Cronache dai Palazzi

Il Consiglio dei ministri ha approvato il cosiddetto “Decreto di dignità”, un decreto legge che contiene diversi interventi soprattutto nel mondo del lavoro e la cui approvazione ha suscitato già molte reazioni.

“Misure urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese” è il titolo completo del decreto che non si è ancora assicurato la bollinatura da parte della Ragioneria generale e non ha ancora ottenuto il via libera del Colle per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Il decreto è composto da 12 articoli. I primi 3 esplicano delle misure per contrastare il precariato. I contratti a termine potranno perdurare per 24 mesi e non più per 36; il primo contratto a termine potrà essere senza causali ma non dovrà superare 12 mesi; eventuali rinnovi (massimo 4 e non più 5) dovranno essere giustificati in base a specifiche causali e ogni rinnovo sarà gravato da un contributo aggiuntivo dello 0,5% sull’imponibile previdenziale, che si somma a quello introdotto dalla riforma Fornero (1,4%).

Secondo Confesercenti sarebbero “633 mila i contratti a tempo determinato in scadenza a fine anno che rischiano di non essere rinnovati”, tra cui 277 mila nel settore del commercio. Nel mirino soprattutto le causali che riguardano il rinnovo dei contratti a termine (“esigenze temporanee e oggettive”; oppure esigenze legate “a incrementi temporanei e non programmabili dell’attività”).  Che tali vincoli contribuiscano a ridurre il precariato non è scontato. In effetti, esaurito il primo contratto a termine libero da causali, le aziende potrebbero non effettuare il rinnovo, bensì procedere con un nuovo contratto impiegando un’altra persona a fare lo stesso lavoro (soprattutto se si è svincolati da particolari professionalità), schivando così eventuali costi aggiuntivi.

“Durante la stagione estiva lavorano nel settore del turismo più di mezzo milione di persone a tempo determinato, che da oggi sono esposte ad una grande incertezza”, ha dichiarato Bernabò Bocca presidente di Federalberghi lanciando l’allarme. “Si illude chi crede che questo provvedimento genererà anche un solo nuovo contratto a tempo indeterminato”, ha aggiunto Bocca.

Per di più il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, ha disposto l’aumento delle indennità a favore del lavoratore assunto con un contratto a tutele crescenti e licenziato senza giusta causa. In questo caso è previsto un risarcimento che può variare tra 6 e 36 mensilità, mentre il Jobs act prevede una forbice tra 4 e 24 mesi di stipendio. In sostanza, secondo gli imprenditori le nuove norme potrebbero scoraggiare le assunzioni a tempo indeterminato e quindi stabili. Anche il settore dell’edilizia, che si affida molto spesso a collaborazioni non stabili bensì temporanee, ha avanzato le proprie riserve. “È a rischio la flessibilità dell’impiantistica e dei servizi di efficienza energetica e facility management”, ha detto Angelo Carlini, presidente di Assistal (Associazione Nazionale Costruttori di Impianti e dei Servizi di Efficienza Energetica). Per Carlini “il provvedimento contribuirà ad accrescere il ricorso al contenzioso e rappresenta un deciso passo indietro”. Reintroducendo le causali si potrebbe tornare ai vecchi standard, mentre le vertenze sui contratti a termine hanno registrato una forte diminuzione negli ultimi anni essendo state solo 1.246 nel 2016 rispetto  alle 8.019 del 2012. Giudicata invece positiva la riduzione da 36 a 24 mesi per quanto riguarda la durata massima dei contratti a termine perché riduce, di fatto, il periodo tra virgolette “di prova”, per il quale tre anni rappresentano forse un eccesso. Nel mondo dell’agricoltura, infine, il ministro Gian Marco Centinaio ha dichiarato: “Reintrodurremo i voucher”.

