Internet, apoteosi dell’analfabetismo funzionale?
Come molte altre notizie o anniversari, è passato di sfuggita quello dell’istituzione della tassa sul celibato. Il 13 febbraio 1927, veniva infatti imposta dal regime fascista una tassa volta ad incrementare i matrimoni e, di conseguenza, il numero dei figli per ogni famiglia. Provvedimento che puzza di anacronistico, di regime e oggi decisamente ai confini del ridicolo; ma in un’epoca e in un contesto in cui l’economia era ancora prettamente agricola, in cui si dovevano ripopolare le neo bonificate paludi pontine e sopperire con l’autarchia al fabbisogno nazionale, era una scelta del tutto logica. Venne quindi imposto il pagamento di un’imposta progressiva che i single (o all’epoca meglio definiti scapoli) avrebbero dovuto corrispondere alla neo istituita Opera Nazionale Maternità e Infanzia.
L’abolizione della tassa sul celibato su uno dei primi provvedimenti del Governo Badoglio subito dopo il 25 luglio del 1943. Interessante per chi volesse documentarsi su questa bizzarra imposta, cercarla su Google, il portale di ricerca più usato al mondo, forse l’unico ormai, e aprire la prima pagina di Wikipedia dove, in poche righe, vengono semplicemente riferiti i concetti di cui all’incipit di questo articolo. Conclusione per l’Homo Googlis? Si tratta di una tassa fascista. E tutti gli altri risultati che appaiono nel motore di ricerca, vale a dire articoli che ne parlano, non mancano di porre in evidenza l’aggettivo “fascista”.
A quanti verrebbe in mente di arrivare alla fine della prima pagina e leggere la parola Augusto per chiedersene la ragione? Oppure quanti sono quelli che, per semplice curiosità facessero un click sulla pagina della stessa Wikipedia in inglese sull’argomento? Chiunque lo facesse potrebbe però stupirsi che la versione inglese di quella che sembrerebbe essere un’italianissima imposta di stampo fascista era stata istituita nell’antica Roma dall’imperatore Augusto con la lex Papia Poppea citata anche negli annali di Tacito? Tralasciamo per il momento che la tassa sul celibato ha trovato applicazione anche in Inghilterra, Stati Uniti, Germania e Sud Africa per varie ragioni e in determinati periodi, e continuiamo a cliccare per tornare alle pagine in Italiano sullo stesso argomento e ci rendiamo conto che, anche a proposito di provvedimenti legislativi dell’antica Roma, le pagine inglesi dicono molto di più che non quelle in Italiano.
Wikipedia è un’enciclopedia libera e gratuita, sulla quale chiunque può scrivere e nessuno dovrebbe avere la presunzione di considerarla quindi la fonte assoluta del sapere. Il punto è che, purtroppo, per molti lo è e, quindi, si accontentano di un sapere di primo approccio, molto spesso incompleto e, talvolta, fuorviante. Quello del caso sulla tassa sul celibato ne è forse uno degli esempi più evidenti, ma cercando ve ne sono molti altri. Basta cercare tra le biografie di qualche personaggio storico o anche importanti economisti contemporanei (ad esempio il caso di Thomas Sowell), sono solo menzionati o brevemente descritti, a differenza di giovanissimi calciatori o cantanti la cui vita e ogni singolo avvenimento è minuziosamente descritto.
È il limite del web. La massa di informazioni che si trovano oggi in rete è impressionante e impossibile da seguire quotidianamente. È forse il prezzo da pagare al “troppo.” Ma è un prezzo pesante che viene pagato da tutti coloro che, pur volendo andare oltre la prima pagina, si scontrano con la massa di chi si limita a questa e non vuole o riesce ad andare oltre. Mentre in passato chi volesse sapere non si fermava certo ad una prima definizione, o comunque consultava perlomeno un’enciclopedia (la cui scrittura non era certo demandata a volontari), oggi basta un click e l’Homo Googlis si sente investito del sapere e della più assoluta conoscenza. Che non manca poi di sbandierare a chiunque, nella sua assoluta e tracotante certezza che la prima parte di una definizione trovata su Google sia la verità.
Si tratta probabilmente dell’ABC per quello che viene chiamato, anche ormai nel linguaggio comune, analfabeta funzionale, un soggetto la cui incapacità di usare gli strumenti cognitivi si manifesta nel quotidiano fino al punto di non rendersi conto se l’informazione di cui entra in possesso sia vera o falsa, con ogni conseguenza.
Sono state avanzate già ipotesi di collegamenti tra queste figure e contesti socio economici di disagio e che possono sfociare anche in pesanti collegamenti con crimine e povertà. L’Homo Googlis oltre ad essere quindi già un pericolo per sé stesso, lo può divenire anche per la collettività. Magari quando a causa delle sue convinzioni, adeguatamente promosse e divulgate, lo portano a controllare una massa di altri analfabeti funzionali come lui.
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