Il dramma del Venezuela
Il successore di Chavez, Nicolás Maduro, ha iniziato il 19 gennaio il suo secondo mandato di presidente del Venezuela. Si è così aperta per quello sfortunato paese una nuova tappa di una vicenda tragicomica che dura ormai da anni. La gestione populista-bolivariana di Chavez prima e di Maduro poi ha spinto il paese in una crisi economico-sociale acuta e crescente: inflazione incontrollabile, corruzione diffusa, scarsezza di viveri, medicine e altri generi di consumo, povertà diffusa ed esodo massiccio di venezuelani verso i paesi vicini, crescente isolamento internazionale.
Lo scontento popolare si era manifestato in diverse elezioni, locali e parlamentari, che avevano visto la vittoria delle opposizioni, però lo scorso anno Maduro è riuscito a farsi rieleggere, con un’elezione che tutta l’opposizione e gran parte della Comunità internazionale hanno denunciato come truccata e quindi illegittima. Ora, all’inizio del secondo mandato di sei anni, il Parlamento venezuelano, dove l’opposizione ha la maggioranza, ha dichiarato Maduro illegittimo. Stati Uniti, UE e 14 paesi latinoamericani si sono rifiutati di riconoscere il suo governo, e tra questi l’Argentina e il Brasile. La situazione di Maduro è dunque chiaramente difficile, ma è presto per dire come andranno a finire le cose. Il Parlamento è stato svuotato di ogni effettivo potere da un’Assemblea Costituzionale convocata da Maduro. Questi dispone ancora della lealtà del massimo organo giudiziario e, finora, delle Forze Armate. Può cadere per fattori interni od esterni, o per una combinazione dei due. Occorrerebbe però che le Forze Armate lo abbandonassero. Più arduo immaginare un intervento militare esterno. Solo gli Stati Uniti potrebbero condurlo, ma è molto difficile pensare che vogliano mettersi su un cammino incerto e rischioso. Naturalmente, Maduro approfitta dell’ostilità americana, accusando Washington di aver causato la crisi economica venezuelana e sarebbe ben felice di poter far ricorso all’orgoglio internazionale di fronte a un attacco o minaccia militare.
Sul piano internazionale, se l’avversione americana e ora quella del neo-presidente brasiliano Bolsonaro (da non sottovalutare) sono elementi importanti, per essere efficaci dovrebbero spingersi sino a un vero boicottaggio economico (per esempio un embargo sugli acquisti di petrolio, da cui l’economia venezuelana dipende). Va inoltre segnalato che Russia e Cina, la prima soprattutto, sono vicine al regime bolivariano e lo hanno aiutato concretamente.
Insomma, lo sbocco della crisi è tutt’altro che scritto. La chiave, come talvolta succede in America Latina, sta probabilmente nelle mani di qualche generale venezuelano, che dovrà decidere se prolungare un regime che certamente favorisce in tutto e per tutto le forse armate, ma porta alla miseria e al discredito del paese.
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