Moscovici e il “gatto” Italia
Alle soglie del voto politico in Italia, Bruxelles torna a rivolgerci – e non sarebbe la prima volta – un commento ufficiale che ha suscitato reazioni e polemiche immediate. Se da un lato, le dichiarazioni di Pierre Moscovici, commissario UE agli Affari economici, sono avvertite come un’ingerenza nelle nostre questioni domestiche e una fastidiosa interferenza alla campagna elettorale in atto, potrebbe tuttavia considerarsi – nel contesto europeo – legittima la sua preoccupazione per gli orizzonti politici incerti di un importante partner dell’Unione. Problema di prospettiva.
In verità, Moscovici, all’interno di un discorso e di un ragionamento di maggiore ampiezza, avrebbe espresso perplessità sul rischio di esiti elettorali anti-europeisti nel nostro Paese che, sommati alla grave crisi catalana e al temporaneo vuoto di governo tedesco, andrebbero a pregiudicare la stabilità stessa dell’Unione.
Orgoglio nazionale a parte, lo spettacolino da sagra paesana, tirato su a colpi di improbabili promesse e abolizioni che suonano false come un nano di due metri, consegna evidentemente all’estero un’immagine poco edificante della scena politica italiana. A lungo distante dall’urna per via dei governi tecnici e impossibilitata a scegliersi i propri rappresentanti grazie all’iniquo Porcellum, buona parte dei cittadini, cui freme la mano, fatta scorta delle immancabili demagogiche fregnacce elettorali last minute e inviperita per le variopinte alleanze finalizzate alla demolizione dell’avversario (talvolta anche interno, ogni riferimento al Pd è puramente casuale) e non già alla risoluzione dei problemi nazionali, non vede l’ora di compiere la tanto agognata vendetta.
Tutti a casa? Sarebbe, forse, irresponsabile, nonostante non si intraveda alcuna alternativa valida capace di imprimere nuovo smalto alla classe dirigente e di lavorare a un costruttivo cambio di rotta. Ha proprio tutti i torti, allora, il francese Moscovici – che bolla come vergognosa la geniale sparata sulla razza bianca del candidato leghista in Lombardia o che boccia l’idea del pentastellato Di Maio di sforare il tetto massimo del 3% nel rapporto deficit pubblico/Pil – a preoccuparsi per l’Istituzione che rappresenta? E’ fuori luogo che auspichi una continuità del governo Gentiloni, garante di forte convergenza, senza sorprese, verso l’Europa? Non dal suo punto di vista, evidentemente. Tuttavia, dallo Stivale, risponde il candidato premier dei grillini, invocando un confronto pubblico col “burocrate” di Bruxelles; per il resto, infuria l’indignazione di Matteo Salvini, Raffaele Fitto e Giorgia Meloni, ovvero del centrodestra italiano nel suo complesso, ad eccezione di Renato Brunetta che, limitatamente alla proposta sul 3% di Di Maio, si trova in accordo col commissario Ue, tirando una botta anche a Renzi, promotore in passato di qualcosa di simile.
Per quel ci riguarda, ci confortiamo con la positiva idea moscoviciana che, in ogni caso, l’Italia sia un gatto che casca sempre in piedi. E il prossimo 4 marzo, leggermente in anticipo sulle fatidiche Idi, sapremo se Cesare è stato ucciso oppure no.
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