Cronache dai Palazzi

“Non ci saranno manovre correttive”. L’ho ha ribadito il ministro dell’Economia Giovanni Tria, “molto contrario” inoltre a una patrimoniale tanto da escluderla. Il titolare dell’Economia ha più volte tratteggiato il percorso del governo verso la prossima legge di Bilancio, ossia la manovra autunnale con la quale evitare l’aumento dell’Iva, garantire al ceto medio un eventuale calo delle tasse e, nel contempo, assicurare la tenuta dei conti pubblici anche in vista del resoconto da presentare a Bruxelles.

“Con questo Def abbiamo voluto dare il messaggio di stabilità, nel senso che intanto il quadro macroeconomico è completamente condiviso con tutte le istituzioni. Il deficit strutturale rimane quello che avevamo stabilito”, ha spiegato Tria in un’intervista televisiva. A proposito di flat tax e clausole di salvaguardia (per evitare l’aumento dell’Iva), il ministro dell’Economia ha precisato: “Il problema è che si tratta di adottare scelte politiche, considerando i vincoli esistenti. La maggioranza di governo è contraria ad un aumento dell’Iva e al tempo stesso vuole una riforma fiscale nella direzione della flat tax”. Evitare un aumento dell’Iva comporta però cercare di recuperare circa 23 miliardi. “Io – afferma Tria – sono per lo spostamento dell’imposizione sui consumi, piuttosto che sui redditi perché più favorevole alla crescita”.

A proposito della flat tax a favore del ceto medio il ministro dell’Economia esprime inoltre la sua fiducia: “Una correzione della progressività delle aliquote che penalizzano i ceti medi è una riforma che io mi sento di sostenere appieno. Per me concettualmente va bene. Ovviamente – spiega Tria – si deve mantenere quella progressività  che è anche nel dettato costituzionale”.

L’aliquota unica al 15% per i redditi fino a 50 mila euro, proposta dalla Lega, avrebbe un costo di 12 miliardi ma Tria preferirebbe il criterio della progressività.  Si potrebbe procedere “con una serie di deduzioni e immaginando un’area no tax, se il livello di reddito e molto basso”, ha affermato il ministro spiegando che “quando parliamo di flat tax, una cosa è un’aliquota fiscale, un’altra è arrivarci progressivamente, diminuendo progressivamente il numero delle aliquote fiscali”.

Il quadro macroeconomico resta comunque complicato e Tria ammette: “Noi quest’anno stimiamo una crescita dello 0,2%, ma questo implica una crescita sostenuta già al secondo semestre dell’anno altrimenti non si può raggiungere questo livello”. Però nonostante sia in atto “un rallentamento importante, in Italia, in Europa e in alcune aree del mondo”, secondo il ministro dell’Economia “non siamo in recessione” e “si spera in segnali di ripresa nel secondo semestre”.

In effetti la produzione industriale ha smesso di scendere negli ultimi due mesi dando segnali di ripresa. Anche l’Upb, l’Ufficio parlamentare di bilancio, ha registrato un modesto ma significativo miglioramento e prevede “una variazione congiunturale del Pil dello 0,1%, spinta prevalentemente dalla ripresa della manifattura”. In sostanza sembra che il Paese si stia riprendendo anche se i ritmi della ripresa non sono sostenuti. “L’attività economica avrebbe recuperato nei primi mesi dell’anno solo lievemente”, spiega l’Upb.

Nel contempo lo scarto tra i rendimenti dei titoli di Stato italiani e quelli tedeschi, nonostante sia sempre piuttosto rilevante, sembra sia diventato più stabile da quando il governo Conte ha instaurato un dialogo a proposito di bilancio con la Commissione europea, a partire dal mese di dicembre 2018.

Il ministro Tria di fronte agli ennesimi richiami di Bruxelles, e del Fondo monetario internazionale, ci ha tenuto a precisare che “in Italia c’è un rallentamento dell’economia di pari misura che in Germania”, dato che in questo frangente sono colpiti “di più i Paesi manifatturieri e più aperti alle esportazioni, quali la Germania e l’Italia”. Di fronte ai richiami del commissario UE Pierre Moscovici, che ha invitato l’Italia a rispettare gli impegni presi, il ministro Giovanni Tria ha prontamente risposto: “Noi rispetteremo gli accordi con la Ue sul deficit strutturale. Forse raggiungeremo un risultato leggermente migliore”. I primi di maggio l’Unione europea pubblicherà le nuove stime.

