Cronache dai Palazzi

Autonomia, pace fiscale, Flat tax, la questione immigrazione. Sono questi i temi caldi di un’estate politica bollente e turbinosa. Il governo rema comunque dritto verso l’autunno e sembra schivare anche eventuali prossime elezioni, dato che dal 20 luglio non sarebbe tecnicamente possibile organizzare le urne per settembre.

La squadra di Palazzo Chigi capitanata dal premier Conte prosegue il suo percorso e il ministro Salvini, a proposito di migranti, lamenta il fatto di essere stato lasciato solo nella gestione del flusso, anche mediatico, della complicata situazione nel Mar Mediterraneo, rivolgendosi in primo luogo a Tria e Trenta. È così iniziato un botta e risposta all’interno dell’esecutivo tantoché il premier ha ammesso che “sono questioni complesse e nessuno può pensare di poterle risolvere da solo una volta per tutte. Il fenomeno dell’immigrazione richiede l’azione coordinata di tutto il governo e il ricorso a tutte le competenze. I Paesi europei ci contestano il problema dei movimenti secondari e anche questo è un aspetto da non trascurare”.

Per l’ennesima volta Conte ha quindi chiamato in causa l’Unione europea, in quanto non si può riservare a Roma la risoluzione di certe incombenze che comportano una crisi epocale: “Sono sempre più convinto che il fenomeno dell’immigrazione vada affrontato in sede europea, attraverso meccanismi europei. È impensabile che un Paese come il nostro, che abbia dei confini soprattutto marittimi, possa fare da solo di fronte a emergenze del genere”.

In sostanza “occorre quella solidarietà europea che ho invocato da subito”, ha affermato il premier. Per di più in momento in cui le istituzioni Ue rinnovano i propri vertici “dovremo tornare a insistere coordinandoci più che mai per perseguire l’obiettivo di una gestione europea dei flussi”, ha puntualizzato Conte.

A proposito del braccio di ferro parlamentare tra Lega e M5S sul decreto Sicurezza bis il capo del Governo boccia sia i superpoteri eventualmente concessi al Viminale sia multe esorbitanti da riservare alle Ong. Tutto ciò in seguito al confronto duro tra ministri – come quello tra Interno e Difesa – in seguito al caso della comandante Carola Rackete. La ministra Trenta sembra aver ritenuto un errore l’uscita dalla missione Sophia. Per di più è subentrato il fenomeno delle piccole imbarcazioni, a quanto pare “più insidiose delle ong da contrastare” in quanto si tratta di traffico illegale.

“È evidente che il problema delle piccole imbarcazioni è più complicato. Dobbiamo aggiornare tutte le nostre iniziative in materia di cooperazione con i Paesi da cui originano i flussi”, ha dichiarato il presidente del Consiglio. In pratica il premier ha ribadito che “serve coordinamento per gestire le operazioni di controllo delle nostre acque e delle nostre coste e per rendere efficaci i meccanismi di redistribuzione, nei Paesi europei, dei migranti che riescono a sbarcare”.

Per quanto riguarda l’Autonomia delle Regioni del Nord la riforma dovrebbe essere portata a termine prima della chiusura estiva, come vorrebbero tra l’altro i governatori di Veneto e Lombardia, ma questo appare per ora un traguardo non raggiungibile. Per i grillini il tema non è tanto l’Autonomia quanto il fatto che “la Lega vuole alzare gli stipendi al Nord e abbassarli al Sud”, ha affermato Di Maio, e per il premier Conte occorrerebbe “introdurre strumenti di salvaguardia solidaristici per evitare che l’Italia, come dire, si slabbri”. “Questo è un sabotaggio”, ha dichiarato a sua volta il vicepremier Salvini, infuriato con i colleghi della maggioranza di governo. E il premier ha ribadito che “le autonomie si fanno ma stando attenti a salvaguardare l’unità del Paese e la Costituzione”.

L’autonomia delle Regioni è uno dei punti fermi del programma leghista. Ai referendum del 2017 hanno votato sì i cittadini di Lombardia e Veneto. Oggi il progetto delle autonomie coinvolgerebbe inoltre anche l’Emilia Romagna. L’Autonomia risulta essere poi uno dei cardini del contratto di governo tra Lega e M5S ma nel corso dei mesi passati a Palazzo Chigi, alla guida dell’esecutivo, i rapporti tra i due azionisti della maggioranza si sono chiaramente allentati su alcuni punti essenziali, tra cui l’Autonomia che i grillini hanno contrastato a più riprese, rifiutandosi di approvarla in virtù di evidenti “tutele per il Sud”.

