poche idee chiare da tutte le parti e molti dubbi sul risultato del 4 dicembre. In effetti anche le ultime elezioni americane hanno di fatto sconfessato pienamente le previsioni dei sondaggi, ribaltando completamente il pronostico. Nei corridoi del PD si auspica che anche nel nostro Paese i sondaggi poi non possano rispecchiare la realtà. Di certo, se si facesse una mera analisi dei partiti schierati contro Renzi e si tramutassero i loro sondaggi elettorali in voti per il No, non dovrebbe esserci partita per Renzi che dovrebbe di fatto ammettere la propria sconfitta.

Piero Calamandrei diceva “Quando l’Assemblea discuterà pubblicamente la nuova Costituzione, i banchi del Governo dovranno essere vuoti”, ed è proprio questo uno dei temi che maggiormente vengono contestati a Renzi. L’aver portato avanti un disegno non trasversale e condiviso, potrebbe provocare lo stesso effetto che costò la riforma nel 2006 a Berlusconi, che utilizzo la stessa strategia.

E dopo la stessa vittoria di Donald Trump, che ha di fatto sconfessato la stampa internazionale, anche i giudizi – prima severi rispetto al risultato referendario con la minaccia di vedere l’Italia trasformata nella Grecia – si sono fatti più morbidi, alimentando di fatto il popolo del No.

Insomma, un vero salto nel vuoto sia per Renzi che per i suoi oppositori, soprattutto perché se il risultato dovesse effettivamente confermare le tendenze dei sondaggi, si aprirebbe uno scenario politico che ancora non ha ben delineato i propri contorni.

In tutto questo, l’unico spettatore silente è Berlusconi che, diviso tra l’attesa del voto referendario e la sentenza di Strasburgo, potrebbe tornare a fare la differenza nel panorama politico italiano.

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Un Commento

  • Renzi ha definito una “accozzaglia” i raggruppamenti per il NO alle riforme. Ci ricorda Berlusconi, quando definì “coglioni” gli elettori che non lo votavano.
    Il binomio Berlusconi/Renzi tornerà alla ribalta con una riedizione dei patti del Nazareno ?
    Una forte maggioranza di SI potrebbe scongiurare la funerea previsione di un rinnovato inciucio, il medesimo inciucio che sta costando a Renzi la perdita di milioni di consensi, passando dal 40,8 % delle europee a meno del 30%, dopo la fallimentare esperienza del Nazareno.
    Ma Renzi non dimostra di avere capito la lezione.

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