Gastone Moschin

Gastone Moschin (San Giovanni Lupatoto, 8 giugno 1929 – Terni, 4 settembre 2017) ci ha lasciati un po’ più soli e come nostra abitudine lo vogliamo ricordare andando a rivedere uno dei film dove ha regalato un’interpretazione memorabile.

Milano calibro 9 (1972) di Fernando di Leo, che lo sceneggia partendo dai racconti di Scerbanenco, la fotografia è di Franco Villa, il montaggio di Amedeo Giomini. Le scenografie e i costumi sono di Francesco Cuppini. Aiuto regista è l’immancabile Franco Lo Cascio. Il commento musicale è dell’ottimo Luis Enriquez Bacalov che compone una colonna sonora indimenticabile eseguita dai New Trolls e dagli Osanna. Produce Armando Novelli per Daunia 70. Interpreti: Gastone Moschin, Barbara Bouchet, Mario Adorf, Lionel Stander, Philippe Leroy, Frank Wolff, Ivo Garrani, Mario Novelli e Luigi Pistilli.

Il film è fedele alle atmosfere nere e opprimenti dei racconti di Scerbanenco, ma non è una pellicola tratta dalle raccolte Milano calibro 9 e da I Centodelitti come si vorrebbe far credere. Di Leo legge Scerbanenco e ne assorbe l’ambientazione tra i navigli e le strade di Milano, racconta come lui storie di piccoli malviventi senza futuro, di puttane, di tradimenti, violenza e inganni nel mondo della malavita. Alcune scene erotiche tra la Bouchet e Moschin, un ballo sensuale nel night, completano una notevole trama poliziesca ricca di suspense. Due uomini e una donna sono sospettati di aver fatto sparire trecentomila dollari e per questo motivo vengono torturati e fatti saltare in aria da alcuni malavitosi. Ugo Piazza (Moschin) esce di galera e la polizia lo sorveglia perché è sospettato anche lui di essersi appropriato dei soldi. Rocco (Adorf), braccio destro del boss che si fa chiamare L’Americano (Stander), trova Ugo e lo fa picchiare a sangue. Ugo chiede protezione al vecchio boss Don Vincenzo (Garrani) e al suo braccio destro Chino (Leroy), ma accetta di lavorare per conto dell’Americano. Nel frattempo frequenta Nellie (Bouchet), una vecchia fiamma che ritrova nel night dove lavora. Si verifica un conflitto a fuoco durante un agguato teso a Don Vincenzo, Ugo si rifiuta di sparare ma il vecchio boss rimane ucciso. Nel frattempo spariscono altri trentamila dollari, sottratti all’Americano. Chino si vendica e con l’aiuto di Ugo ammazza L’Americano e parecchi suoi uomini, ma alla fine viene ucciso anche lui. Ugo si riprende i trecentomila dollari che aveva davvero fatto sparire ed erano nascosti in una casa diroccata. Finale a sorpresa.

Di Leo scrive Milano calibro 9 elaborando una trama autonoma ispirata dalla lettura di Stazione centrale ammazzare subito, uno dei racconti della raccolta dello scrittore di Kiev. Se si vuole, il film risente di altre ispirazioni che derivano da Vietato essere felici e La vendetta è il miglior perdono. La cosa migliore del film è una perfetta ambientazione milanese, tra Piazza del Duomo, navigli, notturni suggestivi e risvegli nebbiosi in una città grigia e fredda. La fotografia di Villa immortala una Milano by night cupa e viziosa, nelle mani di una malavita sempre meno romantica che sta cambiando. Il commento musicale di Bacalov è pregevole e sottolinea i momenti topici della pellicola realizzando un crescendo di tensione. Le scene girate in interni sono molte, la teatralità è una caratteristica dei lavori del regista pugliese che utilizza gli studi della Dear Film per le scene con dialoghi non sempre convincenti. Le scene di violenza efferata la fanno da padrone e vedono protagonista soprattutto Mario Adorf, killer al servizio di un boss che agisce dietro le quinte.

Tra gli attori spicca un grande Gastone Moschin, perfetto come Ugo Piazza, un duro destinato alla disfatta, un uomo del nord, freddo, calcolatore e imprevedibile. Mario Adorf è altrettanto bravo ed è il suo opposto meridionale, un uomo forte, violento, brutale (doppiato da Stefano Satta Flores), forse il vero protagonista del film. Barbara Bouchet è una stupenda ballerina di night che in una scena memorabile danza coperta soltanto da un vestito di perle. Molto ben calati nella parte anche Philippe Leroy, Ivo Garrani (il vecchio boss cieco), Lionel Stander e Luigi Pistilli. Philippe Leroy è il killer Chino, un uomo d’onore che non vorrebbe immischiarsi ma che alla fine si trova coinvolto per difendere l’amico Ugo dall’arroganza di Rocco e per vendicare l’omicidio del vecchio boss. Ivo Garrani è convincente come mafioso d’altri tempi che prova nostalgia per la vera mafia, una criminalità scomparsa, perché i delinquenti odierni sono privi del senso dell’onore.

La parte finale della pellicola segue i canoni del cinema noir cari al regista pugliese, dove niente è come sembra e soprattutto non esistono personaggi positivi e conclusioni consolatorie.

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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Un Commento

  • Ottima scelta, per ricordare il bravo Gastone Moschin.
    Bel pezzo, complimenti Gordiano.
    Carlo Gambescia

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