Corea, Nord e Sud verso una lingua comune
I coreani del Nord e del Sud parlano la stessa lingua, ma molte parole non hanno lo stesso significato al di qua e al di là della frontiera. Si è quindi deciso di lavorare ad un dizionario comune, simbolo di una normalizzazione delle relazioni tra i due Paesi.
Il riavvicinamento tra le due Coree passa anche dalla lingua. Seul ha annunciato lo scorso 9 Ottobre, che a breve ci sarebbe stata la ripresa di riunioni tra i due paesi, con l’obiettivo di arrivare alla stesura un dizionario comune. La cosa potrebbe sembrare un fatto puramente aneddotico. Ma questo progetto è un atto di vera diplomazia, che mira al miglioramento dei rapporti tra Nord e Sud e al quale si lavora dal 2005. Ufficialmente, i due Stati condividono la stessa lingua, fondata su uno stesso alfabeto, chiamato hangul al Sud e chosongul al Nord. Ne vanno talmente fieri – prima della sua adozione nel XV° secolo i coreani utilizzavano i caratteri cinesi – che ogni anno celebrano “il giorno dell’alfabeto”, il 9 Ottobre al Sud e il 15 Gennaio al Nord.
70 anni di divisione hanno però creato una frattura linguistica, e gli studiosi stimano che attualmente almeno il 40% delle parole di uso comune non hanno lo stesso significato ai due lati della frontiera. E’ inutile chiedere in coreano ad un abitante di Pyongyang se paga le tasse perché questa parola non esiste al Nord. Non ci sono neanche “disoccupati” o “senza fissa dimora” in Corea del Nord. Per quanto riguarda il termine “dong-mu”, indica gli amici d’infanzia al Sud mentre dall’altra parte della zona demilitarizzata evoca “compagni che hanno vissuto insieme la rivoluzione comunista”.
Per i linguisti, queste differenze mettono in luce sia l’influenza ideologica del regime sul quotidiano dei nordcoreani, che la permeabilità della società sudcoreana alla cultura anglosassone. Nel 2002, l’Istituto Nazionale Coreano del Linguaggio aveva evidenziato più di 24000 anglicismi nella lingua utilizzata al Sud. Tutti termini che non hanno nessuna possibilità di arrivare alle orecchie di un nordcoreano per il quale tutto quello che arriva dagli Stati Uniti viene considerato come il male assoluto. Un dissidente nordcoreano che cerca rifugio al Sud passa solitamente al suo arrivo da un’istituzione pubblica sudcoreana, che lo sensibilizza sull’importanza degli anglicismi, sottolinea il sito di notizie online Korea Exposé. Dal 2015 esiste anche un’applicazione per smartphone che da ai dissidenti l’equivalente in coreano tradizionale di centinaia di parole arrivate dall’altra parte del Pacifico.
Il progetto di un grande dizionario comune mostra la volontà di superare queste differenze culturali nella speranza tornare ad essere “un Paese unito come quando il Re Sejong aveva inventato l’hangul (nel 1446)”, ha dichiarato Lee Nak-yeon, Primo Ministro coreano, il 9 Ottobre scorso. E’ questo sogno di riunificazione che aveva spinto Seul ad aprire il cantiere nel 2005. Da allora, e per dieci anni, i due Paesi hanno passato molto tempo a cercare definizioni comuni per almeno 330000 parole. Ma la ripresa, nel 2015, delle sperimentazioni balistiche nucleari da parte di Pyongyang e il conseguente degrado delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi hanno portato la Corea del Sud a sospendere i lavori.
Un’altra preoccupazione, più repentina, può spiegare perché il progetto torni sotto i riflettori della scena diplomatica. La normalizzazione delle relazioni tra le due Coree implica anche una ripresa della cooperazione economica, ma è proprio in campi fondamentali degli scambi commerciali come l’industria e la tecnologia che le differenze linguistiche sono più forti. I linguisti che hanno partecipato ai negoziati tra il 2005 e il 2015 affermano che il 70% dei termini tecnici sono diversi per i due Paesi. Il dizionario non sarebbe quindi solo utile in caso di una eventuale riunificazione, ma può esserlo soprattutto in caso di ripresa degli affari.
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