Non si sevizia un paperino (Film, 1972)
Un thriller a tinte cupe e dai risvolti macabri ambientato a Monte San’Angelo, un paesino delle Puglie, in provincia di Foggia, uno dei thriller migliori diretti da Lucio Fulci. Film insolito per un’epoca moralista e bacchettona come quella dei primi anni Settanta con la Democrazia Cristiana al governo e uno stuolo di giudici pruriginosi asserviti a un potere che assecondava la volontà della Chiesa.
Il film parla di bambini strangolati, affogati e barbaramente uccisi, l’indagine condotta dalla polizia porta a sospettare prima dello scemo del paese, poi di una maciara (una sorta di strega), infine di Patrizia, una bella ragazza con problemi di droga. Solo nelle ultime sequenze si scopre che l’assassino è il prete, reso folle da un credo religioso portato alle estreme conseguenze. Non vuole che i ragazzi crescano, che si corrompano con il sesso e con la vita, pretende che restino puri come da bambini, vorrebbe vederli giocare a calcio in eterno sul sagrato della chiesa.
L’ambientazione della pellicola è perfetta. Pare di assaporare gli odori e di toccare con mano un estremo sud depresso, in preda a superstizioni e diffidenze. Film che si ricorda anche per una sequenza ad alto grado di erotismo con Barbara Bouchet, sensuale e maliziosa, che irretisce un bambino. In sede di giudizio di sequestro fu dimostrato che non era un minorenne a recitare insieme alla Bouchet, ma un nano. Si trattava di Domenico Semeraro, il nano della Stazione Termini, caratterista cinematografico, ucciso negli anni Ottanta al termine di un tragico fatto di cronaca. In realtà fu solo un pretesto per sequestrare un film che i cattolici vedevano come il fumo negli occhi per via del messaggio che trasmetteva.
La bravura del regista è evidente nella sequenza della maciara, uccisa da quattro paesani nel cimitero a colpi di catene, mentre per contrasto una radio diffonde la voce di Ornella Vanoni mentre canta la romantica Quei Giorni Insieme a Te di Riz Ortolani. Notevole pure la scena che riprende la maciara mentre si spinge a fatica fuori dal cimitero e va a morire sulla tomba del figlio. La svolta decisiva per le indagini è la testa di un Paperino ritrovata sul luogo del delitto, un particolare che Fulci utilizzerà come sorta di omaggio al suo film più famoso nel successivo Lo Squartatore di New York. Un film notevole, per forza visiva e violenza esplicita di alcune scene (il massacro della Bolkan, i bambini uccisi…), ma anche per il messaggio critico verso una società provinciale e bigotta come quella italiana degli anni Settanta. Perfetta ambientazione in un realistico Sud Italia, costruzione a orologeria da thriller orrorifico che fa conoscere l’identità dell’assassino solo nelle ultime sequenze. Non vi accontentate di vedere la versione cut che passa Cine 34, ma procuratevi il film integrale, per godere tutta la bellezza del prodotto.
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Regia: Lucio Fulci. Soggetto: Lucio Fulci e Roberto Gianviti. Sceneggiatura: Lucio Fulci, Roberto Gianviti, Gianfranco Clerici. Fotografia: Sergio D’Offizi. Musiche: Riz Ortolani. Montaggio: Ornella Micheli. Scenografie: Pier Luigi Basile. Produzione: Luciano Martino per Medusa. Distribuzione: Medusa. Interpreti: Tomas Milian (Andrea Martelli, il giornalista), Florinda Bolkan (la maciara), Barbara Bouchet (Patrizia), Irene Papas (Amalia, la madre del prete), Marc Porel (don Alberto Mallone, il prete), George Wilson (zio Francesco), Antonello Campodifiori (tenente), Ugo D’Alessio (maresciallo), Virginio Gazzolo (il procuratore), Rosalia Maggio (una mamma), Domenico Semeraro (il finto bambino che recita con la Bouchet nuda), Linda Sini, Andrea Aureli (Lo Cascio), Vito Passeri, Franco Balducci (padre di Michele), Duilio Crociani (Mario).
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]
Un Commento
C’è una cosa che chi non legge o vede gialli abitualmente o per passione sembra non riuscire proprio a capire e cioè che NON SI DEVE RIVELARE IL FINALE DI UN GIALLO PER NESSUNA RAGIONE AL MONDO! Ma possibile che non vi passi neanche per l’anticamera del cervello che ci può essere gente che non l’ha visto o non l’ha letto e che in questo modo gli rovinate il piacere di goderselo? Vittime illustri di questa irritante abitudine che hanno certi recensori soprattutto sul web sono stati di volta in volta film famosi come “Psycho” o “Profondo rosso”, o romanzi altrettanto famosi come “Dieci piccoli indiani” o “Assassinio sull’Orient-Express”. Il concetto che vorrei che recepiste è che non importa quanto un film o un romanzo siano famosi, quello che è certo è che ci sarà sempre qualcuno che ancora non lo conosce e che è curioso di vederlo o di leggerlo. Quindi, per favore, rispettatelo. Grazie.