Vetere, Il pensiero iniziatico
Il pensiero iniziatico (Ed. Tipheret, Acireale, 2018) di Francesco Vetere è un volume breve di 95 pagine suddiviso in tre parti. Si tratta di un testo che riesce, con mirabile sintesi e chiarezza, a tracciare la latitudine del perimetro dove si realizza il pensiero iniziatico: un punto di partenza. Una dichiarazione programmatica che costituisce una introduzione che apre la via ad ulteriori passaggi teorici che l’Autore lascia intravedere.
Il testo riesce a chiarire cosa significa il pensiero iniziatico effettuando una calibrata puntualizzazione interrogando pensatori e analizzando i massimi sistemi concettuali dell’Occidente. Un Occidente che continua a camminare sull’impervio sentiero del Nichilismo i cui fondamenti si muovono all’interno di una realtà che ci circonda e che dispiega la sua potenza grazie alla creazione di una megamacchina tecnetronica che condiziona la percezione degli umani che “poeticamente abitano la Terra”.
Nel corso della sua agilissima disamina dei massimi sistemi di pensiero occidentali, per i quali l’Autore mostra rispetto per la loro grandezza, evidenzia la necessità di un loro necessario superamento proprio perché -nella loro innata tendenza a totalizzare – sono in antitesi con la ricerca iniziatica.
La parte introduttiva delinea l’ambito del ragionamento, cosa significa pensare in modo iniziatico, i mutamenti spirituali che tale cammino comporta. Viene esaminato lo strumentario concettuale a supporto di tale cammino importante e necessario che, senza mezzi termini, viene definito lungo e difficile.
Nella Prima parte, l’Autore entra nel vivo della quaestio sviluppando con padronanza e agilità un serrato confronto dialettico con i grandi sistemi filosofici e religiosi antichi e recenti. In questo interessantissimo excursus viene evidenziata la loro grandezza, ma anche la loro lontananza dal pensiero iniziatico che invece oltrepassa la Realtà per consentire – a coloro che intendono farlo veramente – la percezione dell’altrove, cioè del luogo dove le numerose tassonomie sono oltrepassate, di un luogo che è un campo aperto dove l’iniziato si muove ponendosi continuamente in gioco. Un luogo lontano da una struttura tecnica il cui scopo è quello di funzionare e di assicurare agli umani la percezione di una realtà costituita creazione senza fine di obiettivi, come fosse il migliore dei mondi possibili. Un luogo dove il Tempo non esiste nello spazio sacro. Anzi, il sacro è fuori dal Tempo.
Nella seconda parte, il testo entra nel vivo. Traccia un assetto interpretativo ri-pensando antiche categorie come la Verità, la Fede, la Libertà e il Libero Arbitrio. Tutto questo per accennare al complesso tema del G.A.D.U. scegliendo, per ora, di indicare soprattutto cosa il Grande Architetto dell’Universo non è.
Nella terza parte, il testo si avvale della potenza speculativa di alcuni pensatori che accompagnano in ombra i ragionamenti dell’Autore che ci fa percepire la grandezza del traguardo a cui deve tendere colui che decide di iniziare questo impervio ma affascinante cammino. Un percorso che ricorda l’Hukiyo He che ha come motivo conduttore l’impermanenza. Uno stato spirituale che ci ricorda il concetto antico di “pharmakon” (φάρμακον), che significa pianta curativa, veleno o droga cioè una frattura, una trasformazione che uccide ma produce rinascita.
Si tratta quindi di un testo breve e denso che rappresenta una porta che deve essere aperta per poter leggere consapevolmente i prossimi passaggi teorici che seguiranno, riteniamo, con la stessa padronanza di argomento e con uno stile comprensibile che guida alla più profonda riflessione.
Un testo che richiede una forte cooperazione di un lettore che sia aperto, un lettore capace di mettersi in gioco, un lettore che non abbia paura di gettarsi nel fuoco, come fece Empedocle, il gigante del pensiero antico.
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