“Ci attaccano sull’Autonomia per coprire i fondi russi. Ma io non permetterò mai di far scendere gli stipendi dei lavoratori del Centro e del Sud – ha annunciato il vicepremier grillino Luigi Di Maio – io voglio aumentarli a tutti e per questo sto lavorando al salario minimo. La Lega lo voti senza perdere altro tempo”. Anche la candidata alla presidenza della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, ha dichiarato che si batterà per difendere il salario minimo: “Lo metterò nell’agenda del collegio dei commissari ogni volta che il Parlamento Ue voterà una proposta legislativa con maggioranza assoluta dei suoi membri”.

Cinque Stelle e Lega non condividerebbero nemmeno la visione sulla pace fiscale. A proposito dell’annuncio del condono inserito nella legge di Bilancio dello scorso anno il capo pentastellato sembra sbarrare la strada agli alleati di governo. “Sulle tasse ho sentito parlare di strani condoni. Il Movimento di condoni non ne farà mai”, ha dichiarato Di Maio aggiungendo: “Troviamo assurdo che quando si parla di tasse il primo pensiero di qualcuno sia fare regali ai grandi evasori. Per noi i grandi evasori vanno in carcere”.

Nel Movimento si distinguono comunque anche posizioni meno rigide a proposito di pace fiscale come ad esempio quella del viceministro dell’Economia, Laura Castelli, che lo definisce un “tema trasversale” a patto che “nessuno s’inventi strani condoni o operazioni di libertà”.

Dalla pace fiscale potrebbero per di più essere ricavate delle risorse per sostenere la prossima legge di Bilancio, una questione che preme all’intero governo. Spunta inoltre anche il taglio del cuneo fiscale che dovrebbe tra l’altro favorire le imprese aggravate dall’applicazione del salario minimo (i Cinque Stelle vorrebbero fissarlo a nove euro l’ora per ogni dipendente e co.co.co a prescindere dall’attività svolta, dal settore produttivo e dal contratto collettivo applicato). In quota Lega il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon puntualizza: “Abbiamo buttato giù alcune idee ma l’accordo ci sarà solo se l’operazione sarà a costo zero per le imprese. Già oggi l’Italia ha il più alto costo del lavoro, e non possiamo gravare ancora sulle imprese, specie su quelle piccole e medie”. In sostanza la Lega mirerebbe a ridimensionare le spese delle aziende e i grillini vorrebbero incrementare la busta paga dei lavoratori.

A proposito di Flat tax, infine, servirebbero circa 15 miliardi per poterla attuare e Salvini esclude l’aumento anche solo parziale dell’Iva. Per il ministro dell’Economia Giovanni Tria, invece, dovrebbero essere applicati i cosiddetti tagli alla spesa. L’abolizione del bonus degli 80 euro di Matteo Renzi porterebbe sul tavolo di Palazzo Chigi circa 9,5 miliardi, e oltre alla famigerata “spending review” si dovrebbe agire anche sulle ‘tax espenditures’, ossia le innumerevoli detrazioni che caratterizzano il sistema fiscale italiano. Se tutto ciò non dovesse bastare un eventuale aumento dell’Iva, anche se solo parziale, sarebbe però quasi inevitabile, anche se il governo tende ad allontanare quest’ultima ipotesi per non gravare sulle tasche dei cittadini.

Uno studio della Uil rivelerebbe inoltre che l’ipotesi di una Flat tax a tre aliquote, circolata in questi giorni, favorirebbe solo pochi lavoratori dipendenti e pensionati. Con un reddito ad esempio di 30mila euro si risparmierebbero 41 euro al mese, mentre con un reddito di 20mila al massimo 15 euro. Solo i redditi superiori a 100mila euro (appena l’1,18 % dei dipendenti e dei pensionati) potrebbero beneficiare di un maxisconto di oltre tremila euro.

In verità, invece, la Flat tax – la cosiddetta “tassa piatta” – sembra essere stata pensata come una tassa unica con un’aliquota al 15 per cento per le famiglie fino a 50mila euro di reddito, con lo scopo di lasciare più soldi nelle tasche dei cittadini, tentando di ridurre il nero – che rappresenterebbe circa il 27% del Pil (contro la media europea del 22%) e ben 132 miliardi di Irpef non pagata – potenziare i consumi e stimolare la crescita con una tassazione più bassa e diffusa.

Dato fondamentale, infine, è che aderendo alla Flat tax il contribuente rinuncia alla rosa di vantaggi di detrazioni e deduzioni che per alcuni corrispondono ad un importo significativo, come per le spese mediche, per le attività sportive, per le collaboratrici domestiche e si rinuncia ovviamente anche alle detrazioni per figli e coniugi a carico. Ogni famiglia potrà in pratica decidere con quale regime pagare le tasse scegliendo tra il vecchio col le aliquote Irpef e il nuovo con la Flat tax. Dal punto di vista delle coperture, secondo i tecnici del Mef l’operazione Flat tax avrebbe un costo di circa 50 miliardi di euro che potrebbero scendere a 25 miliardi se il provvedimento fosse riservato alle famiglie con redditi fino ai 50mila euro.

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