In questo frangente il governo italiano ha annunciato meno tasse ma, nello stesso tempo, occorre trovare le coperture necessarie. La Lega ipotizza un intervento sull’Irpef, l’imposta sui redditi delle persone fisiche, in nome di una flat tax: una sorta di aliquota “piatta”, che abbia la funzione di ridurre la pressione fiscale, quantificabile nel 15% del reddito da lavoro. Andrebbero inoltre conservate deduzioni e detrazioni di cui beneficiano alcuni soggetti. L’offerta dovrebbe interessare tutti gli italiani che denunciano un reddito tra i 15 mila e i 50 mila euro, tra i quali vi sono 12, 1 milioni di contribuenti fra i 15 mila e i 26 mila euro, in pratica coloro che avevano beneficiati del bonus da 80 euro introdotto dal governo Renzi nel 2014. Ed ancora 8,5 milioni che denunciano fra i 26 mila e i 50 mila euro.

Coloro che versano tra i 15 mila e i 26 mila euro, in pratica il ceto medio italiano, sono i contribuenti portanti, che tengono in vita l’intero sistema. Costoro fanno entrare nelle tasse dello Stato circa 110 miliardi l’anno di gettito Irpef. Per applicare ogni tipo di flat tax occorre tuttavia tenere sotto controllo il bilancio dello Stato, quindi entrate e uscite, e il deficit pubblico cercando di non farlo esplodere.

Le famiglie che vorrebbero beneficiare della flat tax dovrebbero rinunciare a tutte le detrazioni e deduzioni  elargite dallo Stato. Ma quanto valgono tali agevolazioni? Se si sommano gli assegni familiari, circa 1,8 miliardi, il bonus Renzi 8,9 miliardi, e altri tipi di sgravi, si raggiunge la soglia di 11 miliardi. Per coprire Reddito di cittadinanza e Quota 100 ne servirebbero circa 50 mila nei prossimi due anni. “Dobbiamo ripartire”, ha affermato il ministro Tria ribadendo che non vi saranno manovre correttive, semmai degli aggiustamenti di natura quantitativa, mentre Quota 100 è una misura temporanea, triennale per l’esattezza.

Privatizzazioni (non del tutto realizzate), spending review, tagli all’interno dei ministeri, limatura dei benefici: la caccia alle risorse è già iniziata. In definitiva occorre trovare le coperture per non aumentare l’Iva ma anche per sostenere le cosiddette “politiche invariate”, e si tratta di “coperture di notevole entità”, come si legge nel Documento di economia e finanza. Si prevede quindi una manovra autunnale molto consistente, uno degli interventi più pesanti degli ultimi anni. Le  “politiche invariate” (ad esempio finanziamento delle missioni internazionali di pace, rinnovo del contratto del pubblico impiego, investimenti pubblici) comportano un esborso non indifferente (3,2 miliardi per il solo 2020), si tratta di elementi che ancora non si è deciso di finanziare ma che vanno comunque conteggiati, soprattutto se si riferiscono a scelte ineludibili.

Christine Lagarde, dal Fondo monetario internazionale, chiede all’Italia misure “credibili” che trasformino le buone intenzioni dell’esecutivo Conte in risultati concreti. Ignazio Visco rileva che Reddito di cittadinanza e Quota 100 “avranno un effetto” supportando la domanda aggregata “ma potrebbero non aiutare la produttività”, in un Paese la cui crescita “anemica” è un “problema strutturale”. Tuttavia “in Europa l’economia è in frenata, ma ancora non siamo vicini a una recessione”, ha affermato Visco.

Il vicepresidente della Commissione UE, Valdis Dombrovskis, invece, addebita al governo di Roma la responsabilità del fatto che l’Italia abbia subìto il “rallentamento più pronunciato” tra tutti i Paesi dell’eurozona. In definitiva, il Fondo monetario internazionale, richiedendo all’Italia “misure credibili”, riconosce le difficoltà nel trovare un equilibrio fra l’attuazione di riforme strutturali per sostenere la produttività e la riduzione del debito senza aggravare il rallentamento economico.

Il decreto crescita (misure fiscali, incentivi per le imprese, anche rimborsi ai truffati delle banche), il pacchetto di misure approvato dal Cdm circa 15 giorni fa, che dovrebbe incoraggiare l’economia in questo periodo di stagnazione, slitta nel frattempo a maggio.

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