Cronache dai Palazzi

L’Italia dice stop alle navi di Ong straniere. In poco più di 48 ore sono approdati sulle nostre coste ben 12 mila migranti, una cifra record che ha fatto dire “basta” al governo italiano intenzionato a tirare in ballo l’Unione europea, non per la richiesta di altri fondi bensì per un accurato richiamo alla responsabilità.

In Cdm il ministro dell’Interno Minniti ha chiarito che senza una posizione ferma da parte dell’Italia il fenomeno può diventare difficile da gestire, una visione condivisa anche dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che dal Canada ha sostenuto la necessità di un serio intervento. “Se il fenomeno dei flussi continuasse con questi numeri – ha affermato il capo dello Stato – la situazione diventerebbe ingestibile anche per un Paese grande e aperto come il nostro”. Di conseguenza “il fenomeno migratorio va governato assicurando contemporaneamente la sicurezza dei cittadini”, ha aggiunto Mattarella.

“L’Italia potrebbe essere costretta a bloccare i porti alle navi di Ong per ragioni di sicurezza nazionale”, ha dichiarato Maurizio Massari, ambasciatore dell’Italia presso l’Ue, di fronte al commissario europeo per le migrazioni e gli Affari interni, Dimitri Avramopoulos. “La questione degli sbarchi è regolata dalla legge internazionale”, è stata la risposta dell’Unione europea, anche se lo stesso Avramopoulos ha ammesso che “la situazione dell’Italia è insostenibile” e per di più “non si può lasciare una manciata di Paesi a gestire l’emergenza”. “Discuteremo di questo la prossima settimana a Tallinn durante la riunione informale dei ministri di Giustizia e Interni” – ha precisato il commissario europeo per gli Affari interni dell’Ue – ma abbiamo tutti un obbligo umanitario di salvare vite”.

Il nostro Paese chiede in primo luogo a Bruxelles che siano rispettati gli accordi già siglati sulla relocation, ossia  la redistribuzione dei migranti – sbarcati sulle coste di Italia e Grecia – sui vari territori nazionali dei diversi Stati membri. L’intesa siglata nel settembre del 2015 prevedeva la relocation di 40 mila richiedenti asilo, giunti in Italia e Grecia, nell’arco di due anni. Dall’Italia ne sono partiti però solo 7.281 quindi ne mancherebbero ben 13 mila.

In questo contesto, e per di più a ridosso dei risultati delle amministrative, le reazioni delle varie parti politiche sono diverse. Forza Italia ha accolto positivamente la decisione dura del governo, come anche Matteo Renzi, ma adesso ci si aspetta dall’Europa una risposta decisiva che potrebbe arrivare mercoledì prossimo con il vertice di Tallinn. Lega e M5S sono invece critici e contestano una presa di posizione manifestata con un certo ritardo. L’idea di chiudere i porti italiani alle navi straniere che raccolgono i migranti è “una normale decisione”, ha affermato il leghista Roberto Calderoli, alla quale si doveva arrivare già “nel 2014: a quest’ora avremmo accolto mezzo milioni di immigrati in meno”. Rincara la dose il pentastellato Luigi Di Maio: “Fino a quando lo dicevamo noi tutti contro. Oggi invece è lo stesso governo che sta valutando di negare l’approdo nei porti italiani. Meglio tardi che mai”. Nel frattempo da Bruxelles è arrivato il primo via libera al piano da 3,3 miliardi di euro per fronteggiare il fenomeno delle migrazioni nei Paesi d’origine aggredendone le cause, sfruttando il cosiddetto “effetto leva”.

La bomba è scoppiata quando pochi giorni fa la Francia aveva riportato in Italia 200 migranti che avevano varcato la frontiera a Ventimiglia. A quel punto è scattata la proposta del ministro Marco Minniti in Consiglio dei ministri e, di fatto, l’avvio della procedura per impedire l’attracco nei porti italiani alle navi straniere cariche di immigrati. “Va spezzata l’ipocrisia tra il salvataggio e l’accoglienza. È inutile andare a prendere i migranti se poi non siamo in grado di assisterli in maniera dignitosa”, ha ammonito Minniti, che ha poi aggiunto: “L’Italia ha sempre fatto la sua parte e continuerà a farla, ma da soli non possiamo andare avanti. Questa situazione non è per noi sostenibile”.

Agli inizi dell’anno era stata fissata anche una quota massima: 200 mila persone accolte. Dopo che il governo aveva stretto l’accordo con la Libia era stato siglato un accordo con l’Anci, l’associazione dei Comuni. Ma i dati forniti dal Viminale attestano un’impennata degli sbarchi con 76.873 arrivi nei primi mesi di quest’anno e un aumento del 13,43 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Per di più le amministrazioni locali si dimostrano sempre più restie a mettere a disposizione le strutture per i richiedenti asilo. Nonostante gli incentivi statali, Comuni e Regioni non hanno infatti manifestato alcun intenzione per un eventuale aumento del numero dei posti.

L’intenzione è “dare un segnale a livello internazionale”, ha dichiarato il ministro dell’Interno Minniti rimarcando i “continui cambi di strategia” che il nostro Paese non può accettare. “Macron ci aveva dato pubblicamente l’appoggio e poi la Francia ha deciso di intervenire al confine con i respingimenti”, ha ammonito Minniti, aggiungendo: “La Germania è al nostro fianco, ma adesso bisogna vedere che cosa accadrà in concreto”.

