Il Consultellum

L’Italicum, l’ho scritto più volte, era abbastanza pasticciato. La nuova legge elettorale “immediatamente applicabile” che ci consegna la Corte Costituzionale rasenta però i limiti dell’assurdo. Bene ha fatto la Conferenza Episcopale a protestare per le leggi “decise dai giudici” e reclamare al Parlamento di fare il suo dovere.

Ho letto e riletto il dispositivo della decisione della Corte e confesso di aver avuto estrema difficoltà a raccapezzarmi e andare al nocciolo. E il nocciolo è questo: la Consulta ha ritenuto incostituzionale la sola norma che a me pareva da salvare nell’Italicum, il ballottaggio tra i due primi partiti (ma perché? non è un sistema in vigore in molti paesi in cui vige l’uninominale, Francia in testa?); ha invece mantenuto il premio di maggioranza che dà al partito che superi il 40% dei voti il 55% dei deputati. Che questa, sì, è una norma ritenuta antidemocratica sin dai tempi, ormai lontani, della Legge Truffa. Ricordiamo che la stessa Consulta aveva bocciato il Porcellum, che prevedeva un sostanzioso premio di maggioranza al partito che avesse ottenuto più voti. A turno ne beneficiarono Forza Italia e il PD, con meno del 30% dei voti. Ma la percentuale portata al 40% che cosa cambia nella sostanza? Resta il fatto che, nell’ipotesi – piuttosto chimerica – che una lista raggiungesse il 40%, governerebbe contro il 60% del Paese. Inoltre, la Corte ha salvato il sistema dei capilista bloccati, che è, anch’esso, una chiara violazione delle regole democratiche, che devono lasciare ai cittadini la scelta, non solo della lista, ma dei candidati da eleggere. Il risultato è che i capi-partito avranno l’elezione assicurata e, per i partiti più piccoli, che avranno nelle varie circoscrizioni un solo seggio, questo sarà conferito automaticamente al leader. E pensare che contro il sistema avevano tuonato l’intera minoranza del PD e parte del Centro-Destra!

Insomma, le più eccelse menti giuridiche italiane ci hanno regalato un pasticcio persino peggiore dell’Italicum. Qual è il risultato: che si ritorna in sostanza al proporzionale. Dopo decenni in cui da tutte le parti, da quasi tutte le forze politiche, in tutte le leggi votate dal Parlamento, per non parlare di un Referendum, si è reclamato un sistema a fondo uninominale e maggioritario che garantisse la governabilità combattendo l’estremo frazionamento della politica.

Nessuna forza politica responsabile può esultare, salvo qualche dissennato che sogni di arrivare al 40% e portarsi a casa il premio di maggioranza, che comunque non è previsto per il Senato. E il coro stridente “al voto, al voto” mi pare demenziale.  Che cosa si augurano i vari Salvini, Meloni e compagnia? Cosa spera davvero Grillo: di fare il gran balzo oltre il 40%? Però è triste che nel coro vi sia Matteo Renzi, che l’Italicum lo ha voluto e ora dovrebbe, almeno per decenza, se non per umiltà, farsi dimenticare.

Che succederà ora?  Se fossimo in un paese normale, vi sarebbero due possibilità: la prima, che il Parlamento faccia una nuova legge, uninominale alla francese, ossia con doppio turno, o eventualmente ritorni al Mattarellum; o che si voti col proporzionale, sapendo a priori che la formazione di una maggioranza richiederà poi, matematicamente, una coalizione. Che al momento tutti dichiarano con orrore di non voler fare (e a me pare la soluzione migliore, perlomeno se fossimo la Germania).

Ma nel clima demenziale in cui vive la politica italiana, e che la Corte ha ancora aggravato, ogni previsione è davvero impossibile. Speriamo solo che lo Spirito Santo laico guidi il Presidente della Repubblica Mattarella, come in passato è intervenuto a ispirare Giorgio Napolitano.

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