L’accordo USA-Talebani
Dopo molte speculazioni, conferme e smentite, è stato finalmente firmato a Doha, in Qatar, l’accordo di pace tra Stati Uniti e Talebani. Il succo dell’accordo sta nel progressivo ritiro delle truppe americane (e quindi degli altri Paesi della NATO) dall’Afghanistan, che dovrebbe iniziare a breve termine e completarsi entro aprile 2021. In contropartita, i Talebani si impegnano a rompere i legami con Al-Qaeda e a rispettare diritti fondamentali come quelli delle donne. Nel frattempo, dovrebbero aprirsi negoziati diretti tra di loro e il Governo afgano per una soluzione politica.
L’accordo dovrebbe mettere fine a quasi 18 anni di una guerra cruenta, costosa e, ormai, non più sentita dall’opinione pubblica americana e occidentale in generale. Come succede in questi casi, l’accordo è presentato come un successo dalle due parti: dal suo lato, Trump può vantarsi di aver terminato una guerra impopolare e di star mantenendo la promessa elettorale di riportare “i ragazzi” a casa, un aiuto assai utile in un periodo elettorale. Ma ad esultare veramente, e a parlare di vittoria con ragione, sono i Talebani, che sono riusciti a ottenere il ritiro delle forze straniere dall’Afghanistan e resteranno la sola vera forza politica e militare in campo. Non è difficile immaginare che le promesse da loro fatte nell’accordo saranno assai difficilmente rispettate.
L’Afghanistan, purtroppo, tornerà ad essere un paese retto da un fanatismo religioso quasi senza paragone e 18 anni di sforzi, di impegno, di perdite umane, saranno stati vani. Ma che conta quello che avverrà allora? Trump avrà ottenuto la rielezione e la pagina afghana sarà stata dimenticata. Ma era inevitabile, come accaduto su scala maggiore in Vietnam e poi in Irak. Triste e tragico, ma anche una lezione contro le tentazioni di guerre che in partenza sono facili da vincere, ma poi esigono una gestione pesantissima del dopo, con risultati in genere disastrosi, a meno di compiere sforzi erculei e duraturi, che nessuna democrazia occidentale ha lo stomaco di affrontare. Ed è strano che a capirlo sia una Presidente in apparenza aggressivo e arrogante come Donald Trump, a cui peraltro non manca un fiuto politico che neppure i suoi nemici possono sottovalutare.
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