Il discorso di Trump

Avevo appena scritto quello che, a malincuore ma in buona fede, pensavo del comportamento da statista di Putin a Roma (e fatto un irriverente paragone con Trump) e poi la sera del 4 luglio mi è toccato sorbirmi tutto intero o quasi il discorso del Presidente americano in occasione della Festa dell’Indipendenza. Non so davvero perché RaiNews abbia ritenuto di doverlo trasmettere durante venticinque minuti di orologio, con traduzione. È un mistero! Non mi era mai accaduto di ascoltare il discorso di un leader straniero (e neppure italiano, a parte il saluto del Capo dello Stato il 31 dicembre).

Ma pace se Trump avesse detto cose nuove, sensate, utili a chi lo ascoltava. Per carità! Il discorso è stato una lunga e sconclusionata infilata di luoghi comuni, di vanterie, di sbruffonate. Abbiano saputo che gli Stati Uniti non sono mai stati più forti di adesso, che la Guardia Costiera ha fatto un grande lavoro, che la bandiera americana sventolerà su Marte, e cento altri stentorei proclami. Il tutto, con atteggiamenti del corpo, espressioni del viso, contrazione delle mascelle, che ricordavano il Duce dei momenti meno felici dal balcone di Piazza Venezia.

Davvero, il contrasto con Putin è impietoso. Ci sarebbe da pensare che chi ha messo in scena lo spettacolo trumpiano (e chi lo ha rifilato agli ascoltatori della Rai), sia un sottile specialista della tanto vantata guerra psicologica russa.

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