La partita (Film, 2018)

Non è per niente facile girare un film sul calcio, soprattutto sul calcio minore, sulle partite di borgata del settore giovanile, gare che muovono piccoli interessi e grandi passioni, intorno alle quali prende vita un sottobosco di varia umanità. Francesco Carnesecchi debutta con un lungometraggio davvero originale, che dura lo spazio di una partita (una finale di coppa giovanile), alternando le fasi di gioco alle esistenze dei personaggi che compongono il teatro umano di una Roma periferica, di un povero rione come Quarticciolo. Il campo di calcio è sterrato, fatto di sassi e polvere, al vecchio Presidente piace così, ma il figlio – un tossicodipendente irresponsabile – s’indebita per acquistare un manto di erba sintetica.

Carnesecchi descrive il disfacimento umano di un Presidente schiavo di un figlio drogato che rincorre i suoi debiti e finisce per esserne schiacciato, mentre un allenatore viscerale come Pannofino gli grida in faccia tutto il suo disprezzo. Una finale che conterebbe per pochi diventa la posta di una scommessa clandestina gestita dalla criminalità e decide la vita di molti, fino a un calcio di rigore che il giovane calciatore deciderà di tirare in un certo modo. Non diciamo altro, perché il finale è a sorpresa, quello che comincia come un film di formazione, un romanzo sportivo, termina come un droga-movie, un noir crudo e spietato, un thriller che si fonda su una storia priva di redenzione.

Sequenze calcistiche girate molto bene, con perizia tecnica certosina, al punto che sembra di assistere a un vero incontro di calcio. Alternanza tra gara e ruoli della commedia umana riuscita: il regista racconta la vita della moglie dell’allenatore in attesa di un figlio, una cresima mancata per motivi calcistici, liti familiari, l’amore di una coppia che fa sesso nel boschetto accanto al campo sportivo. Bellissimo il piano sequenza iniziale che si ricongiunge con il finale come in un romanzo circolare, proustiano, passando per un boschetto con i vecchi palloni di cuoio dimenticati per finire all’interno dell’auto insieme a due giovani innamorati. “Un tempo giocavo a calcio su questo campetto. Da quanti anni non ci tornavo. Eppure sto qui dietro”, mormora il ragazzo perso nei ricordi. Il film finisce con la macchina da presa fissa sul pallone di cuoio che il ragazzo porta via per ricordo sulla cappelliera della sua auto. Tutto accade nel tempo di una partita di calcio. La vita di borgata scorre al ritmo di un calcio a un pallone.

Film uscito solo il 12 febbraio di quest’anno, subito bloccato dal Covid. Diffuso prima su Netflix, poi sul satellitare Rai4. Disponibile su RaiPlay. Un esordio incoraggiante per Francesco Carnesecchi che – pur con un film non del tutto risolto – se la cava bene affrontando una materia ostica e gestendo un vero e proprio dramma umano, corale e disperato. Recuperatelo. Non ve ne pentirete.

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Regia: Francesco Carnesecchi. Soeggto e Sceneggiatura: Francesco Carnesecchi. Fotografia: Stefano Ferrari. Montaggio: Giovanni Pompetti. Musiche: Vanni Fiorelli, Alessio Lottero. Costumi: Raffaella Toni. Scenografia: Sara Stachezzini, Claudia Paciucci, Angela Consalvo. Durata: 94’. Genere: Drammatico. Case di Produzione: Freak Factory, Wrong Way Pictures. Distribuzione: Zenit Distribution. Interpreti: Francesco Pannofino (Claudio Bulla), Alberto Di Stasio (Italo), Giorgio Colangeli (Umberto), Gabriele Fiore (Antonio), Daniele Mariani (Leo), Lidia Vitale (Roberta), Fabrizio Sabatucci (Paolo), Veruska Rossi (Gianna), Simone Liberati (Ragazzo in macchina), Giulia Schiavo (Ragazza in macchina), Giada Fradeani (Laura), Efisio Sanna (Ettore), Stefano Ambrogi (Cristian), Francesca Antonelli (Tifosa). Premi e Festival: Taormina Film Fest (2019), Roma Indipendent Film Festival (2018).

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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