Cafarnao (Film, 2018)
Nadine Labaki (1974) non è una debuttante, ha già frequentato Cannes con il promettente Caramel (2007), subito dopo ha diretto E ora dove andiamo? (2011) e un episodio di Milagre (2014), ma questo Cafarnao è un piccolo gioiello, un film intenso e sconvolgente, realistico e drammatico. Vince con pieno merito il Premio della giuria a Cannes e viene distribuito anche in Libano, quindi nelle nostre sale, nei circuiti FICE del cinema d’essai. Dovuta la candidatura all’Oscar 2019 come miglior film straniero.
Labaki racconta la storia di Zaim, un bambino di dodici anni che vive in una famiglia numerosa e indigente, in un quartiere marginale di Beirut, costretto a vendere merce per strada, a compiere piccole truffe, a lavorare per un bieco mercante, a occuparsi dei fratelli minori. La vita di Zaim è un atto di accusa nei confronti del Libano e di una società che confina ed emargina i diseredati, invece di porgere una mano e di aiutarli a superare le difficoltà. La trama è complessa e articolata, la regista con una semplice storia tocca punti nevralgici: spose bambine a undici anni, immigrazione da Etiopia e Siria, clandestini non regolarizzati, povera umanità che vive nel degrado, dimenticata da tutti, priva di documenti e di una casa decente.
Un film girato benissimo, basato su intense soggettive del protagonista, con un sapiente uso della macchina a mano, guidata con movimenti nervosi e sincopati, ma anche su carrelli e panoramiche stupefacenti. Vediamo il quartiere dei baraccati di Beirut ripreso dall’alto dei tetti con i pneumatici posti sulle lamiere per non farle volare via, ma anche il lungomare in lontananza, le polverose strade della periferia e l’affollato centro cittadino dove ognuno si occupa solo della sua esistenza. Fotografia intensa, sporca e sbiadita, immortala albe e tramonti, crepuscoli, torpore cittadino. Montaggio rapido e asciutto. Colonna sonora altamente drammatica che segue le vicissitudini del protagonista. Interpreti tutti molto bravi, soprattutto ben diretti, vista la giovane età dei protagonisti, al punto che la regista riesce a rendere credibile persino la recitazione di un bambino di due anni. Labaki recita anche un piccolo cammeo come avvocato durante la causa al piccolo protagonista dalla quale prende il via in un lungo flashback tutta la storia. Nadine Labaki sfida la censura libanese perché offre un’immagine decadente della sua terra, riprendendo il degrado morale e materiale in cui vive la popolazione nei quartieri popolari di Beirut, ma a nostro parere non gira certo un film retorico e moralistico.
Cafarnao ricorda il nostro miglior cinema neorealista, è una pellicola che segue la lezione di Sciuscià e la tesi di Zavattini che un film si può costruire semplicemente pedinando il protagonista alle prese con la sua vita quotidiana. Cafarnao è cinema che scuote le nostre coscienze intorpidite e che ci ricorda che al mondo esistono ancora i diseredati. Non manca la speranza in un mondo migliore, dopo tanta sofferenza e squallore, immortalata nel sorriso del ragazzino che deve farsi una foto per la carta d’identità. Da vedere.
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Regia: Nadine Labaki. Soggetto e Sceneggiatura: Nadine Labaki, Khaled Mouzanar. Fotografia: Christopher Aoun. Montaggio: Konstantin Bock. Musiche: Khaled Mouzanar. Paesi Produzione: Libano. Coproduzione: Francia, Usa. Distribuzione Italia: Lucky Red. Genere: Drammatico. Durata: 126’. Interpreti: Zain al-Rafeea, Kawthar Al Haddad, Fadi Kamel Youssef, Cedra Izam, Yordanos Shiferaw, Boulawatife Treasure Bankole, Alaa Chouchnieh, Nour el Husseini, Joseph Jimbazian, Samira Chalhoub, Farah Hasno, Elias Khoury, Nadine Labaki.
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]