Una vita come Steve McQueen?

Sette novembre 1980, quaranta anni fa ci lasciava, a soli 50 anni Steve McQueen, attore mitizzato almeno in Italia più da una canzone di Vasco Rossi che non dai suoi ruoli che purtroppo, nel nostro paese, si riducono ad alcuni tra i più noti e dimenticano molti degli altri film cui ha partecipato. Film che, in realtà, sono circa una trentina, tutti realizzati tra il 1960 e il 1980. Pochi rispetto a quelli di altri divi hollywoodiani non solo dell’epoca.

Attore che ha caratterizzato tutti i suoi film con interpretazioni vigorose, ebbe solo una nomination al premio Oscar, senza vincerlo, nel 1967 con “Quelli della San Pablo”. Restano nella memoria, più di questa interpretazione, quelle di Vin ne “I magnifici sette” e del capitano Virgil Hilts ne “La grande fuga”, forse anche perché si tratta di due film abbastanza replicati sugli schermi. Altrettanto celeberrima la figura di “Papillon”, detenuto nelle carceri della Guyana Francese e che, a differenza del prigioniero americano, riesce ad evadere in maniera veramente romanzesca.

McQueen oggi avrebbe novant’anni e, probabilmente, poteva arrivare a quest’età, perché a differenza di quanto si potrebbe pensare, non conduceva in privato la vita spericolata che gli si vorrebbe attribuire: praticava arti marziali, due ore di esercizi al giorno e otto chilometri di corsa sette giorni su sette. Ciò si pone apparentemente in contrasto con quanto riferito da chi lo ha conosciuto secondo cui fosse un accanito fumatore che beveva all’eccesso nonché consumatore di marijuana quasi ogni giorno e, nei primi anni settanta, di cocaina. Chissà se i due diversi stili di vita si bilanciavano tra di loro. In ogni caso anche lui, come altri attori, ha avuto i suoi piccoli problemi con la giustizia e venne arrestato nel 1972 in Alaska per guida sotto l’effetto di stupefacenti.

Forse poco nota la sua amicizia con Bruce Lee che fu suo maestro di arti marziali e suo ammiratore. McQueen fu uno dei portatori della bara dell’attore di Hong Kong, anche lui prematuramente morto nel 1973.

McQueen aveva anche una nota passione per gli sport motoristici e anche sullo schermo evitava di essere sostituito da controfigure. Solo l’ultima parte della scena in cui il suo personaggio tenta di raggiungere la Svizzera in moto dopo essere evaso dal campo di prigionia nazista in “La grande fuga”, venne realizzata da uno stunt. E fu la produzione a imporlo per evitare danni all’attore.

Ha partecipato a numerose competizioni automobilistiche al punto di giungere a pensare di abbandonare la carriera cinematografica per dedicarsi esclusivamente alle competizioni nelle quali se la doveva cavare egregiamente, se pensiamo che, nel 1970, partecipò alla 12 ore di Sebring vincendo nella sua categoria e giungendo secondo nella classifica assoluta dietro ad un team guidato da Mario Andretti futuro campione del mondo di Formula Uno. Celebre anche la sua collezione di moto e auto tra cui spiccavano almeno due Ferrari.

McQueen divenne uno degli attori più pagati di Hollywood, e anche se si è parlato di una sua crisi professionale tra la fine degli anni sessanta e l’inizio dei settanta, i ruoli nei suoi film dell’epoca dicono il contrario. “L’ultimo Buscadero” del 1972, con Sam Peckinpah alla regia è un dramma decisamente sottovalutato e che non ha avuto il successo che meritava. McQueen offre un’interpretazione di altissimo livello anche se il personaggio di un eroe triste e in declino non è probabilmente quello in cui il grande pubblico identificava l’attore.

McQueen era noto anche perché dai set dei suoi film chiedeva di poter portare via oggetti quali rasoi elettrici, jeans e altro. Solo in seguito si scoprì che li donava alla scuola del riformatorio di Boys Republic, dove aveva trascorso almeno un periodo durante l’adolescenza e che talvolta tornava a visitare per giocare a biliardo e parlare delle sue esperienze.

A quarant’anni dalla sua morte viene da chiedersi come si sarebbe potuta evolvere la sua carriera, ma una cosa è certa. Probabilmente tutti noi avremmo voluto una vita almeno un po’ come quella di Steve McQueen. Del resto anche il suo amico Bruce Lee, diceva di volere tutto ciò che lui aveva e non si sarebbe fermato davanti a niente pur di averlo.

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