Bufera su Sarkozy

Cominciano ad essere resi pubblici alcuni retroscena piuttosto imbarazzanti sulle dinamiche delle campagne elettorali politiche, in giro per il mondo. Dopo lo scandalo di Cambridge Analytica, la società inglese di analisi dati che – accusata di violazione della privacy – ha “profilato” milioni di utenti di Facebook, per influenzarli successivamente con contenuti digitali mirati che favorissero un’affermazione di Donald Trump alla Casa Bianca, in Francia scoppia il caso Sarkozy.

Da martedì scorso, l’ex inquilino dell’Eliseo è stato trattenuto in stato di fermo presso gli uffici della polizia giudiziaria di Nanterre, a seguito di un’indagine aperta nel 2013 per un presunto finanziamento di Gheddafi alla sua vittoriosa corsa alla presidenza del 2007.

I primi rumours si fecero sentire nel 2012, quando il sito giornalistico Mediapart pubblicò in rete un documento libico, in cui era citata l’esistenza di detto finanziamento. Il quotidiano Le Monde, in virtù di una più attiva collaborazione – rispetto al passato – di ex personaggi di punta dell’entourage di Gheddafi, esibisce oggi nuove prove sull’illecito.

Nel novembre del 2016, il faccendiere Ziad Takkiedine aveva ammesso di aver fatto da corriere tra Tripoli e Parigi, a cavallo tra il 2006 e il 2007, col compito di consegnare 5 milioni di euro in contanti a Claude Gueant, ex segretario generale dell’Eliseo, e a Nicolas Sarkozy, ministro dell’Interno dell’epoca. Nel gennaio di quest’anno, su mandato di cattura internazionale francese, all’aeroporto londinese di Heathrow è stato arrestato un altro “pendolare” dell’asse franco-libico, l’uomo d’affari Alexandre Djouhri, coinvolto anch’egli, in quel periodo, nel trasporto di ingenti somme di denaro liquido pro campagna presidenziale di Sarkozy.  I possibili capi d’imputazione per il politico transalpino, ora, oscillerebbero tra la complicità nella corruzione di pubblico ufficiale straniero e complicità nell’appropriazione indebita e occultamento di fondi pubblici in Libia, in conformità con quanto dichiarato nel 2012 al procuratore generale del Consiglio nazionale transitorio libico da Abdallah Senoussi, ex direttore dell’intelligence militare del Paese nordafricano.

Le Monde parla, inoltre, dei libri dell’ex ministro del petrolio libico Shoukri Ghanem, deceduto a Vienna nel 2012 in circostanze sospette (il cadavere fu ritrovato a galleggiare nelle acque del Danubio), che riportano notizia dei pagamenti al leader repubblicano francese. Anche Beshir Saleh, finanziere molto vicino a Gheddafi e intermediario nelle relazioni con la Francia, recentemente ferito a Johannesburg da colpi d’arma da fuoco, aveva rilasciato al giornale parigino un’intervista in cui era propenso a credere all’effettiva esistenza del finanziamento erogato dal Colonnello, calcolato complessivamente in circa 50 milioni di euro, che Sarkozy, ovviamente, nega in modo perentorio.

La domanda più martellante, dunque, è se questa vicenda giudiziaria, ancora in fase embrionale e tutta da definire, possa avere un qualche nesso con la guerra alla Libia montata dalla Francia, nel 2011, sotto la presidenza dello stesso Sarkozy, senza consultare né preavvisare – ad eccezione del premier britannico Cameron – gli altri partner europei, iniziativa bellica cui fecero seguito la caduta del regime di Tripoli, la morte del raìs e la destabilizzazione politica dell’intera regione afro-mediterranea.

Commenta senza riserve la socialista Segolene Royal, candidata antagonista nella corsa all’Eliseo del 2007: “Non abbiamo combattuto ad armi pari”.

Nel frattempo, le agenzie di stampa battono un aggiornamento dell’ultima ora secondo cui, dopo il fermo e relativi accertamenti, la magistratura francese ha deciso di incriminare formalmente Nicolas Sarkozy. Sull’ex presidente, che non ha mai rinunciato all’idea di un ritorno al vertice, incombe adesso la bufera.

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