“In Parlamento si può migliorare il testo sui contratti a termine”, ha affermato Matteo Salvini specificando che “il decreto è un buon inizio” e “il Parlamento cercherà di renderlo ancora più efficiente e più produttivo”. La Lega proporrebbe, nello specifico, un’indennità di licenziamento più contenuta, un aumento limitato dei contributi, una certa rimozione delle causali, un eventuale alleggerimento dei limiti all’uso dei contratti a tempo determinato e la reintroduzione dei voucher in settori specifici legati ad occupazioni non stabili, come il mondo agricolo e il turismo.

“Il Parlamento è sovrano, se le modifiche vanno nell’ottica del miglioramento troveranno il Movimento disponibile al dialogo”, è stata la risposta immediata del leader pentastellato, Luigi Di Maio, di fronte alle dichiarazioni del vicepresidente del Consiglio Salvini. “Se vogliono annacquare le norme che abbiamo scritto, allora saremo un argine”, ha aggiunto e sottolineato  l’altro vicepresidente del Consiglio, Di Maio. Alcune critiche sono arrivate anche dal mondo delle Acli: “L’impegno a contrastare  il precariato è positivo ma resta da valutare l’efficacia delle misure proposte e la necessità di non confondere gli abusi con la necessaria flessibilità del sistema produttivo”. Anche Confindustria ha sottolineato che il decreto potrebbe generare nuove “rigidità, rischio di contenziosi, scarsa flessibilità in ingresso e uscita, dunque nuovi costi per le imprese”. In sostanza non bisognerebbe reintrodurre ulteriori elementi che potrebbero scoraggiare la creazione di posti di lavoro stabili.

“È giusto arginare le delocalizzazioni, il gioco d’azzardo e la ludopatia e mettere mano alla precarietà con modalità che decideremo in Parlamento”, ha dichiarato il ministro Salvini. La stretta sui giochi è la parte del provvedimento che ha fatto meno discutere, introducendo il divieto di pubblicità di giochi e scommesse. Norma apprezzata anche dalla Conferenza episcopale ma criticata dal mondo del calcio e dalla Lega Basket, dalle imprese pubblicitarie  e dalle multinazionali del gioco.

Sul fronte della salute sono state scritte invece nuove regole per i vaccini, rispettando due regole fondamentali: prevenzione e semplificazione. Due parole chiave sulle quali si è basato l’intervento del ministro della Salute Giulia Grillo, in occasione del question time a Montecitorio. Interpellata sui vaccini obbligatori per l’accesso a scuola – per la presentazione dei documenti da allegare all’iscrizione per l’anno scolastico 2018-19, in sostanza per l’autocertificazione, c’è tempo fino ai primi di settembre – la ministra ha spiegato che non ci sarà “una semplice misura temporanea, ma un insieme di accorgimenti che rendano più pacifico e meno conflittuale il rapporto tra cittadino e istituzioni sanitarie e scolastiche”.

Il ministro della Salute ha inoltre annunciato l’arrivo di una proposta di legge, ora in fase di preparazione in Parlamento e iniziativa delle due Camere, per discutere se e come modificare l’obbligatorietà, in sostanza se applicarla in modalità diverse da quelle ora in vigore (ora i vaccini sono 10), riservando ad esempio alle Regioni un margine di autonomia per mettere in pratica iniziative specifiche sul territorio. “Il diritto all’inclusione costituisce la stella polare per la nostra attività in materia”, ha sottolineato la ministra Grillo che ha ribadito il doppio obiettivo del governo: “Da una parte, alleggerire gli oneri ricadenti sulle famiglie senza che vengano in alcun modo compromesse le positive finalità di prevenzione che vanno riconosciute alle vaccinazioni; e, dall’altra, di consentire a tutti i minori di poter frequentare gli asili nido e le scuole dell’obbligo”. La revisione dell’obbligo vaccinale è uno dei punti fermi del Contratto di governo gialloverde anche se, nonostante gli innumerevoli sforzi – messi in campo anche dal governo precedente con la legge Lorenzin – in Italia si continuano a verificare dei casi di morte a causa del morbillo: secondo l’Istituto Superiore di Sanità dal 1° gennaio al 31 maggio 2018 sono stati registrati oltre 1.700 contagi e quattro decessi.

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