La prepotenza di Trump
Le prime sedute pubbliche dell’impeachment di Trump nella Camera dei Rappresentanti hanno dato l’attesa conferma di quanto ormai appariva certo: Trump, assistito dal Segretario di Stato Pompeo e dal suo avvocato personale, Rudy Giuliani, ha per mesi condizionato l’appoggio americano all’Ucraina all’esigenza che il nuovo Presidente ucraino, Zelensky annunciasse di aver aperto un’inchiesta diretta sostanzialmente contro il figlio di Joe Biden, ex Vicepresidente di Obama e forte candidato alla “nomination” democratica per le elezioni presidenziali del prossimo anno.
Uno dopo l’altro, diplomatici di carriera, tra cui l’ex Ambasciatrice a Kiev, e membri del Consiglio Nazionale di Sicurezza, hanno confermato gli ordini ricevuti dalla Casa Bianca di condizionare l’appoggio all’Ucraina alla cooperazione da parte di Zelensky per insudiciare il principale rivale politico del Presidente. Altri testimoni seguiranno, altri si negheranno, o si faranno scudo dietro il divieto imposto dalla Casa Bianca di testimoniare. Certamente assisteremo nelle prossime settimane e mesi a una serie di battaglie legali per l’acquisizione di testimonianze o documenti.
Intanto, Trump reagisce con ira, insultando e cercando di discreditare o minacciare i testimoni. In un’intervista con la Fox News, naturalmente “amica” del Presidente, ha tuonato che ora è lui stesso a chiedere un processo, in modo da poter confrontare direttamente i suoi accusatori.
Una vicenda sordida e degradante, che divide profondamente classe politica e opinione pubblica e intanto provoca un danno incalcolabile al prestigio americano nel mondo e alla credibilità dell’Amministrazione presso amici e alleati. È difficile dire come andrà a finire, ma il danno politico è già fatto, peggiorerà nei prossimi mesi e lascerà conseguenze difficilmente riparabili negli equilibri internazionali che Trump ha così colpevolmente messo in gioco.
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