In ferie da cosa?

È passato poco più di un anno dalla tragica, prematura scomparsa di Sergio Marchionne, il manager che ha salvato e rilanciato la FIAT, oggi FCA e, a parte il ricordo, oggi risuona il suo messaggio lanciato ad un convegno alla Bocconi. In ferie da cosa? Ovviamente Marchionne parlava dell’azienda di cui aveva da poco preso le redini, ma il suo discorso dovrebbe far riflettere un momento il sistema paese che continuiamo a vivere e con cui conviviamo, per chiederci se è ancora attuale o se, forse, qualcosa dovrebbe essere rivisto.

I giornali in questi giorni hanno dato ampio spazio alle immagini dei due vice premier che si sono esibiti sulle spiagge italiane con fidanzate e cubiste; Salvini, perlomeno dal suo punto di vista, ha svolto un minimo di attività sotto forma di propaganda elettorale mirata ad un pubblico su cui fanno presa discorsi semplici e concetti banali. Ma l’immagine che hanno dato di loro non è certo delle migliori, al punto di far rimpiangere i politici della cosiddetta Prima Repubblica, e viene da chiedersi, guardandoli, insieme a Marchionne, in ferie da cosa?

Ma i due leader dei partiti di governo, sono lo specchio dell’Italia: di un sistema e un modo di vivere che si è fermato agli anni del Boom in cui ancora qualcuno si illude di vivere o di voler ripercorrere. Ma non sono più gli anni in cui gli italiani firmavano cambiali o usavano le rate per comprare la macchina e il frigorifero. Era il sistema delle Tre Emme, che fu oggetto di contestazione del 68: Moglie, Mestiere e Macchina. Dopo il passaggio da un’economia agricola a quella industriale, era normale che gli italiani si adagiassero sul benessere, e le vacanze in agosto, mese caldo e tradizionalmente di riposo, ne facevano parte a pieno titolo. Oggi alle tre emme si può aggiungere un piano tariffario low cost e molti giga per il proprio cellulare, ed ecco che lo schema può andare avanti. Aggiungiamo il reddito di cittadinanza, che offre la possibilità di godere di ferie pagate e prolungate, ed ecco che non ci dobbiamo stupire delle previsioni della Commissione Europea. Senza voler ripetere dati ormai noti, ecco che siamo all’ultimo posto per crescita UE nel 2019 e anche per il prossimo anno.

Responsabilità a più livelli e colpe che vengono forse da lontano sono le cause della situazione attuale, ma andare a cercare motivi e ragioni a volte non porta a soluzioni, a meno che non si vogliano trovare errori da non ripetere. In questo senso un’analisi è decisamente opportuna, ma potrebbe essere più facile, e forse logico, non guardare al passato, bensì considerare quello che è il presente per programmare il futuro.

E il presente ci mette davanti ad alcuni piccoli elementi che sfuggono nel quotidiano e, nel momento in cui sarebbe opportuno pensarci. Possiamo parlare delle novità tecnologiche degli ultimi anni che hanno portato al rapido avvento e declino del fax come strumento di comunicazione. Oppure pensare a come accogliemmo i floppy disk per trasferire documenti mentre oggi abbiamo archivi completi in cloud. Potremmo anche andare con la mente al 1872, anno in cui a Phileas Fogg occorsero 80 giorni per fare il giro del mondo. Usò anche la mongolfiera e, oggi, prenotando dallo smartphone possiamo trovare un volo che, dopo la colazione a Milano ci permette di cenare a Chicago.

Ma il dato che forse rende meglio l’idea di come e quanto le cose siano profondamente cambiate è il raffronto tra i numeri 14 e 207. Sono i paesi che rispettivamente hanno partecipato ai primi giochi olimpici dell’era moderna, Atene 1896, e quelli presenti all’ultima edizione, Rio de Janeiro 2016 e che sembra saranno anche a Tokio 2020.

Epoche diverse, sicuramente. Trasporti e comunicazione ben differenti, ovviamente. Diffusione dello sport a livello mondiale mentre, nel 1896, era limitata solo ad alcune élite, e siamo d’accordo. Ma non deve sfuggire che stiamo parlando di 207 Stati; 207 economie; 207 centri di imputazione di interessi; 207 realtà attive ed operative con cui potersi confrontare. E, sempre per usare le parole di Marchionne nello stesso discorso, a nessuna di loro interessa se in Italia è agosto e, di conseguenza, uffici e città sono deserti. In un’economia globale, riusciamo a vivere e ci ostiniamo a convivere con questo anacronismo. Ma prendiamo atto che è lo specchio di un modo di vivere e di un’eredità che ci portiamo dietro e che è strettamente legata alla classica economia agricola e della prima epoca industriale legata al concetto di orario fisso, 9.00-18.00, con alcune variazioni marginali.

Si tratta forse di osservazioni all’apparenza marginali, ma che servono a comprendere alcune delle ragioni del ritardo industriale ed economico di un sistema che, ancora, non riesce a tagliare il cordone ombelicale con vecchi luoghi comuni e preconcetti. Molte realtà, comunque, ci riescono, e si può certo trovare una maggiore flessibilità. Ma la maggioranza resta attaccata alle sue convinzioni, ed è una pesante zavorra per chi voglia adeguarsi alle nuove economie ed evolversi.

Non solo quindi, non ci stacchiamo dal concetto di posto fisso da difendere, casa di proprietà e macchina. Anche il fatto di essere il paese al mondo con il più alto numero di case di proprietà, è stato considerato elemento di danno per lo sviluppo economico, con risparmi vincolati ad un bene immobile e produttivo di costi fissi e variabili. Altro fatto su cui riflettere. Troviamo esempi anche nel settore scuola e istruzione, che dovrebbe essere un traino ma che viene ancora considerato come un periodo di tranquilla attesa per un posto di lavoro. In quale altro paese del mondo troviamo fuori corso di professione e una quantità di istituti di recupero scolastico con promozioni garantite? Ma, del resto, fa parte del sistema.

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