Donne, denaro e champagne: gli scandali del Terzo millennio
Niente di nuovo sotto al sole. I privilegi non hanno mai fatto schifo a nessuno e chi ha possibilità superiori all’ordinario raramente rinuncia al proprio status dominante. Anzi, spesso ne abusa. L’indignazione su prassi risapute, per quanto detestabili, è dovuta, ma suona – al tempo – anche un pò stantia. Le cronache più recenti hanno visto alla ribalta i classici scandali che vanno a intaccare le vite dorate dei Vip, siano essi protagonisti della politica, multinazionali, magnati della finanza, artisti famosi o sportivi strapagati. Dopo esserci accorti, con i casi Weinstein e Spacey, che esistono ambienti professionali (cinema e spettacolo, ma anche politica e grandi aziende), in cui la molestia sessuale è la costante da subire per assicurarsi opportunità di carriera, abbiamo il piacere di inorridire davanti ai Paradise papers (naturale prosecuzione dei Panama papers), milioni di files emersi a seguito di un’inchiesta condotta da un pool di giornalisti sulla grande evasione fiscale a livello internazionale.
Ad oggi, possiamo deliziarci con i nomi dei potenti implicati nella vicenda e meravigliarci come bambini davanti ai fuochi d’artificio. Ma, poi, sotto sotto, ci rendiamo conto che dovremmo stupirci se ciò non fosse mai avvenuto. Come si fa a pensare che, in un mondo dove l’1% dei suoi abitanti detiene ricchezze pari al Pil di intere nazioni, non si siano architettati metodi, strategie, percorsi particolari e illeciti volti a garantire gli interessi delle elìte? Se così non fosse, le risorse sarebbero ridistribuite in modo sicuramente più equo e la popolazione sul pianeta avrebbe meno motivi per scannarsi in guerre da pollaio o, peggio ancora, per la sopravvivenza. Perché scandalizzarsi, quando esistono – e legittimamente – aree geografiche offshore, dove spostare e occultare ingenti masse di capitali da sottrarre alla mannaia fiscale dei Paesi in cui quei profitti sono stati realizzati? Perché provare moti di disgusto, alla notizia dell’ennesima grande banca, italiane non escluse, con filiali alle isole Vergini? Sono storie che tutti sanno, ma nessuno racconta. Tranne quando si decide di sostituire gli attori in questo gioco delle parti. Il sistema ha ciclicamente bisogno di linfa fresca, di alternanza, di altre classi dirigenti. E voilà, alla fine di ogni ciclo che ne inaugurerà uno nuovo, arriva puntuale, come un cucù svizzero, lo scandalo ad hoc che sotterrerà i potenti ormai indeboliti e in declino, affinché siano rimpiazzati dalle ultime generazioni di rampanti (chi ha dimenticato dalle nostre parti Mani Pulite?). Con le debite eccezioni, per le poche famiglie – praticamente delle dinastie – che sono sulla cresta dell’onda dal Sacro Romano Impero in avanti.
Dallo studio legale delle Bermuda “Appleby”, provengono oltre 13 milioni di file che evidenziano i patrimoni nei paradisi fiscali di circa 127 potenti. Finiscono nel tritacarne mediatico gli asset privati del principe Carlo d’Inghilterra, con investimenti milionari in fondi e società offshore per l’acquisto di terre tropicali e subtropicali, “da proteggere dalla deforestazione”, come sostiene il quotidiano The Guardian. Nondimeno, figura nella lista anche la regina Elisabetta, con 10 milioni di sterline investiti fra le Cayman e Bermuda.
Sotto la lente d’ingrandimento, anche i cantanti Bono Vox, leader della rock band U-2, e Madonna; il pilota di Formula Uno, pluri-campione del mondo, Lewis Hamilton, che avrebbe ricevuto un rimborso milionario dall’erario britannico per un jet importato nell’isola di Man, su cui grava il dubbio se sia stato acquistato o lecitamente noleggiato con condizioni fiscali di favore; il ministro statunitense per il Commercio Wilbur Ross; l’ex cancelliere tedesco social-democratico Schroeder; i ministri brasiliani di Industria e Agricoltura e il ministro delle Finanze argentino, Luis Caputo; non ultimi, il capo di Stato della Colombia, Juan Manuel Santos, il genero di Putin e altri oligarchi russi meno conosciuti. Fra qualche giorno, saranno resi noti anche gli evasori italiani ed è già gossip selvaggio.
I ricchi, da sempre, escogitano piani per proteggere i loro patrimoni personali dalle tasse. Multinazionali come Apple, Google, Amazon, Nike hanno la medesima preoccupazione. Gli Stati, invece, devono tutelare il loro funzionamento interno e il denaro nascosto al Fisco è denaro sottratto alla creazione di infrastrutture e alla garanzia di servizi pubblici efficienti. Le autorità giudiziarie interessate, ora, indagheranno sulla veridicità o meno di questo dossier giornalistico. Sarà eccitante vedere chi vince e chi perde. O forse no, considerato che chi ci ha rimesso a prescindere è il restante 99% del genere umano.
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