Foulematou, #MeToo versione Guinea
Se la campagna mondiale #MeToo non è stata di forte impatto in Africa, la lotta della guineana Foulematou, che si batte da tre anni contro la violenza sulle donne, gli somiglia moltissimo.
Un anno dopo il debutto del movimento #MeToo, l’onda d’urto mondiale non ha raggiunto l’Africa, tanto meno la Guinea, Paese di origine della giovane Foulematou, attivista per i Diritti delle donne. Tuttavia, la sua lotta contro i matrimoni forzati nel suo Paese assomiglia sorprendentemente alla campagna lanciata nell’Ottobre del 2017 con l’obiettivo di denunciare le violenze sessuali subite dalle donne. Dall’alto dei suoi 20 anni, Foulematou si erige come paladina dei diritti delle giovani donne del suo Paese. Con due amiche, ha fondato nel Febbraio del 2016 il Club delle ragazze leader di Guinea per combattere contro la violenza sessuale, che colpisce una guineana su due, così come i matrimoni forzati, che riguardano una minore su due. “Abbiamo tutte delle storie personali che ci hanno indignate e ci hanno spinte ad agire”, afferma la giovane donna. Oggi, il club conta 200 membri in tutto il Paese, tutte ragazze comprese tra gli 11 e i 24 anni. Foulematou è convinta che l’hashtag #MeToo avrebbe molta eco e ha già pronto lo slogan: “Denunciare non è un crimine”. Lo scorso 29 Novembre, è stata invitata a Parigi dove ha preso la parola all’Assemblea nazionale nel quadro di una tavola rotonda alla quale hanno partecipato alcuni parlamentari e diversi ragazzi sul tema “I bambini e i giovani, attori dei loro diritti”. Il messaggio che ha lanciato è chiaro: “i giovani vanno coinvolti nella stesura dei testi di legge che li concernono”.
Foulematou aveva solo 11 anni quando ha perso sua madre. Per via dell’indigenza nella quale viveva con il padre e la sorella minore, è stata costretta a lasciare la scuola privata che frequentava per passare ad un istituto pubblico. Fino al compimento del suo quindicesimo anno deve anche lavorare per far fronte alle necessità della famiglia. “Quando mio padre ha scoperto che ero incinta, racconta, mi ha cacciata di casa. Ho vagato per le strade per una settimana”. Né la famiglia del padre di suo bambino. Né quella di sua madre accettano di accoglierla. “Ho finito per contattare una compagna di classe, che mi ha invitata a casa sua. La sua famiglia mi ha accolta e dato un tetto”, prosegue. Finisce la scuola con il miglior voto della sua classe e prende il BEPC (certificato di conclusione della scuola dell’obbligo) con menzione. Poco dopo nasce il suo bambino. Determinata come mai, la giovane donna affida il piccolo a dei vicini per poter continuare gli studi. “Andavo a trovarlo durante la ricreazione per allattarlo. Poi tornavo in classe”, ricorda la giovane mamma, che vede anche nascere il suo impegno a favore dei diritti delle donne. Oggi studentessa di Storia delle relazioni internazionali a Conakry, si adopera nei confronti delle ragazze che aspettano un figlio, affinché non abbandonino gli studi. “Quando scopri di essere incinta, tutti puntano il dito su di te, è quindi più facile decidere di rimanere a casa”, sottolinea.
Le gravidanze precoci sono la pesante conseguenza dei matrimoni prematuri e forzati. Più del 40% delle giovani guineane tra i 20 e i 24 anni hanno avuto un figlio prima dei 18. L’attivista si batte anche per facilitare l’accesso al planning famigliare nelle regioni più arretrate del Paese e a sensibilizzare i ragazzi in età scolastica nell’uso dei preservativi. Foulematou incontra le famiglie delle ragazze incinte per raccontare loro la sua storia. “Qualcuno mi ha vista parlare alla televisione o mi hanno sentita alla radio, e questo mi aiuta ad avere la loro fiducia, osserva. Se volete che vostra figlia sia come me, lasciatela andare a scuola”, fa presente ai genitori con i quali entra in contatto. Oggi, Foulematou è orgogliosa per aver impedito che quattro ragazze rimaste precocemente incinte lasciassero la scuola. Una di loro ha preso il BEPC, le altre si stanno impegnando per farlo, quando in Guinea l’80% delle donne è analfabeta. Appoggiata da l’ONG specializzata nei diritti dei bambini Plan International, il Club delle ragazze leader di Guinea si batte anche contro i matrimoni combinati, assolutamente vietati dal Codice penale della Guinea. Ora, questa usanza colpisce ancora oggi una minore su due. “Con la nostra presenza sui social e con la pubblicazione dei nostri numeri di telefono, facciamo appello a tutti affinché questi abusi vengano denunciati”, sottolinea Foulematou. In dieci mesi, l’associazione ha impedito 15 matrimoni combinati. “Se il matrimonio non è consumato, i genitori firmano un impegno per rispettare la legge”, commenta. “Se è troppo tardi, ricorriamo all’Ufficio per la protezione del genere, del bambino e del buon costume per salvaguardare l’integrità della famiglia che interpella il marito e il padre di famiglia”.
La mentalità tende ad evolversi, anche se con inevitabili difficoltà da superare. Il Ministero della Salute guineano ha pronti dei corsi di educazione sessuale sa inserire nei programmi scolastici. “La diatriba sull’età alla quale bisogna cominciare questo corsi ritarda il loro inizio”, spiega Foulematou. Le cose stanno cambiando anche all’interno della sua famiglia: dopo aver preso la maturità la ragazza ha ripreso contatto con il padre, che oggi si occupa del nipotino per permetterle di continuare l’università”. Oggi è fiero di me, dice sorridendo la giovane donna, simbolo di speranza di tante donne africane.
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