Nipah, il virus che terrorizza l’India

In India, dieci persone sono morte in meno di due settimane per colpa del virus Nipah. Meno conosciuto di Ebola, ha tuttavia un tasso di mortalità equivalente ed è, secondo l’OMS, tra i candidati più pericolosi per la propagazione di una epidemia di dimensioni più vaste.

Dieci morti in meno di due settimane, un centinaio di persone messe in quarantena e villaggi interi isolati dal resto del Mondo. La regione di Kerala, in India, è in stato di allerta da quando è apparso un virus particolarmente virulento: il Nipah. Poco conosciuto in Europa, figura nella top 10 delle malattie suscettibili di creare un’epidemia preoccupante, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). “Il virus Nipah ha un tasso di mortalità simile a quello di Ebola”, afferma la specialista in macromolecole biologiche al CNRS (Centre National de la Recherche Scientifique) Sonia Longhi, in un’intervista a France 24. Uccide, in media, sette pazienti infettati su dieci e alcuni ceppi, ancora più virulenti, sono mortali nel 90% dei casi. “Non esiste un vaccino, né una cura e oggi non possiamo che sperare che una persona contaminata non muoia”, riconosce l’esperta francese.

Questo virus mortale emergente, che appartiene alla stessa famiglia della rosolia, è stato isolato per la prima volta nel 1998 in Malesia, nel villaggio di Kampung Sungai Nipah, da dove ha preso il nome. Porta a gravi  encefaliti e può provocare coma mortali. E’ però innocuo  per il suo ospite naturale, il pipistrello, che può però contaminare anche altri animali, soprattutto i suini di tutte le specie, attraverso saliva e urina. I primi casi di malattia trasmessa all’uomo sono stati infatti riscontrati tra gli allevatori di maiali in Malesia e a Singapore. Il pipistrello apprezza molto anche la linfa di palma. E’ sufficiente quindi che un uomo si arrampichi su un albero di palma, contaminato da un animale portatore, o che ne beva la linfa, per diventare infetto. Questa sembra essere la fonte dell’epidemia  nella regione del Kerala, fino ad oggi esente dal virus Nipah.

La propagazione poi avviene da uomo a uomo: è sufficiente entrare in contatto con un fluido infetto. L’ultima vittima indiana, una giovane infermiera, è stata contagiata mentre curava pazienti affetti dalla malattia. E’ stata salutata dalle autorità come eroina che ha lottato contro la malattia anteponendo il pericolo al suo senso del dovere. Dalla sua prima apparizione alla fine degli anni ’90, il virus Nipah è costato la vita in Asia a 250 persone. Il numero dei decessi può non sembrare altissimo, ma ciò è dovuto proprio alla violenza della malattia che uccide in pochi giorni. I primi sintomi – febbre, sonnolenza, mal di testa, nausea e stato confusionale –  appaiono  tra i 4 e i 18 giorni dal contagio, e la malattia può portare alla morte nel giro di 48 ore. Per via di questa rapidità “il virus dispone di poco tempo per contaminare altre persone”, spiega la ricercatrice del CNRS. L’altro freno ad una propagazione rapida è dovuto alle popolazioni maggiormente esposte: si tratta in maggioranza di allevatori, che vivendo in ambiti rurali  si spostano molto meno dei normali cittadini.

Ma i rischi di propagazione sono comunque reali. Nel 1999, più di un milione di maiali sono stati abbattuti per arginare il virus alla Malesia. Il virus Ebola, fino al 2014, era stato ugualmente confinato in zone remote dell’Africa. Nonostante ciò, è proprio da un villaggio di 31 capanne relegato in un angolo sconosciuto della Guinea che è partita, il 26 Dicembre del 2013, l’epidemia che ha causato la morte di 15000 persone. Una delle più gravi degli ultimi tempi.

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