Profeti del No e poeti inascoltati

In quel capolavoro che è “The sound of silence”, canzone sentita e forse poco ascoltata, proprio come dicono gli autori, Simon e Garfunkel concludono che le parole dei profeti si trovano scritte sui muri delle metropolitane e negli atri dei condomini. Immagine sicuramente dura, ma che nel 1965, in un’America piena di movimenti e idee, ha un senso ben preciso e, anche con il senno di poi, si comprende che cosa volesse dire. In momenti di forte fermento e contestazione era ovvio che molte voci dovessero trovare espressione fuori dal coro e dai sistemi di informazione tradizionale dove non sarebbero certo state accolte né tantomeno ascoltate.

In Italia abbiamo avuto anche noi poeti e profeti non ascoltati e che dovrebbero essere riletti e riscoperti che hanno portato avanti le loro idee in maniera sempre coerente ma che, per le modalità scelte o per avere individuato un pubblico particolare sono passati quasi inosservati. In particolare mi riferisco a Gianni Rodari e Sergio Endrigo. Il primo, sempre, si è rivolto ai bambini con le sue poesie cercando non solo di portare avanti i propri insegnamenti in maniera divertente ed educata, inserendo anche che un pizzico di ironia nelle sue poesie e nei suoi racconti; il secondo, non solo mettendo in musica proprio i testi di Rodari, si è spesso rivolto ai bambini per portare un messaggio sempre positivo. Endrigo non è solo l’autore di brani come “Io che amo solo te”, “Canzone per te” o “Via Broletto” (che sembra anticipare De André), ma anche un attento osservatore della realtà, probabilmente il primo vero cantautore italiano insieme a Nanni Svampa che portò in Italia Georges Brassens.

Endrigo in un momento della sua carriera mise in musica le canzoni di Gianni Rodari e il risultato purtroppo oggi non rende giustizia ad un’operazione cui parteciparono anche Ungaretti e Vinicius de Moraes con musiche di Luis Bacalov.  Oggi fa piacere quindi riascoltare non solo i suoi classici, ma fermarsi a riflettere su semplici filastrocche come “Ci vuole un fiore”, che nella sua semplicità da una risposta adatta all’età di un bambino per un quesito non proprio semplice che parte dal dilemma, che cosa serve “Per fare un tavolo…”. Ma forse è più opportuno fermarsi su un’altra canzone, apparentemente meno impegnata ma che sembra già presagire quella che è diventata la vita di molti. E’ la storia di un signore di Scandicci che buttava le castagne e mangiava i ricci. Aveva poi un amico, a Lastra a Signa, che buttava i pinoli e mangiava la pigna, un cugino a Prato, che buttava la stagnola e mangiava il cioccolato, fino ad arrivare, con molti altri simili protagonisti, al compare di Barberino, che mangiava il bicchiere e buttava il vino. Rodari e Endrigo concludono con un “memo” che farebbe bella figura su un post-it da leggere ogni giorno prima di uscire di casa: Tanta gente non lo sa e quindi non se ne cruccia, la vita la butta via e mangia soltanto la buccia”.

Ma è su un altro testo che viene voglia di soffermarsi e consigliarlo non solo ai bambini, ma anche a molti politici veri o improvvisati tali. E’ una canzone che racconta la storia di alcuni personaggi, ad esempio di una vecchietta che non poteva mangiare perché aveva solo carne, frutta, dolci, uova, pane, pesce e baccalà. Insieme a lei un ballerino che non poteva ballare perché aveva solo i palcoscenici e teatri più famosi: la Scala, l’Opera, il Bolscioi e la Fenice. Poi il poveretto che non poteva bere perché aveva solo vino, grappa, cioccolato, latte caldo e tazze di te. Si aggiunge alla lista anche lui stesso, che non poteva cantare, perché aveva solo un coro, trombe, tromboni, clarinetti, sette orchestre, mille timpani e così via.

La conclusione? Io non ci sto ne “Il paese del No”. È questo il titolo del testo che sembra rievocare una situazione oggi molto ricorrente, quella del No a prescindere. Una situazione che viene troppo spesso usata solo per ragioni ideologiche, di mero tornaconto personale o semplicemente per andare contro. Il No nudo e crudo forse nasce dai primi referendum degli anni 70, quando era la parola d’ordine contro il sistema, o forse già prima. Ma oggi è il momento di rivederla e riflettere pensando che un No demagogico può produrre non pochi danni. Terminiamo allora ottimisticamente sempre con Endrigo e lasciamoci portare dalla “nave che partirà, come l’arca di Noè, anche se non sappiamo dove arriverà”. Ma ricordiamo che nello stesso testo, il cantautore ci ricorda anche “che fatica essere uomini”.

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