Conte e la Libia
Il Premier Conte (lo ha rilevato anche il Corriere della Sera) comincia a prendersi sul serio. Dieci mesi a Palazzo Chigi gli hanno dato una certa sicurezza. Gli hanno fatto capire che c’è uno spazio per lui, non solo quando si tratta di mediare tra le posizioni della Lega e dei 5Stelle, ma quando ci sono problemi al di fuori del “contratto di governo” e quindi della normale dialettica interna alla maggioranza.
La Libia è uno di questi. E Conte, sin dal primo giorno della crisi provocata dall’avanzata delle milizie di Haftar su Tripoli, si è collocato al centro della scena, avocando a sé la condotta della linea italiana. È giusto e benvenuto che sia il Capo del Governo a condurre in prima persona la nostra politica in una vicenda così importante per noi, i nostri interessi economici, la nostra sicurezza, sottraendola alle normali beghe partitiche. La stessa opposizione dovrebbe riconoscergliene il merito. Quanto alla linea scelta, appare legittimo riservare un giudizio. Con un certo realismo, Conte pare essersi discostato dall’appoggio pieno e inqualificato a Sarraj, che era stato costante con il precedente governo. Però non ha fatto il salto fino ad appoggiare Haftar. Nelle dichiarazioni alla stampa rese a Pechino, ha dichiarato di essere in sostanza equidistante (“nè con Sarraj, nè con Haftar, ma col popolo libico”). Ha sostenuto che la soluzione militare non è una soluzione, e invocato una soluzione politica.
È il mantra di sempre, equilibrato in apparenza, ma è realistico? Una soluzione politica (cioè un accordo tra Tripoli e Bengasi, magari con in vista elezioni generali a fine anno), è possibile se ambedue le parti lo accettano, o se c’è una poderosa forza esterna che lo impone. Può darsi che Haftar vi si pieghi, se la situazione militare non gli è favorevole (ne dubito). Ma le vere forze esterne, quelle serie, mi paiono schierate a favore del generale: Egitto, Turchia, Arabia Saudita, Francia, presumibilmente Russia e, da ultimo, con una non inattesa giravolta, gli Stati Uniti. Basta l’Italia, sia pure con la sponda dell’ONU, a contrastare uno schieramento del genere? Conte ha detto di volerne parlare con Putin, dubito che abbia trovato reale appoggio,al di là di qualche frase amichevole, ed è saggio mischiare sempre di più i russi in una vicenda che è soprattutto nostra? E intanto che farà il Governo? Accetterà la richiesta di ritirare l’Ospedale Militare da Misurata per sottolineare la sua equidistanza?
Lavorare per una soluzione politica va bene; ma se essa fallisce, abbiamo un piano B, per preservare i nostri interessi in caso di vittoria di Haftar? Ho scritto in una precedente nota che non giudicherei questa un grande male: la Libia, come molti paesi arabi, per vivere in pace e sicurezza, ha purtroppo bisogno di un leader forte, sorretto da Forze Armate organizzate; e penso che non dovremmo del tutto mancare di carte da giocare con Haftar, se non ci percepisse come un nemico. La domanda attuale è: abbiamo un canale aperto con lui?
In conclusione, non sarebbe giusto criticare quello che ha fatto Conte finora (né credo che l’opposizione abbia ragione di farlo, e del resto i suoi attacchi si concentrano sull’isolamento attuale dell’Italia, che è innegabile ma speriamo non decisivo, non sulla linea seguita). Però, alla fine, a determinare se una politica è giusta o sbagliata è il fatto che abbia successo o no. Ed è presto per saperlo.
©Futuro Europa® Le immagini utilizzate sono tratte da Internet e valutate di pubblico dominio: per segnalarne l’eventuale uso improprio scrivere alla Redazione