Ambiente 2016, il bilancio WWF

Il bilancio del WWF Italia per il 2016 registra un segno positivo per l’associazione, ma brutto per il Bel Paese. Nell’anno del cinquantesimo anniversario dell’apertura della sezione italiana, il WWF rende noti infatti risultati confortanti per la protezione delle esotiche specie-simbolo delle sue campagne in Italia, ovvero il panda e la tigre. Ma quanto a casa nostra, il bilancio è negativo a causa delle mancate politiche per la difesa della biodiversità e per la decarbonizzazione, in favore delle quali i formali appelli del WWF in difesa dell’Ambiente nulla hanno potuto contro la determinazione del governo Renzi.

Dunque: per la prima volta in cento anni il numero delle tigri è in crescita – sarebbero tremilaottocentonovanta secondo gli ultimi censimenti governativi, mentre nel 2010 erano tremiladuecento – e un nuovo censimento in Cina sullo stato del Panda Gigante offre il quadro di una popolazione in leggero aumento con oltre milleottocento esemplari. Cosa buona e giusta, ovviamente. E spunto per foto-notizie confortanti sui rotocalchi, e per coccole natalizie sui social network. Ma mentre nel lontano Oriente accade questo, e “mentre il 2016 verrà ricordato per la nascita della più grande area marina protetta in Antartide per proteggere mammiferi marini, pinguini e alcuni tra gli ecosistemi più fragili e importanti del Pianeta, in Italia  l’iter di riforma della Legge Quadro sulle Aree Protette, con l’approvazione in prima lettura al Senato, rischia di compromettere il lavoro straordinario di tutela della biodiversità e nella gestione dei Parchi svolta negli ultimi decenni”, ha detto il Presidente del WWF Italia Donatella Bianchi.

Secondo il WWF Italia, quella portata avanti nel 2016 è stata infatti “una riforma licenziata dal Senato senza tener conto delle osservazioni e dei suggerimenti di tutto il mondo ambientalista”, ha spiegato Bianchi. “E’ una ferita che ci auguriamo che nel 2017 possa essere sanata da una maggiore capacità di ascolto alla Camera, per ottenere una più giusta riforma capace di migliorare la legge esistente, e non di indebolirla, e coniugare la difesa del sistema di tutela naturalistico e paesaggistico del nostro Paese e il necessario sviluppo sostenibile. A cominciare dalle risorse destinate ai nostri Parchi nazionali”, puntualizza Bianchi: risorse “che per il prossimo anno rappresentano solo lo 0,3% dell’ammontare complessivo della Legge di Bilancio, ovvero settantotto milioni su ventisette miliardi complessivi”.

Denuncia forte, ma di un fatto non sorprendente: perché nulla accade per caso, in quel mondo di contraddizioni solo apparenti che è la politica italiana. E infatti, questo bel capolavoro di ‘riforma’ sulle Aree Protette viaggia in parallelo con la demolizione di fatto, in primo luogo simbolica, delle Istituzioni ambientali del Bel Paese: quella dei Parchi Nazionali – a cominciare dallo Stelvio – e quella del Corpo Forestale dello Stato. E con la liberalizzazione delle trivelle, ottenuta con l’eliminazione dei limiti di avvicinamento alla costa – che ha potenzialmente offerto alle trivelle l’intero territorio nazionale (che quindi va il più possibile ‘sguarnito’ appunto dall’ ‘impiccio’ delle aree protette) fino ai giardini pubblici metropolitani e ai laghetti alpini – e con l’aver riservato al Governo centrale tutte le decisioni sulle autorizzazioni per indagini, prospezioni e impianti. Il tutto in scervellata controtendenza col resto del mondo, e in barba agli ambientalisti nostrani, cornuti e mazziati da governi pseudo ‘ambientalisti’ a priori, in quanto ‘di sinistra’.

Una dura lezione, che il WWF, ma soprattutto certe mega-associazioni ambientaliste nostrane impegnate solo in mercatini bio e pedalate ecosostenibili, farebbero bene a recepire.

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[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]

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