Cronache dai Palazzi
Reddito di cittadinanza e Quota 100, provvedimenti finanziati con la legge di Bilancio del 30 dicembre, sono regolati da un decreto legge del 28 gennaio che però è ancora a Montecitorio e aspetta di essere convertito in legge. Un altro cavallo di battaglia della maggioranza gialloverde (della Lega in primis) è poi l’Autonomia differenziata ma sono ancora in corso le trattative con le tre regioni interessate, e finora sono state fatte 85 riunioni. La questione principale è il bilanciamento dell’autonomia, in pratica l’autonomia concessa ad alcune regioni non deve ledere l’autonomia delle altre. Inoltre la commissione bicamerale incaricata di valutare gli oneri derivati dall’Autonomia differenziata è ferma, perché l’esecutivo deve ancora riferire. Il ministro Tria “avrebbe dovuto fornire risposte sulla copertura finanziaria dell’Autonomia differenziata”, ha affermato il vicepresidente della bicamerale Vincenzo Presutto, specificando che “per ora è saltata la madre di tutte le audizioni”.
In Commissione la ministra per gli Affari regionali, Erika Stefani (Lega), ha spiegato che l’acquisizione di funzioni da parte di alcune Regioni (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte) è “a saldo zero”, ma il Mef sembra avanzare dei dubbi a proposito dell’assenza di costi per l’Autonomia differenziata: “Non è chiaro se l’eventuale maggiore onere conseguente all’applicazione delle intese sia a carico delle rimanenti Regioni (con possibilità di ricorsi) o della fiscalità generale (con la necessità di ‘rinvenire le coperture finanziarie’)”, è stato scritto nella nota inviata alla bicamerale dal coordinamento legislativo dell’Economia.
Per i pentastellati l’Autonomia differenziata “non è una priorità, prima ci sono cantieri e lavoro”, mentre lo è per i leghisti. Si attende comunque che in Parlamento venga sciolto il nodo sulla emendabilità delle intese governo-regioni.
Nel frattempo si sta consumando un ennesimo scontro all’interno della maggioranza sulla scia della Nuova Via della Seta. Dall’Alta velocità (vicenda rinviata a dopo le Europee di maggio) si è passati agli accordi con la Cina e martedì prossimo il premier Conte riferirà in Parlamento a proposito della visita del presidente cinese Xi Jinping.
Palazzo Chigi ha annunciato che la prossima settimana saranno varate “alcune norme che rafforzeranno la Golden power, al fine di tutelare ancor più efficacemente gli interessi strategici del nostro Paese”. Il governo ha assicurato che il memorandum Italia-Cina “non è in discussione”, anche se la maggioranza risulta alquanto divisa. “Quando sono in ballo la sicurezza e la sovranità nazionale occorre molta prudenza: amici di tutti, colonia di nessuno”, afferma la Lega. In generale le distanze sugli accordi tra Roma e Pechino sono evidenti. “Gli accordi commerciali vanno benissimo. Però, bisogna anche capire se gli investimenti cinesi non sono colonizzazione”, ha dichiarato Matteo Salvini. Il leader leghista ha citato inoltre la questione delle infrastrutture della telefonia mobile, spiegando che “anche i Servizi di sicurezza nella loro audizione hanno sottolineato che il controllo delle reti sono un oggetto della sicurezza nazionale”. In pratica “va bene il business, ma per il business non puoi dare in cambio le chiavi di casa”.
Sono circa 50 gli accordi in fase di negoziazione, in corso tra Italia e Cina, in questi ultimi giorni, 29 quelli fra enti pubblici e ministeri italiani e le controparti cinesi. Si tratta di accordi tra le due dogane, il reciproco riconoscimento delle patenti di guida, scambi universitari e accordi tra Fondazioni, intese su ricerca spaziale, televisione (è coinvolto anche il servizio pubblico), informazione. Ma la questione più delicata riguarda gli accordi tra le imprese private o partecipate dell’Italia e quelle cinesi. In questo momento sono 21 le intese in fase di contrattazione e sono coinvolte Enel, Terna, Fincantieri, Snam, Sace, Cdp e i due più grandi gruppi bancari italiani, Unicredit e Intesa Sanpaolo. La delegazione di Pechino guidata dal presidente Xi Jinping arriverà a Roma e gli accordi saranno firmati nei ministeri, ma anche a Villa Madama e in parte a Palazzo Barberini (accordi culturali).
L’Ue ha a sua volta escluso una eventuale invasione di campo da parte della Cina, sia in Italia che negli altri Paesi, puntualizzando: “Gli Stati membri non possono negoziare accordi in contraddizione con la legislazione europea, per questo non siamo preoccupati, la politica commerciale è una competenza Ue, quindi gli Stati membri non possono limitare i nostri margini di manovra”. Il governo di Pechino auspica invece che l’Unione europea sia “oggettiva” e “razionale”, e che riesca a vedere “maggiori opportunità nello sviluppo cinese”. Lo ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino Lu Kang, il quale ha inoltre sottolineato che “la Cina vede la relazione con l’Ue da un punto di vista strategico e di lungo periodo…ed è pronta a lavorare con l’Unione per aumentare la fiducia reciproca”. Per quanto riguarda la competizione tra i due Paesi, infine, la Cina esclude ogni forma “di rivalità e di scontro”. La penetrazione geopolitica appare comunque quasi inevitabile e conseguenziale, ciò che del resto lamentano le opposizioni evocando la “svendita” dell’Italia alla Cina.
L’Europarlamento ha infine approvato una risoluzione denunciando Russia, Cina, Iran e Corea del Nord, in quanto rappresentano “la principale fonte di disinformazione in Europa”. Per il Parlamento di Strasburgo si tratta di azioni pesanti “che cercano di minare o sospendere i fondamenti e i principi normativi delle democrazie”.
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