Il futuro degli Stati Uniti
Forse mai come nelle prossime Elezioni presidenziali del 3 novembre la posta è stata così alta, per gli Stati Uniti e quindi per il mondo, di cui l’America è ancora uno dei protagonisti essenziali.
In gioco non è soltanto la scelta tra razzismo e pacifica convivenza delle varie comunità (bianca, afroamericana e latina) che compongono il mosaico americano, convivenza che Trump ha seriamente minacciata con il suo estremismo di destra (il suo implicito appoggio ai “Proud boys”, anche se respinto da molti esponenti repubblicani, e ridimensionato con molto imbarazzo dallo stesso Presidente, è un segno chiaro della sua ideologia). In gioco vi è il rispetto delle istituzioni e dell’equilibrio dei poteri (i “cheks and balance” che sono alla base di ogni democrazia effettiva). Se questo equilibrio viene meno, come Trump ha fatto con la sua sistematica ostruzione alle richieste del Congresso, con la rimozione di un Capo dell’FBI scomodo e di tanti altri esponenti dell’Amministrazione, con gli attacchi alla Magistratura e con l’asservimento del Ministero della Giustizia, si scivola inevitabilmente verso l’autoritarismo semi-dittatoriale, genere Maduro o Lukacenko.
In gioco vi è la differenza tra la verità responsabile e la costante menzogna, che Trump pratica da sempre (sono stati repertoriati 26.000 casi in cui ha mentito), tra l’immoralità personale e imprenditoriale e l’onestà e alla fine, si potrebbe dire, tra il Bene e il Male. Per il mondo, sono in gioco le necessarie scelte per l’ambiente, da Trump boicottate, l’accordo sul nucleare con l’Iran, la carta bianca lasciata di fatto a Putin, la rinuncia effettiva a frenare il dittatore nord-coreano Kim Jong-un, trattato da grande statista e amico, le guerre commerciali scatenate su vari fronti, i legami storici degli USA con i loro tradizionali alleati.
Quali che siano le limitazioni di Joe Biden, nel grande conflitto tra luce e ombra che si deciderà il 3 novembre, egli resta pur sempre il lato della luce.
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