Cronache dai Palazzi

“Al Paese serve un patto senza risse”, ha affermato Giuseppe Conte, premier incaricato per la seconda volta. “Non sarà un governo ‘contro’ ma un governo ‘per’”, ha dichiarato Conte  durante il suo discorso di investitura, “un governo nel segno della novità”, per di più con una collocazione “euroatlantica” tanto da bandire qualsiasi forma di sovranismo. “Mi metterò subito all’opera per una manovra che contrasti l’aumento dell’Iva, tuteli i risparmiatori”, ha affermato il premier incaricato, aggiungendo: “Lavoreremo per un Paese migliore, un Paese che abbia infrastrutture sicure, reti efficienti, un Paese attraente per i giovani che sono all’estero, un Paese dove le tasse le paghino tutti, ma proprio tutti, ma le paghino meno”.

Borsa in salita (Milano + 1,94%) e spread in discesa. La nuova ascesa di Conte è stata ben accolta dai mercati, e, in un’ottica di dinamica finanziaria, Nicola Zingaretti ha a sua volta sottolineato i risultati dell’asta dei Btp: “Risparmieremo 300 milioni di euro di interessi”. Dopo aver incontrato gli esponenti delle diverse forze politiche, martedì o mercoledì Giuseppe Conte dovrebbe tornare al Quirinale per sciogliere la riserva, mentre giovedì il presidente del Consiglio e l’intera nuova squadra di governo potrebbero giurare di fronte al presidente della Repubblica.

Le trattative in corso tra Pd e M5S non si stanno rivelando comunque indolori. “O siamo d’accordo a realizzare i punti del nostro programma o non si va avanti”, ha dichiarato il capo politico dei pentastellati che ha inoltre specificato: “Non sono i nostri valori guardare a un governo solo per vivacchiare”. Se non sarà possibile accordarsi, ad esempio a proposito di politica fiscale, “sarà meglio tornare al voto”.

“Siamo contrari a qualsiasi forma di patrimoniale”, ha affermato Luigi Di Maio sottolineando che il prossimo dovrà essere “un governo pro-imprese”, che tra l’altro scongiuri l’aumento dell’Iva. La pressione fiscale è “altissima”. Le imprese hanno bisogno di meno tasse. In pratica “chi assume un dipendente non può pagare uno stipendio a lui e altri due in tasse”. Comunque “questo non è il momento delle polemiche e degli attacchi” bensì “è il momento del coraggio. Ne servirà tanto per cambiare questo Paese”, ha affermato Luigi Di Maio a ridosso del colloquio con il premier incaricato.

L’ex vicepremier grillino ha illustrato un quadro denso di iniziative e ha ricordato ciò che occorre perfezionare a partire dai decreti sicurezza, che non vanno ‘modificati’ bensì rivisti, alla luce delle “criticità” sollevate dal capo dello Stato in sede di promulgazione, ma “senza volerne rivedere la ratio e le linee di principio”, tutto ciò alla luce delle ultime osservazioni dei possibili futuri alleati di governo, in quanto i dem sembrano chiedere senza mezzi termini una radicale correzione dei suddetti decreti.

Lavoro, tasse, scuola, infrastrutture, disabilità, aiuti alle famiglie, ambiente, il conflitto di interessi, il taglio dei parlamentari (taglio che il Pd vorrebbe far rientrare in un pacchetto più ampio di riforme che comprenda anche la riforma del sistema elettorale), il dimezzamento dei tempi della giustizia, l’autonomia differenziata, il piano di investimenti per il Sud con la creazione di una banca pubblica per gli investimenti, la revisione del Regolamento di Dublino per gestire l’“emergenza” immigrazione e la redistribuzione dei migranti nei vari Paesi europei: sono questi i diversi temi sollevati dal leader Cinque Stelle, che ha ricordato la necessità di fornire delle risposte tangibili a tutti i cittadini italiani. Di Maio ha inoltre ribadito il secco ‘no’ del Movimento Cinque Stelle di fronte a “qualsiasi forma di patrimoniale”.

