Referendum lombardo-veneto, il punto
In Italia i due referendum consultivi richiesti da Lombardia e Veneto si sono svolti senza gli incidenti di Barcellona e nel pieno rispetto della nostra Carta Costituzionale. Sicuramente il dato più significativo è rappresentato dal superamento del quorum in Veneto dove quasi il 60% della popolazione attiva si è recata alle urne per richiedere più competenze per la propria Regione. La Lombardia, nonostante il dato meno brillante di quello veneto, è riuscita a portare alle urne oltre 3 milioni di cittadini.
Ma quali sono le ripercussioni politiche di questo referendum? Sicuramente la vittoria va ai leghisti Zaia e Maroni che ridanno linfa alla questione settentrionale annacquata dopo l’arrivo di Salvini alla guida del Carroccio. Per il governatore lombardo invece il successo è servito anche a “misurare” il consenso del proprio governo, soprattutto in vista della tornata elettorale del prossimo inverno e che vedrà Regione Lombardia al voto.
Ma al di fuori dei confini regionali il malumore della classe dirigente del centrodestra è assai corposo. Primo fra tutti Salvini, che con il recupero del federalismo e del tema “nord” rischia di veder andare in fumo il suo progetto di Lega nazionale. Il referendum ha riacceso nella base leghista quel sentimento di bossiana fattura legato all’identità padana che con fatica aveva tentato di estirpare da Via Bellerio.
In Forza Italia, oltre al veneto Capogruppo della Camera Renato Brunetta e al lombardo Capogruppo al Senato Paolo Romani, l’umore dei parlamentari dal Po in giù non è dei migliori, soprattutto perché temono che, qualora si riuscisse ad andare al governo, dovrebbero necessariamente rivedere la distribuzione delle risorse a favore del ricco Nord.
Ma Salvini ora non si deve soltanto curare di ripristinare la direzione verso un modello nazionale del partito, ma deve trovare ulteriori supporter nella propria leadership interna ed esterna alla Lega. Se da un lato il bossiano Maroni non è considerato una minaccia, anzi, pare possa addirittura essere sacrificata la sua pozione a Palazzo Lombardia in favore del premierato, dall’altro l’intraprendente Luca Zaia, il quale ha già ricevuto un endorsement dal Cavaliere, potrebbe cogliere il referendum come trampolino di lancio verso prospettive nazionali ben più interessanti.
In effetti questi risultati più che un successo sembrano aprire molti fronti interni al Centrodestra che però sa di dover correre, più compatto di prima, verso l’obiettivo Alleanza.
E anche nel PD si trovano in difficoltà. Dopo che il candidato alla carica di presidente lombardo Giorgio Gori, non solo ha sponsorizzato l’iniziativa referendaria, ma pare intenzionato ad accettare l’offerta di Maroni ad entrare nella squadra per il tavolo da aprire a Roma sull’autonomia, a Palazzo Chigi non potranno di certo ignorare un risultato del genere, soprattutto in territori che contano circa 15 milioni di abitati e che elettoralmente hanno un peso non indifferente.
Insomma altra benzina sul fuoco per agitare ulteriormente i mesi che separano da fondamentali appuntamenti elettorali, per l’Italia ma per l’intero futuro europeo.
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