Di nuovo l’Alto Adige
La mia generazione ricorda bene le diatribe post-belliche sull’Alto Adige. Sembrava che la questione fosse stata regolata per sempre, e con saggezza, dagli accordi De Gasperi-Gruber del 1946, che riconoscevano la sovranità italiana ma attribuivano grande autonomia e diritti agli abitanti di lingua tedesca; ma l’accordo lasciava all’Austria una facoltà di controllo sull’attuazione dei nostri impegni e Vienna se ne servì per condurre per anni una politica di ingerenza e di protesta, giungendo fino a ricorrere contro di noi all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che però le dette torto. Erano anni in cui un certo irredentismo ferveva in Alto Adige, con qualche attentato e un’atmosfera pesante per gli abitanti di lingua italiana (un terzo circa della popolazione). Poi, col passare dei decenni, le cose sono andate via via calmandosi. L’Alto Adige è diventato una delle zone più ricche (oltre che delle più civili e organizzate) del Paese e d’Europa, in gran parte grazie al turismo di origine italiana.
Ho passato molte estati in Val Gardena e non mi è parso mai di riscontrare animosità nei nostri confronti o divisioni di fondo tra gli abitanti. Ognuno parla la propria lingua, ma l’italiano è parlato da tutti ed ovunque, specie tra quelli legati al turismo o al commercio. Tutti gli impegni sul bilinguismo, la riserva di quote, l’autonomia amministrativa etc. sono stati adempiuti e la politica locale pare ben inserita in quella nazionale. Non per niente, al momento dei negoziati per l’entrata dell’Austria nell’Unione Europea (nel 1992) chiedemmo e ottenemmo da Vienna un “satisfecit” che permetteva di considerare la questione veramente chiusa.
A riaprirla è venuto ora il Governo di estrema destra del giovane Kurz, con un’iniziativa sconsiderata e inutile, quella di concedere la cittadinanza austriaca agli abitanti di lingua tedesca e ladina, che viene a turbare le acque e a ricreare artificialmente il problema, per il beneficio elettorale di un pugno di neo-nazisti.
La Farnesina ha reagito con insolita ma benvenuta durezza a questa provocazione. È difficile tuttavia immaginare come si potrà fermare le intenzioni austriache (che dopotutto, formalmente, riguardano un fatto di sovranità interna) se non, forse, con contromisure (ad esempio privare della cittadinanza italiana quelli che ottenessero quella austriaca) che sarebbero odiose e poco sostenibili: oltretutto, noi stessi riconosciamo la cittadinanza italiana ai nostri compatrioti che risiedono all’estero e hanno la cittadinanza di altri Paesi. Forse si può trovare una soluzione negoziata che limiti la portata eversiva dell’iniziativa viennese. Ma pare difficile nel clima attuale, specialmente se continuiamo a offendere e alienare quelli che sono i nostri amici e alleati naturali e in un caso del genere, come la Cancelliera Merkel, possono svolgere azione calmante (ma perché dovrebbero fare un favore a Salvini o alla Meloni?). Su questi punti, sarebbe comunque grato sentire la voce del Capo dello Stato e magari del flebile Capo del Governo..
Ma tutto questo è la puntuale dimostrazione di qualcosa che ho scritto più volte: le alleanze tra nazionalismi sono false e precarie, nella loro stessa natura i nazionalismi sono destinati a mettersi in conflitto tra loro. Già sta avvenendo e avverrà ancora di più e a lungo se non riflettiamo alla realtà e non scegliamo di ritornare finalmente alla strada del buon senso e delle alleanze naturali.
Nel 1992, da Direttore Generale degli Affari Economici della Farnesina, partecipai attivamente ai negoziati per l’ingresso dell’Austria nell’UE (e per questo ricevetti persino un’alta decorazione austriaca). Non me ne pento. A quell’epoca sembrava la cosa giusta da fare e nulla faceva presagire che ci saremmo trovati in un’atmosfera di intolleranza e nazionalismi in conflitto, che augura molto male per il futuro europeo e nostro, se nessuno cambia corso. Tutt’al più, se le cose si avvelenano, posso sempre restituire la decorazione, ma dubito che questo impressioni molto il giovane Kurz.
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