Dal Colle l’invito rivolto a Conte è stato quello di costruire un progetto di governo alto e convincente, all’altezza della situazione. Mattarella sembra aver esortato “il professore” a proseguire con le sue gambe per formare una squadra dell’esecutivo che corrisponda ad un governo politico, anche se sulle orme della “novità”, ma che non rimandi per l’appunto all’etichetta di ‘governo del presidente’. L’emergenza sui conti pubblici, il rapporto con l’Europa da riassettare, l’atlantismo da fissare, sono solo alcune delle tematiche rimembrate dal Quirinale al presidente con riserva, sorvolandone altre non di certo perché meno importanti bensì perché fonti di divisioni, come la questione immigrazione, l’autonomia differenziata, le grandi opere.

Giuseppe Conte ha accettato l’incarico “con riserva”, “consapevole delle difficoltà ma determinato”, come è stato definito dal Colle, con l’obiettivo di portare a termine un programma che ‘sintetizzi’ le posizioni di Pd e M5S. Del resto anche Conte ha ammesso la sua perplessità iniziale “di avviare una nuova esperienza di governo con una maggioranza diversa”. Il nuovo governo nascerà comunque sempre sotto l’attenta sorveglianza del capo dello Stato, come garantito dalla nostra Costituzione (art. 92), al quale spetta l’ultima parola. Economia, Esteri, Difesa e Interno sono (come sempre) i dicasteri più critici, nel mirino delle aspettative, e sui quali si è scatenato il cosiddetto “totoministri”.

Il segretario PD Nicola Zingaretti ha a sua volta sottolineato “la necessità di una svolta”, alla luce di dati Istat non positivi per quanto riguarda la crescita economica italiana, e “l’esigenza di una nuova stagione politica per il nostro Paese”, come rimarcato dal presidente incaricato Giuseppe Conte.

L’urgenza della manovra finanziaria ha imposto tempi ristretti e il Quirinale ha esortato le parti in causa a farsi carico delle necessità e delle contingenze, forse l’unico modo per evitare trattative estenuanti come quelle che nel recente passato, dopo le Politiche del 2018, si sono perpetuate per ben due mesi per poi partorire il “contratto” gialloverde Di Maio-Salvini. Tempi lunghi avrebbero per di più esposto l’Italia ad una spietata speculazione finanziaria, facendola affondare in un oceano di incertezza e in balìa dell’isolamento. Si respira l’urgenza di fare presto e bene, come sembra rimembrare il Colle pur senza pronunciarsi direttamente, ma supportando il patto giallo-rosso, tra M5S e Pd, che sta prendendo corpo.

Il nuovo governo Conte cela l’ambizione di poter ripristinare gli equilibri europei e internazionali, restituendo all’Italia il ruolo di primo piano che merita – oltre al “portafoglio di primo piano” come sottolineato nel corso dell’incontro con la neo presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen – riproponendo il nostro Paese come una potenza interlocutrice (più che devastatrice) su varie piattaforme, a partire da Bruxelles e dalle trattative in corso a proposito di flessibilità e politiche per l’immigrazione.

Non rinnegando, bensì sottolineando, il lavoro fatto nel corso di quattordici mesi di governo, anche il leader grillino Luigi Di Maio ha ricordato la necessità di rivedere gli accordi di Dublino affinché l’Europa si faccia carico della questione immigratoria ormai nota. Senza però cedere ad alcuna nota di scontro né tantomeno suonare la sinfonia dell’antieuropeismo. Che l’Italia sia in Europa e con l’Europa sembra ormai assodato, al bando i toni da avversari esasperati ed estremisti. La mediazione è la strada da preferire, all’insegna di una maggiore flessibilità di spesa e per arrivare ad una legge sul rimpatrio europeo dei migranti (e non solo).

“Io non avrò soltanto il compito di guidare il governo. Io dovrò fare in modo che quella tra Cinque Stelle e Pd non sia semplicemente una somma. Ma un amalgama, una sintesi, una coalizione”, ha affermato Giuseppe Conte. L’obiettivo è stilare “un programma coeso come superamento del vecchio contratto di governo”, che sia per l’appunto in grado di ‘sintetizzare’ i diversi punti di vista.

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