Francia: le Presidenziali e l’attentato di Parigi

L’attentato di giovedì scorso a Parigi, in cui un agente di polizia è morto e altri due sono stati feriti, ma in cui è morto l’attentatore arabo, non sarebbe purtroppo di per sé un fatto straordinario, se non fosse perché la Francia era alla vigilia del primo turno delle Elezioni presidenziali di oggi.

Non sono Elezioni di ordinaria amministrazione. In esse, si affrontano, per la prima volta con buone probabilità di arrivare al secondo turno, la destra estrema di Marine Le Pen e la sinistra radicale di Melanchon, ambedue pericolosamente populiste ed antieuropee. Nel mezzo, un candidato di destra, Fillon, un candidato socialista, Hammon, ultimo nei sondaggi, e il volto nuovo della politica transalpina, Emmanuel Macron, che si può definire di centro. La scelta di una data così ravvicinata per l’attentato è stata diffusamente interpretata come una maniera per l’estremismo islamico di inserirsi nella dinamica elettorale. Ma, se questo fosse vero, solleverebbe un interrogativo inquietante: è chiaro che l’evento non può che giovare ai sostenitori della linea dura, del “pugno di ferro”, cioè a Fillon e soprattutto a Marine Le Pen. Ambedue i candidati sostengono misure drastiche, come l’internamento di tutti gli individui schedati come sospetti (sono oltre 2500) e la Le Pen chiede la chiusura delle frontiere per impedire nuovi arrivi di terroristi.

È questo che vuole l’ISIS? Parrebbe assurdo, se non fosse che si tratta di menti ciniche e raffinate. Può darsi che il loro obiettivo sia proprio questo: cambiare il modo di vivere dei francesi e, in generale, degli europei, portare al potere regimi nazionalisti e fascisti che sarebbero poi legittimo combattere, e distruggere del tutto l’illusione di una possibile convivenza pacifica tra europei e musulmani nel nostro continente. Alcuni analisti pensano che ciò sia possibile oggi, ritenendo che gli effetti psicologici del nuovo attentato potrebbero giovare a Fillon, portandolo a superare Macron ed arrivare al secondo turno, che si giocherebbe allora tra due versioni della destra. Versioni, però, va detto, non proprio analoghe: Marine Le Pen significa l’uscita dall’Europa e della NATO, l’allineamento sulla Russia di Putin. In sostanza, una crisi mortale per l’integrazione europea.

Emmanuel Macron, che in tutto questo rappresenta un barlume di ragionevolezza, ha reagito accusando i suoi rivali di voler sfruttare l’attentato e di proporre misure non solo difficili da accettare e realizzare ma anche inutili. Si è però detto pronto a “difendere i francesi”, puntando sui servizi di intelligence e sulla prevenzione, ma anche su un’accentuata collaborazione europea. Questa esiste sulla carta, non sempre nella realtà. SI dice per esempio che il complice di Karim, l’attentatore di Parigi, fosse un arabo che vive in Belgio (e l’ISIS ha infatti attribuito a lui l’attentato), anche lui noto ai servizi belgi, ma che ha potuto muoversi liberamente e senza controllo tra i due Paesi..

Questo mi pare il punto principale. SI può far fronte a una situazione di emergenza creando un vero e proprio stato di polizia, facendo del Paese una specie di campo di concentrazione, e si può combattere sul fronte della sorveglianza preventiva. Su questo piano, l’attentato di Parigi costituisce un ennesima prova di imperfetto funzionamento dei servizi francesi. L’attentatore era ad essi noto, aveva persino subito una condanna per un previo tentativo di attentato, uscendo però dopo soli 5 anni. Come mi è capitato di notare e di scrivere più in volte, c’è dunque qualcosa che non funziona nel sistema. Chiunque vada all’Eliseo avrà questo compito prioritario: cambiare regole e pratiche della sicurezza senza ledere i fondamentali diritti umani di cui Francia ed Europa sono orgogliosi, ma rendendo il sistema più efficiente e credibile. Le colpe in questo senso del governo socialista di Hollande sono infatti gravi.

Non so fino a che punto il tragico evento di giovedì scorso influirà realmente sui risultati del primo turno elettorale in programma oggi (penso probabile che qualche spostamento verso la destra ci sarà). Ma la vera partita si gioca dopo, nel secondo turno, in cui in ogni modo, chiunque affronti la La Pen, se non è Melanchon (il peggio del peggio) rappresenterà la possibilità per l’Europa di andare verso il futuro.

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