Le ragioni dell’odio
L’attentato islamista a Stoccolma pone un interrogativo non inedito: perché? La Svezia è un Paese civilissimo, pacifico, accogliente, che non partecipa ad alcuna coalizione od operazione contro l’ISIS. Attaccarla non serve a niente, proprio a niente. Neppure a farle cambiare una politica che non possiede. La risposta è dunque, purtroppo, sempre la stessa: la ragione è l’odio. Odio puro, bestiale, contro tutto quello che non è oscurantismo islamico, contro tutto quello che rappresenta la civiltà e il modo di vivere, laico e libero, dell’Occidente, di cui la Svezia è tra i modelli migliori.
Questa atroce conclusione è rafforzata dai due barbari e tragici attentati a chiese copte in Egitto. In questo caso non si tratta di azione antioccidentale ma di truce intolleranza contro gente che pratica una fede differente dall’Islam in un suolo considerato appartenente solo ad esso. Può stupire e magari indignare che l’Egitto, Paese retto da un regime militare forte, non avesse adottato tutte le misure necessarie a proteggere i propri cittadini di fede cristiana, benché attentati contro chiese si fossero già verificati in passato. Ma va riconosciuto che prevenire atti di questo tipo in un territorio grande e popoloso non è un compito facile.
L’ISIS ha rivendicato l’attentato e questa volta va creduto. Non si tratta del gesto isolato di qualche fanatico imbevuto della scellerata propaganda islamista, ma di un’azione complessa, che ha richiesto una preparazione accurata. Ma spargere sangue innocente pare essere normale, anzi, gradito a questi delinquenti, per di più vigliacchi, perché non occorre molto coraggio a organizzare stragi lontano dal campo di battaglia e mandare alla morte quei poveracci “kamikaze” che credono a occhi chiusi nel martirio e nella ricompensa divina (ditemi voi quando a perpetrare un attentato suicida sia stato in prima persona un dirigente vero del terrorismo). E torniamo a porci una domanda ormai vecchia: cosa aspetta il mondo civilizzato, laico, a mettere da parte i suoi conflitti interni e unirsi per schiacciare la testa del mostro, per eliminarla completamente dalla faccia della terra?
Cosa faranno ora Trump e gli altri? Assad non è un gentiluomo, le armi chimiche (se sono state usate) sono una vergogna, ma chi è il nemico dell’Occidente: Assad o l’ISIS? Sull’attacco americano alla Siria ho già scritto quel che pensavo: che si trattava di un’operazione di politica interna, diretta a contrastare gli effetti del “Russiagate” che insidiava da vicino il Presidente e la sua Amministrazione. Ho scritto questo il giorno dopo l’attacco, poi, leggendo analisi e commenti della grande stampa internazionale (in quella italiana non ne ho trovato traccia), ho visto che questa tesi è largamente condivisa. E lo stesso Putin pare dello stesso avviso, visto che Mosca ha commentato che l’attacco è “frutto di una lotta politica interna americana”.
Putin ha anche dichiarato che l’attacco mette in pericolo i rapporti russo-americani. È naturale che sia così, anche se c’è chi pensa che l’incidente sia stato addirittura “concordato” tra Trump e Putin per fornire al Presidente americano un credibile alibi che gli permetta poi di riprendere le fila del dialogo. Mi pare un po’ troppo machiavellico per essere vero, ma vedremo.
L’ho scritto più volte e non mi costa ripeterlo: c’è un centro evidente e identificabile, persino geograficamente localizzato, che predica l’odio e organizza attentati sanguinari. Distruggerlo è un obbligo di tutti. Chi fa prevalere rivalità di potere a questo obbligo assume una responsabilità gravissima. Chi continua – russi o americani – a giocare i suoi stupidi intrighi, finisce coll’essere obiettivamente complice dei terroristi. Chi non riesce a opporre una forza efficace e coerente all’odio, ne diventa succube.
Una parola infine sul Papa: ha deplorato le stragi egiziane con parole sicuramente sincere, ma a mio avviso è rimasto al di qua del necessario. Non basta piangere i morti e invocare la luce divina perché illumini le menti dei criminali. Da lui ci si aspetta una condanna ferma e l’invito a tutti i Paesi civili a combattere il mostro. E, per favore, la smetta di condannare allo stesso tempo chi uccide e chi fabbrica o traffica le armi necessarie. Non si può mettere sullo stesso piano chi fabbrica una pistola e chi la usa. Ma il punto non è neppure questo. Nessuno ha mai spiegato a Francesco che fabbricare una bomba artigianale non è il frutto di una sofisticata tecnologia, o del solito affarismo occidentale? Qualsiasi disgraziato lo può fare: le istruzioni sono facili da trovare in internet.
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