L’avventura

In tutta la mia lunga esistenza ho visto innumerevoli crisi di governo, ma mai una crisi istituzionale della portata di quella a cui stiamo assistendo. L’impressione è di essere entrati in un labirinto da cui non si vede come uscire. Cerchiamo almeno di capire cosa è successo.

Andiamo per ordine. Lega e 5 Stelle erano riusciti ad accordarsi su un contratto di governo, con cose utili e altre utopiche, o dannose , e sul nome di un Primo Ministro. Il Capo dello Stato lo aveva accettato e, se la lista dei Ministri fosse apparsa accettabile, avrebbe dato la sua benedizione al nuovo Esecutivo. Il nodo principale era costituito dal nome di Paolo Savona come Ministro dell’Economia. Nessuno poteva discutere la sua competenza tecnica, ma da tempo veniva esprimendo opinioni estreme circa l’euro. La questione si trascina da tempo, Lega e 5 Stelle avevano parlato di un referendum poi uscito dal testo definitivo del contratto di governo. Conte ha affermato l’appartenenza dell’Italia all’area europea, ma non si è pronunciato sulla moneta unica. La scelta di un Ministro dell’Economia anti-euro sarebbe stata una indicazione esplicita e un chiaro e pericoloso  messaggio all’Europa e ai mercati. Il Presidente  vi si è opposto non certo per difendere un suo astratto potere costituzionale sulla scelta dei Ministri, ma per tutelare quello che ai suoi occhi è interesse di tutti gli italiani e dei loro risparmi.

Dal punto di vista della legittimità istituzionale, ne aveva tutto il diritto. La Costituzione stabilisce infatti che la scelta dei Ministri risulti da una sintesi della volontà del Presidente del Consiglio e del Presidente della Repubblica. Né l’uno né l’altro possono imporli all’altro. Nella sostanza, ha avuto ragione o torto Mattarella a mettere un veto a Savona? Ho scritto più volte che il vero test del nuovo governo sarebbe stato nei rapporti coll’Europa. Non si tratta di un tema secondario, o tecnico. L’appartenenza all’Unione condiziona il nostri futuro e, più da vicino, l’Europa  permette di tenere sotto controllo le finanze pubbliche. Riduce enormemente il peso degli interessi sul debito (che paghiamo tutti noi) e contiene l’inflazione. Chi  è contro, Savona in testa, vuole il ritorno a un’espansione economica dopata con indebitamento o emissione monetaria senza freni, svalutazioni competitive. Tutte cose mortali per un Paese col debito dell’Italia.

Si poteva evitare lo scontro? Sì, se Mattarella avesse ceduto a un diktat contrario alla sua coscienza, o se i partiti, nel rispetto della Costituzione, avessero scelto, come il Capo dello Stato chiedeva, una autorevole personalità della maggioranza, non compromessa su posizioni estreme. E se magari il prof. Savona avesse chiarito pubblicamente il suo pensiero, negando una volontà di avviare l’uscita dall’euro.

Ma Capo dello Stato e partiti hanno scelto, forse al di là della loro intenzioni, una linea di scontro non soltanto politico ma istituzionale e non è dato sapere come andrà a finire questa avventura.

Le richieste di impeachment sono, per ora, pure vociferazioni. L’art,.90 della Costituzione prevede la messa in stato di accusa del Presidente per attentato alla Costituzione, ma la circonda di forti garanzie anche procedurali. La  decisione finale spetterebbe alla Consulta, integrata da 16 cittadini scelti da una lista speciale. Difficile che possa condannare un Presidente che ha agito nel pieno esercizio dei poteri attribuitigli dalla Carta. Politicamente, tuttavia, se si giungesse alla messa in stato di accusa da parte del Parlamento a maggioranza assoluta, indipendentemente dal giudizio finale della Corte, si aprirebbe una situazione di grave crisi tra le istituzioni e nel Paese.

Intanto, l’incarico a Cottarelli tappa per qualche mese un buco istituzionale, ma non politico (si riuscirà a votare la Legge di Bilancio?). Il Governo non avrà la fiducia e quindi si dovrà andare a nuove elezioni, al più tardi in ottobre. Una prospettiva che apre scenari anche peggiori per il Paese (e per lo stesso Presidente).

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