Cronache dai Palazzi
Si è insediato a Palazzo Chigi il 65° governo della Repubblica, sostenuto da una maggioranza M5S-Lega.
“Si è concluso un complesso itinerario con la formazione del governo”, hanno affermato dal Quirinale. Il presidente Sergio Mattarella durante la lunga crisi, durata ben 88 giorni, ha cercato di preservare il suo ruolo di garante della Repubblica, ricordando di fare delle scelte corresponsabili per difendere una cittadinanza attiva.
Il messaggio di apertura del premier Giovanni Conte è stato a sua volta chiaro ed incisivo: “Lavoreremo con determinazione per realizzare gli obiettivi del contratto di governo”, nel rispetto delle regole dettate dalla Costituzione e nel perimetro del giuramento di fedeltà alla Repubblica pronunciato prima dell’insediamento.
Lunedì il voto di fiducia a Palazzo Madama, dove la maggioranza M5S-Lega ha solo 6 seggi di vantaggio, dopodiché si passerà alla Camera dove i seggi di margine sono invece 31. Partito Democratico, Forza Italia e LeU hanno annunciato il loro voto contrario, mentre Fratelli d’Italia si asterrà anche in funzione del No alla Meloni di Luigi Di Maio. La presenza della leader di FdI all’interno del nuovo governo avrebbe spostato verso destra l’asse del “governo del cambiamento”, aprendo delle discussioni sgradevoli all’interno del Movimento, oltreché complicare l’assetto dei vari ministeri. Ma in FdI ritengono che il loro partito sia stato usato come “arma” nei confronti dei Cinque Stelle per ottenere delle migliori condizioni nella trattazione da parte della Lega.
Si è giunti comunque ad un governo politico, con due vicepremier: Matteo Salvini che sarà anche ministro dell’Interno, e Luigi Di Maio al quale è stato affidato anche il ministero del Lavoro e dello Sviluppo economico. Sottosegretario il leghista Giancarlo Giorgetti. Per quanto riguarda i numeri, nel nuovo governo siedono cinque donne e quindici uomini, sette esponenti pentastellati, sei esponenti della Lega, sei ministri tecnici. Il discusso ministero di via XX Settembre è stato affidato al tecnico Giovanni Tria, preside della facoltà di Economia dell’Università di Tor Vergata. Mentre Paolo Savona gestirà il Ministero per gli Affari Europei. Il professor Savona ha rispettato un inequivocabile silenzio nei giorni che hanno preceduto la nascita del governo Conte, ma una cosa l’ha detta: “il popolo si è ribellato” e occorre dargli una risposta. In effetti nel rispetto dell’interesse nazionale, e all’interno di una cornice di valori e di progetti condivisi, i leader politici sono chiamati a dar delle risposte ai cittadini alimentando il circolo virtuoso della democrazia e favorendo nel contempo il bene comune.
Nello specifico, “evitare gli sbarchi e accelerare le pratiche di riconoscimento”, ma anche il dossier sui beni confiscati alla mafia – “mi piacerebbe metterli a reddito in modo da dimostrare che sono amministrati molto meglio dallo Stato che dalla mafia”, ha dichiarato Matteo Salvini – sembrano essere i primi obiettivi del neo ministro dell’Interno che si è appena insediato al Viminale.
La scelta di Giovanni Tria all’Economia si è rivelata invece decisiva per ottenere il semaforo verde da parte del Quirinale. Giovanni Tria dal 2010 al 2016 è stato anche presidente della Scuola nazionale della pubblica amministrazione e delegato del governo italiano nel board dei direttori dell’Ilo, l’agenzia delle Nazioni Unite sul lavoro. Per quanto riguarda la moneta unica ha dichiarato: “Non ha ragione chi invoca l’uscita dall’euro senza se e senza ma come panacea di tutti i mali”, ma nello stesso tempo sbaglia chi sostiene che la moneta unica sia irreversibile. Sono necessarie scelte e soluzioni condivise in quanto uscire da soli dall’euro “significa pagare solo costi senza benefici”, ha dichiarato Tria in passato al Sole24Ore.
Tra le misure più significative del nuovo governo spicca il reddito di cittadinanza, 780 euro al mese a chi ha perso il lavoro con uno stanziamento complessivo di 17 miliardi. I beneficiari dovranno comunque impegnarsi nella ricerca di un’occupazione. Una misura fortemente voluto dai Cinque Stelle riguardo alla quale si è pronunciato anche il ministro Tria qualche settimana fa, quando non immaginava nemmeno di essere il nuovo ministro di via XX Settembre. “Improbabile che possa configurare una società in cui una parte della popolazione produce e l’altra consuma”, più credibile sarebbe “una indennità di disoccupazione un poco rafforzata”, compatibile tra l’altro con il “più interessante obiettivo della flat tax”, che è tra i cavalli di battaglia del leader leghista. Tria è inoltre del parere che occorre ridurre le tasse ma in maniera prudente senza compromettere il bilancio: “Sarebbe preferibile far partire la riforma con un livello di aliquote che consenta di minimizzare la perdita di gettito, per poi ridurle una volta assicurati gli effetti sulla crescita”.
Per quanto riguarda le tasse sono previste due aliquote al 15 e del 20 per cento per persone fisiche, partite Iva e imprese. Le famiglie potranno beneficiare di una deduzione fissa di 3 mila euro sulla base del reddito, e potrebbe essere messa a punto anche una “pace fiscale” per quanto riguarda la rottamazione delle cartelle inferiori ai 100 mila euro. Per le pensioni l’idea è di superare la legge Fornero introducendo la “quota 100” (somma dell’età del lavoratore e degli anni dei contributi versati) per accedere all’età pensionabile. Uno stanziamento di circa 5 miliardi potrebbe inoltre essere messo a disposizione per agevolare l’uscita dal mondo del lavoro di categorie oggi escluse. Anche per quanto riguarda le pensioni è nota una posizione del nuovo ministro dell’Economia Tria, prudente di fronte ad mera vanificazione delle legge Fornero ricordando che occorre valutare i costi della “correzione”.
In previsione anche misure severe contro corrotti e corruttori, per cui è prevista l’introduzione della figura dell’“agente sotto copertura” e la figura dell’agente provocatore per favorire il venire a galla dei fenomeni di corruzione all’interno della Pubblica Amministrazione.
Tra i provvedimenti più attesi e più annunciati c’è infine la revisione del regolamento di Dublino e quindi il riassetto del ricollocamento obbligatorio dei richiedenti asilo all’interno dei Paesi dell’Ue. Sarebbero favoriti i rimpatri anche con un incremento delle risorse, depotenziando nel contempo gli stanziamenti a favore dell’accoglienza.
In definitiva sono stati tre lunghi mesi di trattative, di nomi annunciati e di nomi bocciati. Tre mesi di crisi che si sono però conclusi con la “soddisfazione” del presidente Sergio Mattarella di aver dato un governo all’Italia proprio a ridosso del 2 Giugno, evitando che la festa della Repubblica fosse “profanata” dalle polemiche. Si è conclusa “una partita assai difficile”, affermano fonti del Quirinale, ma ora occorre solo “senso di responsabilità”, dialogo e negoziazione. In pratica è necessario un governo in grado di rassicurare i mercati e gli investitori ma soprattutto i cittadini italiani e i risparmiatori.
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