Pseudoscienze e danni in Rete

Nei giorni scorsi, i giornali hanno dato il giusto e dovuto rilievo alla notizia del rinvio a giudizio dell’omeopata che nel 2017 causò la morte di un bambino di sette anni per averlo curato solo con prodotti omeopatici da una otite. In precedenza i genitori erano già stati condannati per avere contribuito al verificarsi della morte del piccolo a causa di grave negligenza per aver dato ascolto a chi, invece degli antibiotici, cui era contrario, propinava prodotti non riconosciuti dalla scienza ufficiale.

Gli stessi giornali, peraltro, non hanno dato quando era necessario, il giusto rilievo alla notizia che in Francia l’Università di Lille aveva sospeso il suo corso di omeopatia, consapevoli dell’assoluta inutilità di questa pseudoscienza. E non è la sola che si colloca su questa posizione. Citando a caso troviamo l’Associazione Medici Britannici (l’omeopatia è stregoneria, non deve essere prescritta); l’Accademia Russa delle Scienze (l’omeopatia non funziona, è pseudoscienza); il Servizio Sanitario Nazionale Inglese (l’omeopatia non funziona per nessuna malattia); il ministero della salute spagnolo (l’omeopatia non cura). Aggiungiamo al coro la Royal Pharmaceutical Society e abbiamo un quadro abbastanza esaustivo. Anche in rete è sufficiente una ricerca sulle pagine più frequentate, a cominciare dalla stessa Wikipedia che, pur con i suoi limiti, chiaramente dice che l’omeopatia è una pratica non accettata dalla medicina e di cui non è comprovata l’efficacia: nessuno studio scientifico ne ha provato effetti clinici positivi. Salvo errori nella ricerca, in Italia non esiste un corso di laurea in omeopatia e per poterne prescrivere i prodotti occorre una laurea in medicina. Assumendosi le responsabilità del caso. Insomma, le teorie dell’inventore dell’omeopatia, Samuel Hahnemann, si sono rivelate infondate.

Ma andando in Rete si trovano ancora, purtroppo, siti che magnificano le virtù di questo sistema di medicina parallela e, ne siamo tutti testimoni, esistono gruppi attivissimi sui social in cui vengono richiesti consigli di natura medica specificando che vorrebbero evitare di somministrare i farmaci consigliati dal medico. Mamme ed altri esperti della rete si prodigano nei più svariati consigli che possono giungere all’adozione del Metodo Gerson, un medico tedesco che ha operato a cavallo dell’ottocento e novecento, epoca in cui la chemioterapia non era certo sviluppata come oggi. I casi di morte per avere seguito questa “cura” non sono pochi; ma gli aficionados di queste nuove terapie continuano a resistere sulle loro posizioni, nonostante le evidenze scientifiche e, granitici nelle loro certezze, ribattono che la responsabilità della mancata accettazione è di Big Pharma, che vuole da un lato avvelenare e non curare i pazienti e, dall’altro, continuare ad arricchirsi. Ci chiediamo che differenza faccia per “Big Pharma” vendere anche prodotti omeopatici; aumenterebbe i ricavi.

Quello dell’omeopatia è il caso del giorno, ma è in ottima compagnia insieme alle teorie No Vax, allo sviluppo del veganesimo e dei fruttariani e, non ultimi, i terrapiattisti. Del resto nell’era digitale l’Homo Googlis, che si reputa informato, ed ha il diritto di esserlo, ha una vasta scelta di fonti e può ascoltare diverse opinioni. Non viviamo più, infatti, nell’epoca in cui per poterci informare dovevamo prendere in mano un libro; quell’epoca in cui i libri, prima di essere pubblicati, dovevano passare almeno il vaglio dell’editore che investiva nella stampa. Un’epoca in cui solo chi avesse dimostrato le proprie qualifiche e competenze poteva scrivere uno di questi libri, impiegando il tempo necessario, magari a mano o con una macchina da scrivere. Oggi abbiamo il vantaggio di una tastiera, della scrittura veloce e del copia incolla. Ma tutto ciò concede anche la possibilità a tutti di dire la propria sulla rete, ed offrire a tutti la possibilità di farsi un’opinione magari scegliendo quella che gli è più congeniale, o più semplice da leggere, o con più figure o, magari, quella dell’influencer che ha più follower, indipendentemente dalla veridicità.

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