I grandi rivoluzionari del Novecento in mostra
Bologna – Definiti folli, screditati e spesso abbandonati dalle Accademie d’Arte che avrebbero dovuto sostenerli, grazie al loro genio, alla loro percezione del mondo fuori dagli schemi comuni ed alla sensibilità verso argomenti comunemente trascurati hanno fatto la storia dell’arte ed oggi il loro ruolo è riconosciuto in tutto il mondo, stiamo parlando di Duchamp, Magritte, Dalì, Ernst, Tanguy, Man Ray, Calder, Picabia, e sono solo alcuni dei protagonisti del Novecento i cui capolavori saranno ospitati presso Palazzo Albergati fino al 11 Febbraio 2018.
La mostra Duchamp, Magritte, Dalì. I rivoluzionari del ‘900 , raccoglie 180 opere prestate dall’Israel Museum di Gerusalemme, che negli anni ha ampliato la collezione grazie a generosi lasciti, unendo così le opere Dada e Surrealiste grazie sopratutto alla collezione privata (più di 700 opere) donata da Arturo Schwarz.
L’esposizione, curata da Adina Kamien-Kazhdan Senior Curator of Modern Art at The Israel Museum, attraverso un percorso tematico permette di osservare da vicino le opere che hanno segnato la storia del Novecento, osservando i dipinti e le sculture si potrà capire meglio la formazione di questi artisti e il fervore che in quegli anni li animava e li spingeva a realizzare i capolavori che conosciamo oggi come Le Chateau de Pyrenees (1959) di Magritte, Surrealist Essay (1934) di Dalí, L.H.O.O.Q. (1919/1964) di Duchamp e Main Ray (1935) di Man Ray.
Le sezioni allestite sono cinque: Accostamenti sorprendenti, Automatismo e subconscio, Biomorfismo e metamorfosi, Desiderio: musa e abuso e Il paesaggio onirico; percorrendole non si può non rimanere affascinati dal genio che ha contraddistinto questi autori, come solo osservando un oggetto vi abbiano dato un nuovo segno e significato, un po’ come accade nel riuso, e grande fruitore di questa tecnica fu Dalì che nel ricollocare gli oggetti di uso quotidiano realizzando ambientazioni oniriche stordisce il pubblico toccando le corde più profonde dell’animo umano.
Ogni sezione della mostra, come suggeriscono gli stessi nomi, affronta un periodo particolare dell’epoca e ci aiuta attraverso un’attenta anali si del periodo a comprendere meglio le opere presenti, non dimentichiamo in fatti che in quegli anni si diffondevano gli studi di Freud e Jung e ciò ebbe notevoli ripercussioni sull’animo sensibile e spesso travagliato degli artisti.
Tra le opere surrealiste non mancano le influenze date dall’interesse di questi artisti verso il mondo della magia e dell’occulto e così trovano opere che appaiono come dei veri e propri studi sulla metamorfosi e il biomorfismo, la figura predominante nella maggiorate delle opere di quegli anni e che ossessionava questi artisti era la donna, vista come un mistero da scoprire o come simbolo sessuale verso cui riversare i propri desideri, che in tempo di regimi totalitari diviene simbolo anche di ribellione ad ogni censura.
Sono anni in cui nascono anche numerosi film che mettono a confronto due realtà quelli delle “cose in sé” relativi ai fatti ripresi dalla cinepresa e quelli che riguardano “l’immaginazione fotografica” che riguarda il modo creativo e fantasioso di trasformare le immagini, così come emerge dai lavori che in quegli anni realizzarono Dalì e Luis Bunuel.
Palazzo Albergati per l’occasione è stato riorganizzato per poter essere all’altezza della mostra e tale compito è stato affidato all’architetto Oscar Tusquets Blanca che ha ricostruito la celebre sala di Mae West di Dalì, che oltre a stupire l’osservatore lo divertirà con i suoi giochi di forme e proporzioni, c’è anche l’installazione 1,200 Sacks of Coal ideata da Duchamp per l’Exposition Internationale du Surréalisme del 1938.
Questa esposizione, corredata da catalogo pubblicato da Skira contenente saggi di Werner Spies, Dawn Ades e Adina Kamien-Kazhdan, gode del patrocinio del Comune di Bologna e dell’Ambasciata di Israele ed è prodotta e organizzata da Arthemisia Group con la collaborazione dell’Israel Museum di Gerusalemme.
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