Revenge porn, la punta dell’iceberg
Premesso che la corretta traduzione della parola revenge dall’inglese è “vendetta”, il nuovo reato introdotto nel Codice penale prevede e punisce la condotta di chiunque “dopo averli realizzati o sottratti”, diffonda video sessualmente espliciti. Pene decisamente rilevanti; per quella detentiva i minimi e massimi edittali sono esattamente il doppio di quelle previste per il furto. L’unanimità bulgara con cui è stato approvato l’emendamento che introduce l’art. 613 ter nel Codice Penale, dimostra come si avvertisse la necessità di questa norma che identifica una fattispecie impossibile da contemplare quando venne redatto il codice penale, in un’epoca in cui non era certo semplice ipotizzare i progressi tecnologici e il pessimo uso che ne potesse fare.
Molto probabilmente sulla rapida approvazione dell’emendamento ha inciso la vicenda che ha visto coinvolta una parlamentare che non il suicidio di una ragazza nel 2016; quello di Tiziana Cantone è probabilmente il caso più eclatante e utilizzato dalla stampa per portare alla luce una problematica che, è bene ricordare, muove dalla libertà individuale e dalla violazione della privacy di una persona. Una persona che ha erroneamente deposto la propria fiducia in qualcuno che non ha esitato a tradirla in maniera a dir poco meschina, esponendola
Il Revenge porn (ormai ci adattiamo a chiamarlo così) è l’evoluzione negativa del sexting, lo scambio di immagini piccanti tramite le applicazioni di messaggistica istantanea tra fidanzati o anche tra semplici sconosciuti; pratica sempre più diffusa, anche se non si ha una relazione. E in questi casi, le foto scambiate in chat, possono diventare virali sui gruppi WhatsApp in pochissimi secondi.
Interessante, e chissà se vi aveva pensato il legislatore, come nella fattispecie del Revenge Porn si possa anche tentare di far rientrare lo scambio di screenshot di conversazioni particolarmente intime o piccanti: sempre di immagini in questo caso si tratterebbe.
In ogni caso stiamo parlando di comportamenti che sono nati dopo la diffusione di internet e della possibilità per chiunque di disporre di uno strumento che, in tempo reale, permette di catturare immagini e metterle nella disponibilità dell’intero popolo della rete. Oltre metà dell’umanità, ivi inclusi soggetti che dovrebbero essere decisamente protetti.
Andando a vedere questi comportamenti e i reati che ne sono derivati, ci rendiamo conto che si tratta in ogni caso di comportamenti che traggono origine dal semplice bullismo che, on line, diventa il cyberbullismo, triste fenomeno che ha portato al suicidio non pochi adolescenti additati per essere, ad esempio grassi, gay, brutti.
La rete ha offerto a malintenzionati grandi possibilità ed enormi spazi dove poter agire e, in questo, la possibilità di agire in assoluto anonimato rende più difficoltose anche le possibilità di intervento da parte delle forze dell’ordine per identificare chi, effettivamente, sia dietro la tastiera in quel momento. Se poi, come spesso accade, gli autori di phishing, furti di identità o dati, grandi o piccole truffe, si trovino in Ukraina o Siberia, ovvero in uno stato del Corno d’Africa, è intuitivo come aumentino anche le possibilità di impunità.
E’ verosimile che altri interventi legislativi, volti a coprire quei vuoti che, ovviamente, il codice penale dovesse presentare, possano susseguirsi a breve. Si pensi alla creazione di false identità o gemelli virtuali rese possibili da chi, con troppa disinvoltura, non esita a inondare i propri profili social con informazioni, notizie personali, fotografie e altri elementi che lo identificano e espongono a rischi che possono coinvolgere anche la sua famiglia. Il Digital Kidnapping, vale a dire la creazione di un gemello virtuale di un bambino, è resa possibile spesso dalle stesse madri che non esitano a rendere pubblico ogni avvenimento del proprio figlio.
In ogni caso la previsione di questa nuova figura di reato ci si augura possa operare anche come deterrente nell’utilizzo di immagini o video che ritraggono momenti di intimità di quella che forse era una coppia, e comunque spesso ottenute con il pieno consenso, per un fine illecito che non muova solo da fini economici ma, appunto, solo dalla malsana intenzione di vendetta di un partner lasciato o tradito.
Decisamente opportuna, in ogni caso, è stata la decisione di non insistere nei nuovi provvedimenti adottati dal Governo, sulla castrazione chimica. Indipendentemente dai problemi che incontra quotidianamente la maggioranza, l’insistenza con cui si voleva introdurre una sanzione che stride fortemente con i principi costituzionali in materia non solo di pena, ma anche di trattamenti sanitari, era decisamente fuori luogo.
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