Nuovo approccio globale alla Cina?
Bild probabilmente non è il giornale più amato dagli italiani, e probabilmente non solo perché nel 2006 ha usato nei nostri confronti la definizione di mangiaspaghetti, ma resta in ogni caso il quotidiano più diffuso in Europa e, anche se oggetto di critiche, è difficile contestargli di pubblicare notizie false o essere inaffidabile. Ma in questo momento il giornale tedesco e il suo editore potrebbero rivelarsi quel sassolino da cui prende il via una valanga di proporzioni inimmaginabili.
Bild non è stata sicuramente l’unica testata a puntare il dito nei confronti di Pechino per il diffondersi del Covid 19 ma, forse a causa della sua diffusione e visibilità dei contenuti, ha determinato l’ambasciata cinese a Berlino, ergo il Governo del presidente XI Jinping, ad inviare una lettera con cui reclamava le scuse del giornale che prendeva una chiara posizione chiedendo alla Cina di pagare i danni causati dalla pandemia.
La risposta del direttore Reichelt, a cui è stato data ampia risonanza dalla stampa non è semplicemente una presa di posizione in cui si ribadisce quanto chiaramente espresso, ma anche un preciso atto di accusa, anche ben circostanziato, che termina con una sentenza che, prima o poi per usare le sue parole, verrà eseguita: il Corona Virus sarà la sua fine politica.
Nella risposta che si sviluppa in cinque punti, il direttore di Bild fa riferimento non solo alla pandemia che, impossibile negarlo, si è sviluppata in Cina, ma ne dedica soltanto due alle tematiche strettamente attinenti al virus, in particolare i ritardi nel fornire informazioni quando erano ben noti i suoi devastanti effetti e la mancata sicurezza dei laboratori dove si svolgeva ricerca: peccati di orgoglio e eccesso di nazionalismo. Tipici di regimi caratterizzati dalla presenza di un unico partito di regime che si riteneva appartenesse al passato o, ormai, solo alla Corea del Nord e poche altre nazioni dove esistono ancora regimi dittatoriali. Valutazioni tecniche ma che hanno un fondo di correttezza. Ben altre le accuse mosse nei confronti del presidente cinese.
La prima, forse la più grave, è quella di esercitare il potere mediante sistemi di sorveglianza e controllo; effettivamente chiudere giornali e siti internet che portano voci di dissenso è un dato di fatto. E la conseguenza, sempre contestata a XI, è quella di privare una nazione della sua libertà e, di conseguenza, privarla della fantasia, dell’inventiva, della possibilità di creare. Nel contesto della risposta di Reichelt quest’accusa forse è eccessiva, così come quella di non dedicare ai mercati di pipistrelli lo stesso livello di attenzione che è stato dedicato ai movimenti della popolazione e al suo monitoraggio; un’attività che metterebbe in pericolo non solo il popolo cinese, ma anche l’intera popolazione mondiale. Opinione forse non da tutti condivisa, ma decisamente rispettabile, così come l’accusa di essere i più grandi esperti di furto di proprietà intellettuale perché non permette ai giovani di pensare liberamente. Quest’ultima affermazione è difficilmente contestabile, stante anche l’obiettiva circostanza che, pur formalmente aderendo alle convenzioni sulla proprietà intellettuale, è a dir poco notorio che, specialmente in alcuni settori, cinese e copiato sono sinonimi. Ed in questo caso vox populi.
Ma l’accusa più grave, ai limiti dell’anatema, è il finale della sua risposta, in cui, dopo aver reso edotto Xi che la sua eredità è aver trasformato la Cina da stato sorvegliante a Stato sorvegliante che ha infettato il mondo, lo informa anche che il Corona sarà l’inizio della sua fine politica. Nessun ringraziamento quindi per un’amicizia tra Stati che non si manifesta con l’invio di mascherine. Secondo Reichelt il potere di XI, che sembrava destinato ad essere presidente a vita della Cina, potrebbe essere in pericolo e, in tal senso, potrebbero già avere contribuito le proteste di Hong Kong, duramente represse. La voglia di libertà è un vento che ha abbattuto muri e regimi; che stia soffiando anche a Pechino?
In ogni caso la risposta di Bild ha avuto il placet della Cancelliera Merkel che, a fronte della replica cinese dove si parla, come da prassi, di pregiudizio e ostilità, ha auspicato maggiore trasparenza da parte di Pechino. Una risposta che lascia poco spazio a dubbi o interpretazioni.
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