Il caso Cancellieri
Il caso Cancellieri è uno dei classici polveroni con cui si acceca quella parte della classe politica che mostra di avere scarso contatto colla realtà e con quello che alla maggioranza della gente realmente interessa, quello che la tiene preoccupata e persino ansiosa.
Vediamo un po’: mozione di sfiducia, governo a rischio, lacerazioni nel PD, insulti tra i suoi dirigenti, Patria in pericolo, e tutto questo per una vitale questione di politica economica, finanziaria, sociale o magari internazionale? Nemmeno per sogno! Solo per stabilire se il Ministro della Giustizia si sia interessato per la sorte di una detenuta in serie condizioni di salute, chiedendo notizie ai PM competenti e magari caldeggiando una soluzione umanitaria. Perché dagli atti non viene fuori niente di diverso: non concussione, non abuso di ufficio, non indebite pressioni. D’altra parte, nessuna persona sensata può pensare che un Ministro possa davvero influire sulle decisioni dei giudici. Se qualcuno, a qualsiasi livello, fosse tentato di farlo, provocherebbe le indignate reazioni dei Magistrati (basti pensare al caso sollevato dalla Procura di Palermo attorno a un presunto intervento del Presidente Napolitano a favore di Mancino).
Per quanto a qualche fan del Cavaliere piaccia parlare di giustizia diseguale, siamo lontani dal caso Berlusconi-Ruby: l’allora Presidente del Consiglio intervenne, non su un giudice (che lo avrebbe sicuramente mandato a quel paese) ma su un funzionario di prefettura che a lui doveva obbedienza, e non per rappresentare un problema umanitario ma per evitare l’arresto a una ragazzotta di facili costumi colta in flagranza di furto e farla affidare a un’altra signora non proprio illibata che, a sua volta, l’affidò ad un “viado” brasiliano! Con l’annessa panzana della parentela con Mubarak e relativo interesse di Stato (e mezzo Parlamento italiano dovette fingere di crederci.)
E tuttavia, nella vicenda la falange grillina ci si è infilata a testuggine, dimostrando ancora una volta di essere una banda giustizialista, solo capace, come si direbbe a Roma, di “fare casino”. Il che contribuisce a spiegare perché, di elezione locale in elezione locale (vedi Basilicata), il radioso movimento stellare perda voti a palate. Per non parlare del solito Vendola e della Lega, il cui solo interesse è cercare di dare qualche colpo basso al Governo (che è come sparare sulla Croce Rossa). Dalla vicenda, però, escono male anche quegli esponenti del PD che non hanno perso l’occasione per far parlare di sé e imbastire una speculazione politica ai danni di Enrico Letta. Civati, certo, ma anche il “grillo parlante” Matteo Renzi (che se non dice la sua su tutto lo scibile umano soffre). E non ha brillato per saggezza e coerenza neppure Epifani, quando ha decretato che “ora il Governo è più debole”. Ma come, il PD ha fatto fuoco e fiamme, invocando la disciplina di partito, per salvare, con la Cancellieri, l’intero Governo, la fiducia è passata con 405 voti, e il Governo è “più debole”?
Ma per dire tutta la verità, benissimo non ne esce neppure la signora Cancellieri. Non ha compiuto illeciti, né atti moralmente reprensibili, ma uno scarso senso dell’opportunità, sì, l’ha dimostrato. Perché doveva sapere che si stava muovendo su un terreno scivoloso, che i consorti dei Ministri devono tenersi fuori dalle questioni di ufficio e che il Ministro della Giustizia, quali che siano i suoi impulsi umanitari, non può e non deve occuparsi di un caso specifico, specie se si tratta di persone amiche, ma usare i suoi poteri di controllo e di iniziativa legislativa perché la condizione di tutti i detenuti, senza distinzione, sia resa più civile.
La signora Cancellieri è una persona di indiscussa moralità, integrità e senso delle istituzioni, che ha servito con onore. Ma in questo caso io personalmente penso che se si fosse fatta da parte avrebbe reso un servizio al Governo a alla pubblica tranquillità, che di tempeste in un bicchier d’acqua può fare a meno. E avrebbe potuto farlo con dignità e a testa alta, dicendo chiaramente: “Non ho fatto nulla per cui mi senta in colpa, non ho mentito a nessuno né interferito nel normale procedimento giudiziario; ma da duemila anni è noto che la moglie di Cesare non deve dare neppure l’apparenza di un peccato”.
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