Siria, il pesante tributo dei Curdi
Nel suo ultimo rifugio situato vicino alla frontiera irachena, l’Isis, con 2000 uomini, porta avanti una violenta battaglia che infligge gravi perdite alle forze curde.
E’ una battaglia feroce nel corso della quale i Curdi subiscono pesanti perdite. Nella notte del 7 Gennaio, 23 di loro sono morti vicino ad Hadjine, l’ultima roccaforte siriana in mano al sedicente Stato Islamico alla frontiera con l’Irak. Un colpo inflitto in seguito ai raid che l’Isis pianifica ogniqualvolta il meteo si mostra favorevole. Ossia pessime condizioni del tempo. Ora, quel giorno, era in corso una tempesta di sabbia che impediva agli aerei delle forze occidentali di alzarsi in volo per coprire l’attacco dall’alto. Ed è proprio quello il momento che i kamikaze hanno scelto per lanciarsi all’assalto delle postazioni delle Forze democratiche siriane (FDS), le truppe arabo-curde appoggiate da Washington.
All’alba, queste hanno potuto riguadagnare il terreno perso, ma l’attacco notturno evidenzia una realtà: l’Isis porta avanti una battaglia spietata. I suoi effettivi? 2000 uomini, tra i quali molti stranieri, trincerati nei villaggi di al-Chaffa e al-Soussa, posti sulle rive dell’Eufrate. Due piazzeforti invase da mine e perforate da una moltitudine di tunnel. Lo scorso anno, Abou Bakr al-Baghdadi, il leader dell’organizzazione, risiedeva proprio ad al-Chaffa. Impossibile affermare se vi si trovi ancora o se è fuggito in direzione dell’Irak. Ma questo poco importa perché la morsa si stringe comunque. In Dicembre, Hadjine, la località adiacente posta a nord, è stata riconquistata dopo tre mesi di combattimenti.
L’Isis vede anche cadere i suoi dirigenti. Osama Owayed al-Aaleh, un uomo vicino a Baghdadi, è stato catturato dall’FDS. Tra le catture degli ultimi giorni, quelle di cinque stranieri: due pachistani, un irlandese e due americani, uno dei quali laureato in Scienze Politiche all’Università di Houston. Prigionieri che andranno a raggiungere gli 800 stranieri già detenuti nelle carceri curde. Prova che la guerra portata avanti da quattro anni contro il sedicente Stato Islamico non è finita, nonostante le dichiarazioni di Donald Trump, impaziente di ritirare le sue truppe.
Rimane da capire se i tre o quattro mesi evocati dagli Stati Uniti come data di partenza saranno sufficienti per sradicare le ultime cellule di un Isis che fa sempre più pensare a un’Idra di Lerna in chiave moderna. Ciò non è affatto sicuro. Di fronte alla resistenza, la coalizione non fa che intensificare i bombardamenti: 950 in dicembre, 650 il mese precedente. A Hajidine, ha dovuto colpire la moschea per sbarazzarsi dell’ultimo manipolo di jihadisti rifugiatisi all’interno. Le forze speciali britanniche e francesi moltiplicano a loro volta le operazioni a fianco dei Curdi. Due membri dei SAS (commando britannico) sono stati feriti durante l’ultima offensiva dell’Isis. Pertanto, Washington potrebbe decidere di prolungare la sua presenza. “La campagna anti Stato Islamico continua e il nostro impegno in favore della stabilità in Medio Oriente rimane intatto”, ha sottolineato il capo della diplomazia americana Mike Pompeo. Un piccolo gesto di conforto al cuore dei curdi che, dallo scorso Settembre, hanno perso 600 combattenti.
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