Si passerà presto ai dettagli tecnici e, qualora non arrivasse una risposta concreta da parte dell’Ue sulla gestione dell’emergenza migranti, la Guardia costiera italiana – il cui ruolo operativo “risponde all’autorità politica per tutti gli interventi coordinati”, come ha spiegato il ministro Minniti – coordinerà le operazioni di respingimento, ma anche eventuali interventi di soccorso fornendo assistenza ai barconi in difficoltà con cibo medicinali e ogni genere di conforto, assumendosi quindi la responsabilità di recuperare persone in pericolo di vita ma senza concedere il via libera alla richiesta di approdo. Il ministero dell’Interno italiano detterà modalità e procedure decidendo chi e come potrà entrare in porto. Al bando quindi ogni tipo di automatismo e in caso di rifiuto scatterà il trasporto nello Stato del quale la nave porta la bandiera. Tutto ciò aspettando che le istituzioni europee si pronuncino. Le modifiche al Trattato di Dublino, richieste da anni non sono mai arrivate, le operazioni di ricollocamento non si sono dimostrate efficaci e l’emergenza continua a crescere.

“Abbiamo internazionalizzato le operazioni di salvataggio ma l’accoglienza resta di un Paese solo”, ha ammonito Gentiloni da Berlino, dove si è tenuto il vertice preparatorio del G20. Tutto ciò “mette il nostro Paese sotto pressione ma noi abbiamo un aspetto umanitario di rispetto delle leggi e lo confermeremo”, ha assicurato il presidente del Consiglio ribadendo però la necessità di un “contributo concreto degli europei”.

Il premier italiano ha affrontato il tema con Angela Merkel, Emmanuel Macron, Theresa May, Donald Tusk e Mark Rutte. “l’Italia non si è mai sottratta ai propri impegni per soccorso in mare e accoglienza umanitaria e non intende farlo – ha sottolineato Gentiloni – ma chiede di discutere del ruolo delle Ong, della missione di Frontex, delle risorse a disposizione per lavorare in Libia e negli altri Paesi africani, della possibilità di allargare i nostri programmi”.

A Berlino Angela Merkel ha ribadito la necessità di “lavorare per una soluzione politica in la Libia, non possiamo accettare che in quel Paese regni l’illegalità”, ha ammonito la cancelliera, e il premier spagnolo Mariano Rajoy ha ricordato di dover “fare leva sui Paesi di origine dei flussi migratori”. Emmanuel Macron ha invece glissato sui respingimenti di Ventimiglia e ha sottolineato che molti sono “migranti economici” che in sostanza “non vanno incoraggiati”: “Come spieghiamo ai nostri cittadini, alla nostra classe media, che all’improvviso non c’è più un limite?”, ha dichiarato Macron.

Il documento conclusivo del G20 dovrà comunque contenere “un riferimento concreto alla lotta contro i trafficanti di esseri umani: chiederò di considerare sanzioni a livello europeo contro questi trafficanti e di metterli nella lista nera delle Nazioni Unite”, ha ammonito il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Per procedere in questa direzione occorre però raggiungere un accordo tra la maggior parte degli Stati membri dell’Onu.

La Commissione europea ha a sua volta assicurato di lavorare per “aumentare il sostegno all’Italia, incluso un sostanziale aumento dell’assistenza finanziaria”, ha affermato la portavoce dell’esecutivo comunitario Natasha Bertaud. l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Federica Mogherini, ha invece rimarcato che in Europa “quello che manca è la solidarietà interna e la disponibilità degli Stati membri a condividere con l’Italia l’accoglienza” dei migranti.

L’annuale International migration outlook dell’Ocse evidenzia che nel 2016 i flussi di migranti per ragioni umanitarie hanno segnato un nuovo record nei Paesi industrializzati. Circa 5 milioni gli arrivi complessivi, dai 4,7 milioni nel 2015, in aumento per il terzo anno consecutivo. Tuttavia, secondo il rapporto dell’Ocse nei primi sei mesi del 2017 i flussi migratori “sono diminuiti” rispetto ai “flussi senza precedenti” registrati tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016: sarebbero 72mila i migranti sbarcati sulle coste europee nel primo semestre di quest’anno, un numero circa 12 volte inferiore rispetto a quanto registrato nel secondo semestre del 2015. Secondo le fonti del Viminale sarebbero invece in aumento le presenze registrate sulle coste italiane. Il rapporto Ocse rimarca inoltre evidenti specificità nazionali; nigeriani e gambiani tendono a rimanere in Italia, i sudanesi cercano di arrivare in Francia e gli iraniani puntano il Regno Unito.

L’Italia non è però solo approdo di migranti, in quanto sono in aumento anche coloro che lasciano il nostro Paese aspirando a costruire altrove un futuro migliore. Lo stivale occupa infatti l’ottava posizione (in 10 anni l’Italia è “salita” di 5 posti) nella graduatoria mondiale (capeggiata dalla Cina) dei Paesi di provenienza di nuovi immigrati, davanti a Siria, Romania, Polonia e India. L’Italia è inoltre subito dopo il Messico e davanti a Vietnam e Afghanistan.

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