Gambia, fine della dittatura con Adama Barrow?
Yahaya Jammeh non è più il Presidente del Gambia. Grazie alla mobilitazione dell’opposizione, unita per la prima volta intono ad un unico candidato. Adama Barrow, 51 anni, viene eletto con più del 45% delle preferenze. Una nuova opportunità per il futuro di un Paese a noi quasi sconosciuto.
Barrow è un uomo d’affari abbastanza conosciuto nel Paese. E’ diventato ufficialmente candidato del Partito Democratico Unito (UDP), primo partito di opposizione del Paese che vede in carcere molti suoi dirigenti, compreso il Segretario, arrestati per aver manifestato lo scorso Aprile. Adama Barrow è nato nel villaggio di Mankamang Kunda, situato nella parte orientale del Gambia, è sposato con due donne e ha cinque figli. Il suo arrivo a capo della coalizione è successo quasi per caso. Il 20 Luglio, il capo dell’UDP, Ousainou Darboe, è stato condannato a tre anni di reclusione insieme a 17 compagni di partito, per diversi capi di accusa, tra i quali quello di aver manifestato illegalmente. Sono stati tutti arrestati durante le manifestazioni di Aprile, organizzate per chiedere riforme politiche e per protestare per la morte, avvenuta in carcere, di un altro dirigente dell’UDP, Solo Sandeng.
Barrow è sembrata un’opzione seria ai delegati dell’opposizione che lo hanno scelto con 308 voti su 487 provenienti dalle sette regioni amministrative del Gambia. “Abbiamo messo da parte i nostri contrasti nell’interesse del Paese. I gambiani sono stanchi di 22 anni di cattiva gestione da parte di Yahya Jammeh, anni ai quali metteremo fine il giorno delle elezioni”, ha dichiarato Adama Barrow subito dopo la sua candidatura. Dopo la maturità, e un breve periodo come direttore delle vendite presso un grande negozio del Paese, Barrow è andato a Londra all’inizio del 2000, dove si è formato per diventare agente immobiliare. Per finanziarsi gli studi ha lavorato come guardia notturna. Di ritorno in Gambia, diventa guardia del corpo dell’influente uomo d’affari Momodou Moussa Ndiaye, padre della moglie del Presidente Daouda Diawara (rovesciato da Yahya Jammeh nel 1994). Adama Barrow si è lanciato negli affari con una sua prima agenzia immobiliare e ha fatto fortuna. Simpatizzante dell’UDP , nel 1996 vi occupa la carica di tesoriere. Trent’anni dopo è a capo della coalizione contro il Presidente uscente Yahya Jammeh. Oggi è Presidente della Repubblica di questo Paese di appena due milioni di abitanti, incastonato nel territorio senegalese, escluso uno spicchio sull’Atlantico.
Il Gambia ora spera riprendere fiato. Adama Barrow è il terzo Presidente della storia del Paese in 51 anni di indipendenza dopo essere stato colonia del Regno Unito, dopo Dawda Jawara (1965-1994) e Yahya Jammeh (1994-2016). Il Presidente eletto ha già cominciato il giro di consultazioni con diversi attori politici e diplomatici, anche se entrerà in carica solo a Gennaio. Ha incontrato i dirigenti della sua coalizione e il rappresentante speciale del Segretario delle Nazioni Unite in Africa Orientale e Sahel, Mohamed Ibn Chambras. I colloqui “si sono svolti senza problemi e lavoriamo sulla strada da seguire”, ha dichiarato all’AFP Isatou Touray, attivista per i Diritti delle Donne che ha ritirato la sua candidatura per sostenere Barrow. Per la Touray, il problema più da risolvere con maggiore “urgenza” è quello dei prigionieri politici, dei quali l’opposizione, le ONG e l’ONU reclamano la liberazione. Davanti alla stampa Mohamed Ibn Chambras ha affermato a sua volta aver avuto incontri fruttuosi con il Presidente e la sua coalizione. L’ONU è “disposto a lavorare con i gambiani per creare una Commissione Verità e riconciliazione”, ha puntualizzato Chambras , rifiutandosi però di pronunciarsi su possibili future incriminazioni nei confronti del Presidente uscente Yahya Jammeh.
Barrow ha assicurato che non avrebbe aperto nessuna “caccia alle streghe”. Yahya Jammeh è arrivato al potere con un colpo di Stato nel 1994, eletto nel 1996 e rieletto per altre tre volte. Il suo regime è messo sotto accusa da diverse ONG e diplomatici per violazioni sistematiche contro i Diritti Umani. Critiche che ha regolarmente respinto ai mittenti. Il giovedì prima delle elezioni aveva detto essere certo di ottenere di quinto mandato, e i suoi detrattori non vedevano altre vie d’uscita. Cogliendo tutti di sorpresa, ha riconosciuto la sua sconfitta attraverso una dichiarazione alla televisione nazionale e si è felicitato con Barrow per la sua “netta vittoria”. Questo epilogo elettorale ha dissipato i timori di disordini e ripercussioni politiche, ma non ha sciolto gli interrogativi su cosa abbia favorito questa vittoria. Jammeh ha governato in un clima di potere assoluto mantenendo la maggioranza dei gambiani sotto controllo attraverso la repressione – spesso violenta – e la paura dei poteri mistici dei quali dice essere dotato. L’esito eclatante è stato ben accolto sia in Gambia che all’estero, in molti hanno reso omaggio al popolo del Gambia, a Barrow per la vittoria e a Jammeh per la sua accettazione della sconfitta, fatto più unico che raro in questo tipo di regimi. Se qualcuno si interroga sulla sua sorte, lui per primo sembra essere tranquillo e pronto al ritiro dalla vita politica: non andrà in esilio e tornerà a fare il contadino nel suo villaggio natale, a Kanilai.
Tutto è bene quel che finisce bene? In tante storie di sangue e violenza, chissà che questa storia africana, che arriva da un Paese sconosciuto ai più, non sia di buon augurio per vedere(ri)costruire un Gambia migliore. Purtroppo, ad una settimana dalle elezioni sembra che questo bel sogno stia per trasformarsi in incubo: Jammeh si è rimangiato la parola date e ha deciso che le elezioni erano da rifare perché la Commissione elettorale “è stata corrotta”. Ora sulle speranze di stabilità e democrazia aleggia una grande ombra.
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