Un popolo di indignati

Indigniamoci ma per cose serie. Invece il trend recente è quello di indignarsi scatenando fiumi di parole odiose o comunque negative per alcune sciocchezze.

Mi viene in mente la storia della figlia del mafioso che ha aperto un ristorante a Parigi e lo ha chiamato con il nome di una cittadina tristemente nota per fatti di mafia. Apriti cielo! Il sindaco è andato a destra e manca a ribadire lo sdegno sdegnato suo e dei suoi concittadini. Questa indignazione ha prodotto solo che adesso la figlia del mafioso rimuoverà il suo nome da questo ristorante, nel frattempo diventato famosissimo e già meta di italiani in vacanza nella bella città. Non ci si poteva indignare diversamente? In modo pacato magari con una semplice letterina dell’avvocato? No, se non ti indigni sui media non vale. Magari adesso qualcuno commenterà “penso a tutte le vittime del padre”. Ma lei non ha mai avuto a che fare con gli affari di cosa nostra, si è sempre dissociata da queste storie così drammatiche. Ma non vale lo stesso, le colpe dei padri ricadono sui figli.

Se invece decidiamo di indignarci davvero dovremmo protestare per la decisione di non dare più le monetine raccolte nella Fontana di Trevi alla Caritas. Le gestirà il Comune – help! – insieme ad ACEA che le raccoglierà materialmente. Probabilmente andranno per la manutenzione e il decoro.

E qui mi domando, quale decoro? Perché togliere alla Caritas un indotto importante? Come potranno supplire a questa mancanza? La Caritas è un grandissimo aiuto per i poveri e gli emarginati dalla città; chi ha avuto questa brillante idea? Ecco che mentre combattiamo la mafia sotto i nostri baffi si aggiustano le vecchie liti, si compiono le piccole vendette, si danneggiano davvero gli ultimi.

E indignatevi pure, ne avete facoltà.

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