Giappone, cercasi donne Ministro
Abe aveva promesso di dare ampio spazio alle donne nel Governo. Purtroppo non è stato così. La nuova squadra non conta che una sola donna con la carica di Ministro. Cerchiamo di capire cosa sia successo.
Ennesimo rimpasto di governo per il Primo Ministro giapponese Shinzo Abe. E se nei precedenti governi si era sforzato di affidare fino a cinque portafogli a delle donne, questa regola oggi si è infranta. Non rimane ormai che una sola donna Ministro, Satsuki Katayama, e con un dicastero neanche tanto importante (si occupa di regioni, della parità uomo-donna e dell’occupazione femminile). Eppure, Abe era tornato al Governo nel 2012 pieno di buone intenzioni e risoluzioni, tra le quali la ferma volontà di essere l’uomo che avrebbe “creato una società dove le donne risplendono”. Ma è stato sfortunato: tre delle nominate nelle precedenti squadre hanno dovuto dare le dimissioni, una per aver comprato dei cosmetici con i fondi ottenuti per finanziare la sua campagna elettorale, l’altra per aver stampato la sua effige su dei ventagli e la terza in seguito all’insabbiamento di alcuni rapporti su una missione di soldati giapponesi in Sudan.
“E’ vero che le donne in politica non sono numerose in Giappone ed è un problema che non rappresentino che il 10% dei parlamentari”, afferma Kyoko Morisawa, rappresentante del comune di Tokyo. Ma “è triste vedere che più gli anni passano più il numero di donne al Governo scende, tanto che viene da chiedersi se il Primo Ministro sia sincero quando dichiara voler incoraggiare l’attività delle donne”, scrive nel suo blog. Di fronte alle critiche che sono cominciate a volare, Abe ha immediatamente parato l’attacco: Satsuki Katayama ha una tale personalità e un temperamento così forte che si aspetta “che lavori impiegando l’energia di due o tre persone”! Per tentare di dimostrare la sua buona fede, ha tuttavia nominato cinque donne vice-ministro. Ciò non rappresenta però che il 20% di dicasteri.
Abe potrebbe cercare nella società civile, ma questa pratica non fa parte dei costumi locali. In effetti la Costituzione non solo afferma che almeno la metà dei ministri debbano essere nominati tra gli eletti o tra le elette del Parlamento, ma il Primo Ministro Abe è anche prigioniero del gioco delle proporzioni tra le differenti fazioni dell’elefantiaco Partito liberal-democratico (PLD) che presiede. E questo restringe moltissimo le possibilità di scelta. Su 19 ministri, 12 arrivano nel Governo per la prima volta in vita loro. L’opposizione si diverte a fare battute ironiche del tipo “Abe smaltisce le scorte” o “saldi prima delle liquidazioni”, visto che è il suo ultimo mandato in assoluto a capo del Paese. Lui che ama tanto gli slogan e le metafore, questa volta ha paragonato il suo Governo ad una squadra di baseball (sport molto amato in Giappone).
Come è consuetudine ad ogni rimpasto, nella concitazione post nomina tutti i ministri hanno organizzato una conferenza stampa, cosa che non gioca sempre a loro favore. E’ così che il novello Ministro dell’Istruzione, Masahiko Shibayama, ha avuto l’onore della cronaca dei giornali per aver dichiarato che pensava “ assolutamente possibile che si ispirasse in parte al Rescritto imperiale sull’educazione (documento prebellico utilizzato nella formazione dei giovani soldati), adattandolo ai giorni nostri, per le lezioni di morale nelle scuole”. “Errore colossale e totalmente fuori dal tempo”, ha affermato indignato il capo del Partito Socialista. Succede regolarmente che delle riviste nazionaliste o politiche dello stesso campo affermino voler riabilitare quel testo abrogato dopo la Seconda Guerra Mondiale, ma che un Ministro dell’Istruzione appena entrato in campo osi evocarlo suscita lecite domande sulle linee guida che verranno prese.
Se molti dubbi nascono per le sorti del Paese e sulle competenze del nuovo Governo, non ci sono dubbi invece sul fatto che le persone scelte da Shinzo Abe condividano la sua ambizione assoluta: la revisione della Costituzione dettata dagli americani nel 1946 e che non è stata emendata una sola volta dalla sua entrata in vigore nel 1946.
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